Sono particolarmente affezionato alla figura di Franco Cresci (una vera bandiera del club rosso-blu, un calciatore un po' sottovalutato nella storia del Bologna), un uomo che ha fatto dell'umiltà, della serietà e della disponibilità un marchio di fabbrica, dentro e fuori dal campo, un esempio per tutti. Cresci è stato un difensore polivalente, intelligente tatticamente, duro nei contrasti quando serviva, inferiore a pochi altri nella Serie A italiana degli anni '60 e '70. Non ha mai goduto di grande stampa e ha mantenuto sempre un profilo basso, forse questo un po' gli ha nuociuto. Undici gloriose stagioni in rosso-blu, epici duelli (anche a livello internazionale) con gli attaccanti avversari, prima in un Bologna ancora importante, ricco di giovani talenti e dei vecchi draghi dell'ultimo scudetto; poi, a fine anni '70, la lotta per la sopravvivenza in un Bologna decadente, con le salvezze arraffate allo spasimo tra mille polemiche e lotte furibonde. Indimenticabile un Bologna - Perugia del 1979, ultima e decisiva giornata di campionato, con Salvatore Bagni scatenato (autore di una doppietta e deciso – lui e tutto il "Perugia dei miracoli" – a mantenere l'imbattibilità in campionato) e presto ridotto a miti consigli da Franco Cresci. Alla fine fu salvezza, con Bagni trasportato fuori dal campo in barella e sostituito.
Da Angeli e diavoli rossoblù. Il Bologna nei racconti dei suoi campioni.
Di Fabrizio Càlzia e Francesco Caremani.
Oggi Franco Cresci, classe 1945, milanese purosangue, fa l'allenatore. Dopo avere condotto (e molto bene, a detta di tutti) diverse squadre del circondario bolognese (fa cui il San Lazzaro e il Crevalcore) ha scelto, da quest'anno, la squadra dei ragazzini del Castel San Pietro. "Una scelta, se non di vita, quanto meno ideologica", tiene subito a precisare. "Mi piacerebbe partire da questi giovanissimi e inculcare loro la mia - e credo non solo mia - idea di calcio. Del calcio che tutti conosciamo e che io ho visssuto, del calcio che nulla ha a che spartire con lo 'sport' attuale, di un calcio che, credo fermamente, si basava come prima cosa sul rispetto: il rispetto degli altri, del mister, degli avversari, di se stessi. Il resto, ritengo, è una conseguenza: l'amore per il gioco, per il gioco pulito ma anche per il piacere del gioco, tornare a giocare con i fondamentali, sperimentare finte e trucchi come forse ai nostri tempi si faceva in strada e come oggi nessuno più insegna." Parlare di calcio con Franco Cresci, roccioso difensore del Bologna dal 1968 al 1979, con trecento e una partita all'attivo e sette gol segnati (un bel numero per un'epoca in cui, per dirla alla Bagnoli e in quel dialetto meneghino che Cresci ben conosce, 'el tersin faseva el tersin'), significa partire da lontano, lontano nel tempo come recitava una vecchia canzone di Luigi Tenco: torniamo nei primi anni Sessanta quando l'Italia conosce lo stupore e l'euforia del suo primo - e forse ultimo - boom economico. Simbolo sportivo del momento è la Grande Inter di Helenio Herrera, la prima squadra italiana a vincere in Europa e, ciò che più conta, a spese del Real Madrid. Ebbene: in quell'Inter c'è anche lui, Franco Cresci, promettente difensore delle giovanili che spera e sogna, un giorno, di ritrovarsi fianco a fianco con i campioni nerazzurri.
Dall'Inter di Herrera al Varese
Burgnich, Facchetti, Guarneri, Picchi ... "A dire il vero il sogno divenne presto realtà, anche se si tratttava delle partitelle del giovedì che vedevano noi della 'De Martino' mescolati ai titolari. Spesso si giocava con difesa giovane e attacco titolare contro difesa titolare e attacco giovane. In ogni caso mi ritrovai a giocare alcune volte avendo come estemporaneo 'mister' Helenio Herrera ... ". Cresci cresce. In fretta: dopo un anno al Rapallo finisce al Varese dell'industriale Borghi, padrone dell'Ignis e ben presente in campo sportivo non solo nel basket. La squadra biancorossa lombarda in quel 1966-67 è la rivelazione del campionato cadetto, un mix esplosivo di campioni esperti (il portiere Da Pozzo, i difensori Sogliano e Della Giovanna, le ali Leonardi e Renna, il centrocampista Cucchi) e di giovani oltre a Cresci, ecco figurare un giovanissimo centravanti proveniente dalla Massiminiana. Il suo nome è destinato a entrare di prepotenza nella storia del calcio italiano: Pietro Anastasi. È una squadra che finisce dritta in serie A, una compagine di categoria superiore che vivrà il proprio momento di gloria nella stagione successiva quando, a rinforzarne ulteriormente i ranghi, arrivano i centrocampisti Mereghetti e Tamborini, l'ala sinistra Vastola e, sopratttutto, l'esperto Armando Picchi che darà sicurezza all'intero reparto e al giovane Cresci. L'inizio è incerto, poi arrivano le vittorie contro l'Inter, non più Grande ma sempre forte, a Ferrara contro la Spal, e, soprattutto, al giro di boa, sulla capolista Milan.
Con Picchi a Varese
I rossoneri si laureano ugualmente campioni d'inverno ma alle loro spalle c'è la sorprendente compagine biancorossa. Per Franco Cresci, difensore non altissimo ma ben piantato e roccioso, si schiudono - dopo quelle della nazionale giovanile - le porte della Nazionale B: alla vigilia di Natale gli azzurrini perdono 1-0 in Inghilterra ma il risultato, in questo caso, conta poco. Nel girone di ritorno il Varese tiene botta e conclude con un lusinghiero ottavo posto. La rivelazione Anastasi, ventenne e autore di undici reti, si laureerà di lì a un mese campione d'Europa con gli azzurri di Valcareggi. Il suo strepitoso gol nella finale contro la Jugoslavia gli varrà il passaggio alla Juventus mentre lui, Franco Cresci, altra giovane rivelazione di quel campionato, finisce nel mirino del Bologna, desideroso di voltare pagina, come dimostrano anche le cessioni di Fogli al Milan e di Guarneri al Napoli. "Toccai, come si dice, il cielo con un dito", ricorda Franco Cresci. "L'eco del Bologna di Bernardini non si era ancora spento, e finire in una squadra che mostrava ambizioni era un grande traguardo. Tanto più che quell'estate i rossoblù si rinnovarono radicalmente: insieme al sottoscritto arrivarono il giovanissimo Beppe Savoldi dall'Atalanta, il centravanti Muiesan dal Bari, il mediano Gregori dal Vicenza, il portiere Adani dal Modena. Ci sistemarono tutti in un unico appartamento, a parte Adani che tornava a casa a Modena dopo l'allenamento. Non ci volle molto ad affiatarsi, tanto più che trovammo un ambiente bellissimo, con quelli della vecchia guardia subito prodighi di consigli e di incoraggiamenti. Con particolare affetto e gratitudine ricordo in questo ruolo di chiocce Franco Janich e Giacomo Bulgarelli."
Furono loro a soprannominarti "Cristu"?
"Adesso non ricordo. E comunque quel nomignolo, che mi affibbiarono per il mio intercalare milanese quando in campo le cose non andavano, venne molto bene un paio d'anni più tardi, quando la squadra era piena di gente che si chiamava Franco; bisognava distinguerci in qualche molto altrimenti, anche in campo, sai che casino ... " Dal Varese baby eri passato al Bologna new wave ... "Anche se in quel primo anno, era il 1968-69, le cose andarono cosi così. Mancava ancora l'amalgama e arrivammo soltanto noni. La musica cambiò l'anno successivo, quando vincemmo la coppa Italia. Quel successo spronò i dirigenti a 'crederci', a investire ancora. Tanto che l'estate successiva arrivò il grande acquisto, quello che pareva destinato a farci fare il salto di qualità ... "
Invece?
"Invece il salto ci fu, ma durò poco: 'Whisky' Liguori era davvero un grande, dai polmoni d'acciaio e dai piedi buoni. A centrocampo, con lui e Bulgarelli, ci sentivamo a posto. In più dietro era arrivato Adriano Fedele, uno che sulla sinistra spingeva da matti; così la squadra tornò a viaggiare nelle zone alte della classifica. Poi, purtroppo, ci fu l'episodio di San Siro con Benetti. Whisky ne uscì come tutti sappiamo ma anche dentro di noi, psicologicamente, si ruppe qualcosa. Tirammo avanti lo stesso, con rabbia e determinazione, arrivammo quinti ma non era più la stessa cosa: l'ottimismo, la speranza, la fiducia avevano fatto crack quel 10 gennaio 1971 a Milano." Morirono lì le ambizioni del Bologna di tornare grande? "Direi di sì. Salvo fiammate estemporanee, il Bologna degli anni successivi era una squadra dignitosa, da metà classifica. Ma nulla più."
Eccezion fatta, però, per ...
" ... la coppa Italia del 1974. Rispetto al 1970, però, qualcosa era cambiato. Il calcio, ormai, stava facendosi davvero miliardario e per le squadre medie diventava difficile stare al passo. Dopo quel successo ci attrezzammo, anche in vista della Coppa delle Coppe, con Bellugi e Maselli mentre la rivelazione Pecci diventava conferma. Venne meno, però, il conforto dei risultati. In Coppa uscimmmo subito, eliminati ai rigori dal Gwardia di Varsavia, in campionato non andammo oltre il nono posto. Così, a fine torneo, ci fu la svolta. Il presidente Conti, che sempre maggiori difficoltà incontrava a mantenere la squadra su buoni livelli, cedette Pecci al Torino ma, soprattutto, Savoldi al Napoli per la allora spaventosa cifra di due miliardi." E il Bologna? "Cominciò il periodo delle vacche magre, delle salvezze all'ultimo istante: rischiammo di brutto nel'77, nel'78, nel '79 ... "
Poi?
"Poi il sottoscritto appese le scarpe al chiodo: avevo ormai 34 anni suonati e mi piaceva chiudere in bellezza." Alla fine di quella stessa stagione chiuse anche Tazio Roversi. Andava così in pensione la coppia di marcatori che aveva disegnato la difesa rossoblù per undici stagioni. Ma, soprattutto, sempre in quel 1979, ci fu anche al vertice il cambio della guardia. Luciano Conti, che era stato il mio presidente per nove anni, abdicava anche lui. Era l'inizio di una nuova era, di un periodo purtroppo assai triste per la compagine bolognese, retrocessa più volte in serie B e addirittura in C prima di ritornare nella massima serie con buoni risultati. "Mi sembra però che anche Gazzoni Frascara cominci, come Conti negli anni Settanta, a sentire il peso di questo calcio impazzito. La speranza è che le cose cambino, che si torni a quei valori sportivi e umani che caratterizzavano lo sport che ho avuto la fortuna di vivere io. Ma non sono ottimista."
Molto soddisfatto è per contro Franco Cresci delle sue scelte, della sua vita, del destino che lo ha portato qui.
"Scherzi? Al Bologna e a Bologna mi sono trovato sempre benissimo, tanto da non cadere mai in tentazione, o di avere voglia, di emigrare verso piazze considerate più importanti. Certo, sotto il profilo economico la mia scelta non fu felicissima, ma la vita non è fatta solo di soldi. O no? Questa città mi aveva accolto benissimo, qui mi sono sempre sentito a casa, tanto che non ho più voluto saperne di andarmene." Sei in buona compagnia. Tanti altri tuoi ex compagni si sono fermati qui ... "È vero. Aggiungo però che io arrivavo da Milano, cioè da una grande città. Se mi sono trovato bene io, vuol dire che Bologna era e rimane davvero speciale."
Franco Cresci, un argine indistruttibile.
La bellissima storia dei cento anni del Bologna raccontata dalle gesta di 100 grandi uomini più una donna che li ha celebrati tutti insieme.
Da "Il Resto del Carlino".
Franco Cresci nasce all'lnter, ma al Bologna ci arriva via Milan: in cambio di Fogli, il club rossonero decide di girare ai rossoblù quel ragazzo che col passar degli anni si rivelerà uno dei più forti difensori italiani. Sotto le Due Torri, Cresci diventa il gemello di Roversi: quattrocento partite insieme, una carriera. Che porta qualche bella soddisfazione: un paio di coppe Italia, una Coppa di Lega italo-inglese, ma niente scudetto. E neanche Nazionale: Cresci vede l'azzurro solo nelle varie under dell'epoca, ma in prima squadra mai. Cresciuto con l'lnter di Herrera, allenandosi coi Mazzola e i Suarez, Cresci ha subito modo di mostrare di che pasta è fatto: del marcatore puro ha il carattere e pure la consistenza. È indistruttibile: di lui, si ricordano pochi acciacchi, tutti di poco conto. È anche uno che si allena tanto, forse troppo: Pesaola, temendo che andasse in superallenamento, lo fermava spesso e lo spediva in ricevitoria a giocare la Tris. E lui obbediva: oltre che serio e concentrato sul campo, era anche molto disciplinato. Di Cresci non si ricordano episodi particolari: fare il suo dovere era la normalità. Ha segnato abbastanza per il ruolo che occupava: undici gol non erano pochi all'epoca per un difensore che non si chiamasse Facchetti o Maldera. Lasciata Bologna, non si allontanò troppo: gli ultimi scampoli di carriera li spese a Modena, nell'anno in cui i canarini tornarono in C1. Poi è rimasto nel calcio, lavorando come tecnico delle giovanili e dei dilettanti a San Lazzaro e a Crevalcore.
Franco Cresci
Di Raffaele Dalla Vite.
Franco Cresci nasce a Milano (settembre '45) che la guerra è finita da poco. Tifoso interista, il papà appena possibile lo porta a fare un provino alla società nerazzurra che non esita a inserirlo nel proprio settore giovanile. Si affaccia anche nella "rosa" della prima squadra di Helenio Herrera nel ' 64-' 65, si allena contro gente come Picchi, Suarez, Corso, Mazzola. Deve crescere e viene mandato per una stagione in serie D al Rapallo, ma subito migliora passando al Varese dove gioca da titolare prima in serie B e poi in serie A, giocando da stopper. Piace al Milan che se lo prende, ma decide di girarlo al Bologna per portare a Milano Romano Fogli. Era il 1968. Dopo tanti anni in rossoblu con un altissimo rendimento, Cresci è rimasto nel cuore dei tifosi anche per la sua "attiva" partecipazione alla rocambolesca salvezza del '79, quando nell'ultima partita con il Perugia gli capitò poco prima dell'intervallo di colpire casualmente al volto (mettendolo fuori causa) Salvatore Bagni che aveva già realizzato una doppietta e spinto il Bologna quasi in B. Formidabile agonista e atleta assai dotato fisicamente, Cresci non si risparmiava neppure in allenamento. "Cristu, tu lavori troppo, così me vai in superallenamento. Oggi te fermi e me vai a giocare la Tris. Dopo te dò i soldi!". Capitava spesso che Bruno Pesaola venerdì, dicesse così a Franco Cresci. Lui dal Velodromo, dove a quei tempi il Bologna si allenava, correva all'agenzia ippica di Porta San Felice, ben contento di soddisfare il "vizietto" del tecnico che fra l'altro dimostrava di apprezzare sempre moltissimo la forza del grintoso difensore. Cessata l'attività agonistica, dopo parentesi al Modena, Franco ha allenato molto a livello di C e D e con buoni risultati.
Franco Cresci, il gemello del "biondo".
Di Oddone Nordio.
Il padre era un tifoso dell'Inter e allora un bel giorno pensò bene di portarlo a fare un provino. Quel ragazzino robusto, i capelli ricci e neri che appena finita la scuola si tuffava nei campi della parrocchia di San Sempliciano che sorgevano immediatamente dietro la mitica "Arena", secondo lui aveva le qualità per emergere e sfondare nel grande mondo del calcio. Il provino andò bene, Franco Cresci entrò nel settore giovanile della squadra nerazzurra che allora dominava in Italia e in Europa con campioni come Corso, Suarez, Mazzola. Siamo nel 1966 e l'Inter decide di dare in prestito al Varese quel terzino svelto, fisico possente, che non aveva paura di nessuno. Cresci gioca in serie B, poi l'anno dopo eccolo esordire in serie A a Firenze: è il 24 settembre 1967. Prima c'è un intermezzo in serie C a Rapallo. Sul ragazzo mette gli occhi il Milan che se lo porta a casa (è il 1968) ma che lo gira subito al Bologna per Fogli. Pesaola l'aveva visto giocare, il direttore sportivo Carlo Montanari aveva ottimi rapporti con la società rossonera e dunque l'affare va in porto in fretta. Da allora - lo ricordiamo, era il 1968 - Franco Cresci veste la maglia del Bologna per 10 stagioni, chiude con i rossoblù nel 1979 con 403 presenze e 11 gol tra campionato e coppe. Con il Bologna ha vinto 2 coppe Italia (1970 e 1974) e una coppa di Lega Italo-Inglese nel 1970. La coppa Italia del 1974, vinta all'Olimpico contro il Palermo lo vide protagonista in negativo. Ai rigori Cresci fece cilecca. Poi ci pensò Bulgarelli.
Undici stagioni in rosso-blu
Quando lascia i rossoblù, Cresci da Bologna si sposta per pochi chilometri, va a Modena dove resta per tre stagioni. Quindi passa al settore giovanile della società gialloblù, poi frequenta il corso di Coverciano e inizia la carriera di allenatore. Con Tazio Roversi Cresci formava una coppia di difensori che aveva pochi eguali nei campionati di quegli anni. Cresci aveva un fisico bello e asciutto, una bella corsa, era un marcatore spietato, e già allora era uno che affondava sulla fascia. Non era un difensore-goleador, pur avendo un buon calcio e una discreta padronanza tecnica. Eppure, nella sua carriera, ci sono due gol da incorniciare: li segnò rispettivamente all'Inter e alla Juventus. In quell'Inter in porta c'era Bordon, e poi Suarez, l'ex Fedele, Mazzola. Nel Bologna gente come Bulgarelli, Pecci, Landini. Contro la Juventus (vittoria per 2-1) segnò con un gran destro di controbalzo proprio sotto la curva Andrea Costa per la gioia incontenibile di quella gente che da sempre rappresenta il cuore più vero del tifo. Ha allenato il Crevalcore in C1, allora anche il Bologna era in terza serie dopo le disastrose retrocessioni. E' stato sulla panchina del San Lazzaro, del Forlì, della Vis Pesaro, dell'Imola, del Rovigo. E ha sempre raccolto buoni risultati dovunque, operando con buonsenso e con grande concretezza.
Stagione
|
Squadra
|
Campionato
|
Coppe
naz.
|
Coppe
euro.
|
Altre
coppe
|
Totale
|
Com |
Pres |
Reti |
Com |
Pres |
Reti |
Com |
Pres |
Reti |
Com |
Pres |
Reti |
Pres
|
Reti
|
1968-1969
|
Bologna
|
A
|
26
|
1
|
CI
|
3
|
0
|
CdF
|
5
|
0
|
CdA
|
4
|
1
|
38
|
2
|
1969-1970
|
Bologna
|
A
|
29
|
0
|
CI
|
11
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
40
|
0
|
1970-1971
|
Bologna
|
A
|
30
|
0
|
CI
|
3
|
0
|
CdC
|
2
|
0
|
CA-I+
CdLI-I
|
5+2
|
1+0
|
42
|
1
|
1971-1972
|
Bologna
|
A
|
29
|
0
|
CI
|
9
|
0
|
CU
|
4
|
0
|
-
|
-
|
-
|
42
|
0
|
1972-1973
|
Bologna
|
A
|
28
|
0
|
CI
|
10
|
0
|
-
|
-
|
-
|
CA-I+
CM
|
5+1
|
0+0
|
44
|
0
|
1973-1974
|
Bologna
|
A
|
29
|
0
|
CI
|
10
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
39
|
0
|
1974-1975
|
Bologna
|
A
|
30
|
3
|
CI
|
6
|
0
|
CdC
|
2
|
0
|
-
|
-
|
-
|
38
|
3
|
1975-1976
|
Bologna
|
A
|
27
|
2
|
CI
|
4
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
31
|
2
|
1976-1977
|
Bologna
|
A
|
29
|
0
|
CI
|
10
|
2
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
39
|
2
|
1977-1978
|
Bologna
|
A
|
26
|
0
|
CI
|
4
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
30
|
0
|
1978-1979
|
Bologna
|
A
|
18
|
1
|
CI
|
3
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
21
|
1
|
|
301
|
7
|
|
73
|
2
|
|
13
|
0
|
|
17
|
2
|
404
|
11
|
Legenda:
A
– Serie A
CI
– Coppa Italia
CdF
– Coppa delle Fiere
CdC
– Coppa delle Coppe
CU
– Coppa UEFA
CM
– Coppa Mitropa
CdA
– Coppa
delle Alpi
CA-I
– Coppa Anglo-Italiana
CdLI-I
– Coppa
di
Lega Italo-Inglese
|
Franco
Cresci
(Milano,
15
settembre 1945
). Giocatore
forte fisicamente e dotato di buona tecnica, eclettico, in grado
di ricoprire i ruoli di stopper e terzino con naturalezza. Al
Bologna dal 1968-69 al 1978-79, con 404 presenze (7°
di tutti i tempi in rosso-blu)
e 11 gol tra campionato e coppe. 2 presenze in Nazionale B e 6 in
quella giovanile, con
la quale vinse i Giochi del Mediterraneo in Tunisia, nel 1967.
Con il Bologna ha vinto 2 Coppe Italia nel 1970 e nel 1974, e 1
Coppa di Lega Italo-Inglese, sempre nel 1970.
|