Nel 1928, la Nazionale italiana di calcio – in quel preciso momento storico protagonista emergente in campo europeo – stava disputando la Coppa Internazionale, competizione ideata da Hugo Meisl, leggendaria figura del calcio mondiale e allenatore del "Wunderteam" austriaco. La coppa, che veniva messa in palio tra le più forti nazionali danubiane, a cui in seguito si aggiunse la Svizzera, aveva dunque nell'Italia una grande e degna protagonista. Il torneo, che si svolgeva nell'arco di un triennio, venne sospeso per fare spazio alla IX Olimpiade, in programma nella capitale dei Paesi Bassi, Amsterdam. Per l'Italia – e anche per i colori rosso-blu del Bologna – le Olimpiadi furono un'avventura straordinaria. In azzurro vennero convocati ben quattro giocatori dell'allora "Bologna (Sportiva) Sezione Calcio" – la squadra italiana più rappresentata assieme all'Inter: Felice Gasperi, Pietro Genovesi, Alfredo Pitto e Angelo Schiavio, protagonista di un grande torneo olimpico. Le Olimpiadi calcistiche, organizzate dalla FIFA, furono i primi confronti tra la scuola sudamericana, rappresentata delle due squadre all'epoca più forti, Argentina e Uruguay, e quella europea, forte dell'Italia (in prepotente ascesa internazionale), della Spagna di Quincoces e Yermo, del Belgio del nuovo astro Raymond Braine, e dalla Svizzera di Max "Xam" Abegglen, grande cannoniere elvetico.
Temendo l'accusa di professionismo, molte squadre rinunciarono a partecipare: fu il caso di Austria, Cecoslovacchia, Ungheria e Gran Bretagna; altre formazioni, invece, "svecchiarono" i ranghi escludendo i campioni più affermati – il caso della Spagna fu emblematico. Anche l'Italia dovette adeguarsi e rinunciò allo squalificato Allemandi, oltre che a Cevenini, Conti e Libonatti, arrivato dall'Argentina non certo per la gloria. Questo, putroppo, privò la manifestazione di grandissimi campioni come Sindelar, Sesta, Zischek e Smistik del "Wunderteam" austriaco; di Kada, Puc e Silny della Cecoslovacchia; e della "gazzella" ungherese, ex Juventus, Hirzer Ferenc "Hires", fuoriclasse magiaro. Hirzer che i giocatori del Bologna conoscevano fin troppo bene: era infatti stato determinante nella finale di Lega Nord disputata contro la Juventus, nel 1926. Sotto, i resoconti più significativi delle partite delle Olimpiadi azzurre, che videro ben 4 giocatori del Bologna portare a casa un prezioso bronzo olimpico. I rossoblù in azzurro si confermarono calciatori di valore mondiale, giocando alla pari con i grandi campioni sudamericani di Uruguay e Argentina. Su tutti brillò, ovviamente, la stella di "Angiolino" Schiavio, tra i grandi protagonisti della semifinale contro i campioni uruguagi, partita giudicata dallo stesso Schiavio come una delle sue più grandi prestazioni disputate in ambito internazionale.
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~ ITALIA - FRANCIA 4-3 (3-2)
~ITALIA: De Prà (Genoa), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pietroboni (Inter), Bernardini (Inter), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Banchero (Alessandria), Rossetti (Torino), Levratto (Genoa) - Commissario unico: A. Rangone.
~FRANCIA: Thepot, Wallet, Domergue, Chantrel, Dauphin, Villaplane, Dewaquez, Brouzes, Nicolas P. (cap.), Pavillard, Langiller - Commissione tecnica federale
~ Arbitro: Cristophe (Belgio).
[~ Reti: 14' e 18' Brouzes, 19' Rossetti, 39' Levratto, 43' Banchero, 60' Baloncieri, 61' Dauphin.] Spettatori: 8.000 circa.
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Nella gara di apertura contro la Francia si riesce ugualmente a trovare la vittoria dopo un'avvio disastroso. Non passano neanche 20 minuti e l'Italia, che gioca con la maglia bianca scudo crociata, si trova sotto di due gol per una doppietta di Brouzes. Prima dell'intervallo Rossetti, Levratto e l'esordiente Banchero capovolgono il risultato. Lo scampato pericolo consiglia un attggiamento più prudente, premiato al quarto d'ora della ripresa da un centro di Baloncieri che di testa trasforma un'azione di rimessa. La terza rete francese di Dauphin regala qualche brivido, ma non cambia l'esito dell'incontro.
LA STAMPA - 30 Maggio 1928
ATLETI D'ITALIA
La squadra italiana meriterebbe, se la distanza e la tarda ora lo permettessero, un capitolo speciale per questa sua prova. Il pubblico dei tecnici dei competenti e degli interessati che assisteva a questo atto di grande importanza di quel campionato mondiale calcistico che è il torneo di Amsterdam, seguiva la prova delta squadra italiana con curiosità fine, con studio intenso, anzi. Esso risultò deluso nella sua aspettativa e questa prova scadente recò sollievo, è la verità, a coloro tra i nostri rivali che temevano vivamente per le nostra probabilità di successo finale. L'impressione degli altri conta poco, però. Quello che conta per noi che conosciamo il valore nostro è la grande occasione di trionfare che il torneo di Amsterdam è venuto ad offrirci e il fatto che affiorano in forma impressionante le conseguenze di una preparazione morale, fisica e tecnica che semplicemente non è esistita. La squadra italiana ha in sè però tali e tante possibilità di recupero - il suo passato recentissimo lo dimostra - che essa può benissimo superare questo svantaggio e riprendersi e imporsi e mostrare al mondo quale sia il suo giusto valore. Essa lo deve a se stessa.
VITTORIO POZZO
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Un acrobata a Milano
Di Alfredo Pitto
Amsterdam, 7 giugno 1928, Uruguay - Italia 3-2
Giocare meglio, e perdere
Di Gabriel Hanot
Le Olimpiadi calcistiche
Gli italiani magnifici d'impeto sono sconfitti dalla sfortuna
Uruguay - Italia 3-2
(Dal nostro inviato)
VITTORIO POZZO.
Da "La Stampa"
LA STAMPA - 30 Maggio 1928
ATLETI D'ITALIA
Gli "azzurri" vittoriosi alle Olimpiadi di Amsterdam
Italia 4 - Francia 3
(Dal nostro inviato)
Amsterdam, 29 notte.
Gli italiani che erano presenti oggi allo Stadio olimpico di Amsterdam hanno provato una di quelle emozioni che non si dimenticano tanto presto, quando, all'inizio della partita le cose minacciavano improvvisamente di prendere una piega pericolosa per le sorti nostre. In poco più di un quarto d'ora la Francia aveva portato il risultato a due a zero in suo favore: due offensive che avevano travolto irresistibilmente la nostra difesa e due tiri che avevano battuto senza merce il portiere azzurro. Le cose volgevano a male, tanto per il risultato quanto per il giuoco che andava svolgendosi sul campo, giuoco che da parte Italiana lasciava dolorosamente interdetti per il basso livello tecnico che veniva raggiunto.
(Dal nostro inviato)
Amsterdam, 29 notte.
Gli italiani che erano presenti oggi allo Stadio olimpico di Amsterdam hanno provato una di quelle emozioni che non si dimenticano tanto presto, quando, all'inizio della partita le cose minacciavano improvvisamente di prendere una piega pericolosa per le sorti nostre. In poco più di un quarto d'ora la Francia aveva portato il risultato a due a zero in suo favore: due offensive che avevano travolto irresistibilmente la nostra difesa e due tiri che avevano battuto senza merce il portiere azzurro. Le cose volgevano a male, tanto per il risultato quanto per il giuoco che andava svolgendosi sul campo, giuoco che da parte Italiana lasciava dolorosamente interdetti per il basso livello tecnico che veniva raggiunto.
Avversario più difficile del previsto
Più tardi le cose migliorarono alquanto. Prima Rossetti diminuì lo svantaggio, poi Levratto ristabilì, l'equilibrio della situazione. Ma il tono generale delle azioni non si levò molto nemmeno quando Banchero coronava un'azione isolata battendo Thepot e segnando un punto che portava gli azzurri in vantaggio. Dal momento in cui Banchero raggiunse questo successo fino al termine della partita, il punteggio doveva continuare a rimanere favorevole per l'Italia; ma quanto avvenne in campo doveva continuare a tenere in seria apprensione i sostenitori del colori nostri. Balonceri segnava ancora e Nicolas restituiva immediatamente la botta per la parte francese. Gli ultimi dieci minuti della gara vedevano le due squadre esauste, ed il giuoco decadere ancor maggiormente in qualità. Il risultato segna quindi una vittoria italiana per quattro a tre. La prima, primissima osservazione a cui l'incontro dà luogo deve essere di soddisfazione. In una prova che stuzzicava l'amor proprio dello sport nostro, i calciatori italiani sono usciti vittoriosi. L'ostacolo da superare si presentò come molto più difficile di quanto era stato preventivato. L'edizione di squadra allineata oggi dalla Francia va schiettamente riconosciuta come molto più forte di quella che riuscì a chiudere alla pari l'incontro con i nostri rappresentanti l'anno scorso a Parigi. Più salda in difesa e più penetrante nell'attacco: in una parola più forte in ogni settore. I nostri avversari giuocarono con slancio e coraggio un tempo solo, il primo: ma durante questo periodo essi diedero la netta misura del valore a cui sono assurti nella presente stagione. Di questo occorre tener conto quando si sottopone alla lente della critica la prova fatta dagli italiani contro i francesi.
Più tardi le cose migliorarono alquanto. Prima Rossetti diminuì lo svantaggio, poi Levratto ristabilì, l'equilibrio della situazione. Ma il tono generale delle azioni non si levò molto nemmeno quando Banchero coronava un'azione isolata battendo Thepot e segnando un punto che portava gli azzurri in vantaggio. Dal momento in cui Banchero raggiunse questo successo fino al termine della partita, il punteggio doveva continuare a rimanere favorevole per l'Italia; ma quanto avvenne in campo doveva continuare a tenere in seria apprensione i sostenitori del colori nostri. Balonceri segnava ancora e Nicolas restituiva immediatamente la botta per la parte francese. Gli ultimi dieci minuti della gara vedevano le due squadre esauste, ed il giuoco decadere ancor maggiormente in qualità. Il risultato segna quindi una vittoria italiana per quattro a tre. La prima, primissima osservazione a cui l'incontro dà luogo deve essere di soddisfazione. In una prova che stuzzicava l'amor proprio dello sport nostro, i calciatori italiani sono usciti vittoriosi. L'ostacolo da superare si presentò come molto più difficile di quanto era stato preventivato. L'edizione di squadra allineata oggi dalla Francia va schiettamente riconosciuta come molto più forte di quella che riuscì a chiudere alla pari l'incontro con i nostri rappresentanti l'anno scorso a Parigi. Più salda in difesa e più penetrante nell'attacco: in una parola più forte in ogni settore. I nostri avversari giuocarono con slancio e coraggio un tempo solo, il primo: ma durante questo periodo essi diedero la netta misura del valore a cui sono assurti nella presente stagione. Di questo occorre tener conto quando si sottopone alla lente della critica la prova fatta dagli italiani contro i francesi.
L'Italia nei quarti di finale
La nostra squadra scese in campo sicura del fatto suo, valutando l'avversario su dati che denotavano una situazione che alla prova pratica risultò superata non solo, ma completamente mutata. L'ostacolo fu comunque sorpassato e l'Italia entra decisamente nei quarti di finale del grande torneo, incrivendo il suo nome a fianco di quelli del Belgio, della Germania, del Portogallo, dell'Egitto, dell'Argentina e con l'aspirazione a riportare il titolo finale. La squadra azzurra può continuare ora la sua strada per affrontare verso la fine della settimana la seconda prova che il calendario le riserva e che l'estrazione a sorte definirà stasera. E' logico sperare che essa sia uscita moralmente agguerrita dalla piccola bufera inaspettatamente affrontata e vinta, e che il suo atteggiamento futuro sarà improntato alle reali necessità pratiche della situazione. L'incontro ebbe luogo allo Stadio alle ore 14. Un pubblico numeroso era presente. Nella tribuna d'onore, oltre al prsideute del Comitato olimpionico nazionale italiano, on. Lamio Ferretti, ed al presidente della Federazione italiana giuoco calcio, on. Arpinatl, si trovava il Ministro italiano all'Aia, conte Barbaro e numerose personalità del corpo consolare nostro in Olanda. Il tempo minaccioso del mattino, si era rischiarato verso mezzogiorno e si presentava come sereno e leggermente ventoso al momento dell'inizio dell'incontro. Le due squadre si allinearono in campo nella formazione seguente:
ITALIA: Deprà, Rosetta, Calligaris, Pietroboni. Bernardini, Janni, Rivolta, Balonceri, Banchero, Rossetti e Levratto.
FRANCIA: Thepot, Vallet, Domergue, Chanirel, Dauphin, Villaplane, Dewaquez, Broure, Nicolas, Pavillard, Langiller.
La nostra squadra scese in campo sicura del fatto suo, valutando l'avversario su dati che denotavano una situazione che alla prova pratica risultò superata non solo, ma completamente mutata. L'ostacolo fu comunque sorpassato e l'Italia entra decisamente nei quarti di finale del grande torneo, incrivendo il suo nome a fianco di quelli del Belgio, della Germania, del Portogallo, dell'Egitto, dell'Argentina e con l'aspirazione a riportare il titolo finale. La squadra azzurra può continuare ora la sua strada per affrontare verso la fine della settimana la seconda prova che il calendario le riserva e che l'estrazione a sorte definirà stasera. E' logico sperare che essa sia uscita moralmente agguerrita dalla piccola bufera inaspettatamente affrontata e vinta, e che il suo atteggiamento futuro sarà improntato alle reali necessità pratiche della situazione. L'incontro ebbe luogo allo Stadio alle ore 14. Un pubblico numeroso era presente. Nella tribuna d'onore, oltre al prsideute del Comitato olimpionico nazionale italiano, on. Lamio Ferretti, ed al presidente della Federazione italiana giuoco calcio, on. Arpinatl, si trovava il Ministro italiano all'Aia, conte Barbaro e numerose personalità del corpo consolare nostro in Olanda. Il tempo minaccioso del mattino, si era rischiarato verso mezzogiorno e si presentava come sereno e leggermente ventoso al momento dell'inizio dell'incontro. Le due squadre si allinearono in campo nella formazione seguente:
ITALIA: Deprà, Rosetta, Calligaris, Pietroboni. Bernardini, Janni, Rivolta, Balonceri, Banchero, Rossetti e Levratto.
FRANCIA: Thepot, Vallet, Domergue, Chanirel, Dauphin, Villaplane, Dewaquez, Broure, Nicolas, Pavillard, Langiller.
Banchero contuso
Gli italiani capitanati da Balonceri entravano in campo per i primi in maglia bianca, mentre i francesi al comando di Nicolas vestivano la camicia azzurra. Da arbitro fungeva il belga Christophe, mentre i due guardialinee erano uno germanico ed uno olandese. I primi minuti della prova furono favorevoll agli italiani. Due facili situazioni si presentavano infatti quasi subito a Banchero. Nella prima di esse l'alessandrino giunse fino a tre o quattro metri dal palo sinistro della porta avversaria, ma qui fu atterrato. Quando si rialzò aveva la faccia insanguinata per la violenta collisione subita con il terzino avversario. Malgrado ciò un istante appresso Banchero, da una buona posizione scaraventava la palla alta sopra il palo traversale. Dopo, il centro-avanti italiano abbandonava il campo per farsi medicare, ma rientrava quasi subito con un grosso cerotto applicalo sulla faccia. A poco più di sette minuti dall'inizio i francesi portavano il loro primo attacco pericoloso a mezzo di un lungo traversone dalla mezz'ala sinistra all'ala destra. Un minuto più tardi Deprà toccava per la prima volta il pallone. Lo spunto offensivo della Francia veniva troncato da una tuga di Rivolta che si risolveva in un calcio d'angolo il quale a sua volta veniva ripreso da un colpo di testa di Levratto che mancava da pochissimo l'obbiettivo. I nostri avversari tornavano però presto a darci grattacapi. l loro attaccanti se la intendevano a meraviglia ed avanzavano con una praticità di comportamento che lasciava i nostri visibilmente imbarazzali. Broure, la mezz'ala destra, tentò per primo la via del successo con un tiro da lontano, poi un lungo centro di Langiller, ripreso da Dewaquez, diede luogo ad una piccola mischia a due passi da Deprà.
Gli italiani capitanati da Balonceri entravano in campo per i primi in maglia bianca, mentre i francesi al comando di Nicolas vestivano la camicia azzurra. Da arbitro fungeva il belga Christophe, mentre i due guardialinee erano uno germanico ed uno olandese. I primi minuti della prova furono favorevoll agli italiani. Due facili situazioni si presentavano infatti quasi subito a Banchero. Nella prima di esse l'alessandrino giunse fino a tre o quattro metri dal palo sinistro della porta avversaria, ma qui fu atterrato. Quando si rialzò aveva la faccia insanguinata per la violenta collisione subita con il terzino avversario. Malgrado ciò un istante appresso Banchero, da una buona posizione scaraventava la palla alta sopra il palo traversale. Dopo, il centro-avanti italiano abbandonava il campo per farsi medicare, ma rientrava quasi subito con un grosso cerotto applicalo sulla faccia. A poco più di sette minuti dall'inizio i francesi portavano il loro primo attacco pericoloso a mezzo di un lungo traversone dalla mezz'ala sinistra all'ala destra. Un minuto più tardi Deprà toccava per la prima volta il pallone. Lo spunto offensivo della Francia veniva troncato da una tuga di Rivolta che si risolveva in un calcio d'angolo il quale a sua volta veniva ripreso da un colpo di testa di Levratto che mancava da pochissimo l'obbiettivo. I nostri avversari tornavano però presto a darci grattacapi. l loro attaccanti se la intendevano a meraviglia ed avanzavano con una praticità di comportamento che lasciava i nostri visibilmente imbarazzali. Broure, la mezz'ala destra, tentò per primo la via del successo con un tiro da lontano, poi un lungo centro di Langiller, ripreso da Dewaquez, diede luogo ad una piccola mischia a due passi da Deprà.
Due goals francesi
Segni precursori erano questi di un successo, che non doveva tardare d'altronde ad arrivare. Proprio a seguito dell'azione sopra descritta, la mezza ala destra francese, Broure, sgusciava via in un vano rimasto aperto fra Calligaris e Janni e sparava in porta in piena corsa. Tutto quello che Deprà poteva fare era di andare a raccogliere la palla in fondo alla rete. Si giuocava da 14 minuti. Un minuto di attività, con gli italiani sorpresi, sbigottiti, quasi da quanto stava avvenendo e Nicolas colpiva il palo con un tiro improvviso. I francesi sfruttavano in pieno la difficile situazione morale in cui i nostri si trovavano come impegolati. Langiller filava via da solo, centrava lungo in avanti, Broure riprendeva e coronava ancor una volta l'opera con un tiro che lasciava nuovamente Deprà senza mercè. Due a zero. La situazione si faceva grave. La squadra nostra, cedeva e scricchiolava nelle connessure delle sue linee, come una nave in piena tempesta. A gridare il coraggio alla nostra squadra, giungeva improvviso un punto di Rossetti. L'azione era avvenuta sulla sinistra nostra. La palla stava per uscire dalla linea di fondo, quando Levratto la riprendeva con una rovesciata improvvisa, e la rimetteva proprio sulla bocca della porta. I due terzini francesi si erano fermati come convinti che la palla dovesse uscire dalla linea di fondo ed erano completamente spiazzati. Rossetti si trovava del tutto libero davanti a Thepot ed al volo mandava la palla a finire nella rete. L'iniezione di coraggio che questo successo fece nella squadra italiana, condusse ad una diecina di minuti di predominio nostro, predominio completamente sterile però. Gli attaccanti nostri si lasciavano mettere in fuori giuoco con facilità incredìbile dal giuoco di perfetta tattica dei terzini francesi. La Francia dopo, ritornava nuovamente all'attacco e si deve a Deprà se la nostra rocca non capitolò nuovamente. La squadra italiana non riusciva a funzionare nè nel settore dell'attacco nè in quello di difesa. Il giuoco continuò alterno, finché al 39.o minuto Baloncieri, in uno sforzo isolato per passare attraverso le linee difensive avversarie, otteneva un calcio d'angolo. La palla giungeva alta sulla porta, Levratto la colpiva a volo e la mandava a finire nella rete, attraverso a tutta una selva di gambe. Le sorti erano così alla pari.
Segni precursori erano questi di un successo, che non doveva tardare d'altronde ad arrivare. Proprio a seguito dell'azione sopra descritta, la mezza ala destra francese, Broure, sgusciava via in un vano rimasto aperto fra Calligaris e Janni e sparava in porta in piena corsa. Tutto quello che Deprà poteva fare era di andare a raccogliere la palla in fondo alla rete. Si giuocava da 14 minuti. Un minuto di attività, con gli italiani sorpresi, sbigottiti, quasi da quanto stava avvenendo e Nicolas colpiva il palo con un tiro improvviso. I francesi sfruttavano in pieno la difficile situazione morale in cui i nostri si trovavano come impegolati. Langiller filava via da solo, centrava lungo in avanti, Broure riprendeva e coronava ancor una volta l'opera con un tiro che lasciava nuovamente Deprà senza mercè. Due a zero. La situazione si faceva grave. La squadra nostra, cedeva e scricchiolava nelle connessure delle sue linee, come una nave in piena tempesta. A gridare il coraggio alla nostra squadra, giungeva improvviso un punto di Rossetti. L'azione era avvenuta sulla sinistra nostra. La palla stava per uscire dalla linea di fondo, quando Levratto la riprendeva con una rovesciata improvvisa, e la rimetteva proprio sulla bocca della porta. I due terzini francesi si erano fermati come convinti che la palla dovesse uscire dalla linea di fondo ed erano completamente spiazzati. Rossetti si trovava del tutto libero davanti a Thepot ed al volo mandava la palla a finire nella rete. L'iniezione di coraggio che questo successo fece nella squadra italiana, condusse ad una diecina di minuti di predominio nostro, predominio completamente sterile però. Gli attaccanti nostri si lasciavano mettere in fuori giuoco con facilità incredìbile dal giuoco di perfetta tattica dei terzini francesi. La Francia dopo, ritornava nuovamente all'attacco e si deve a Deprà se la nostra rocca non capitolò nuovamente. La squadra italiana non riusciva a funzionare nè nel settore dell'attacco nè in quello di difesa. Il giuoco continuò alterno, finché al 39.o minuto Baloncieri, in uno sforzo isolato per passare attraverso le linee difensive avversarie, otteneva un calcio d'angolo. La palla giungeva alta sulla porta, Levratto la colpiva a volo e la mandava a finire nella rete, attraverso a tutta una selva di gambe. Le sorti erano così alla pari.
La vittoria italiana
Quando il giuoco veniva ripreso, Deprà riusciva ancora a salvare la rete dalla capitolazione, ma il coraggioso portiere rimaneva a terra contuso per alcuni minuti. Qui l'arbitro commetteva l'errore di fischiare il riposo, quando ancora mancavano cinque minuti alla metà del tempo. L'immediato rimedio veniva però posto con la ripresa del giuoco. E' durante questi cinque minuti che Banchero, lanciato da Balonceri, fuggiva via da solo. Approfittando di un errore di Doumergue, giungeva davanti a Thepot e sospingeva la palla nella rete. Così l'Italia arrivava alla ripresa in vantaggio per tre a due. Il primo tempo meritò una descrizione minuta, perchè fu quello che decise della partita, sia in fatto di risultati come di giuoco svolto. La ripresa fu viceversa scialba, rotta, frastagliata, disputata in tono minore da ambo le parti. I francesi si smontarono del tutto e perdettero ogni efficacia di attacco, mentre gli italiani non si innalzarono al livello del primo tempo. Rosetta solo dei nostri, con Deprà ed a tratti Baloncieri, Pietroboni e Janni seppero comportarsi come la situazione richiedeva. Al 15.o minuto Banchero serviva Levratto lungo in avanti. Il genoano effettuava un bel centro alto e Balonceri riprendendo di testa spediva la palla a finire nella rete. La reazione francese che seguì sull'istante portò ancora i nostri avversari a restituirci il colpo e rappresentò in pari tempo la sola mossa degna di nota che essi dovettero eseguire in tutta la ripresa. Dal centro del campo energico e veloce, il trio centrale francese scavalcava tutta la nostra difesa, e Nicolas batteva De Prà con un tiro fortissimo a mezza altezza. Null'altro degno di rilievo doveva offrire la partita prima del suo termine. Partita brutta, inconcludente, confusionaria. Dei francesi abbiamo detto sopra. Essi giuocarono un tempo solo, il primo. Alla ripresa giuocarono in difesa invece di mettere in funzione l'attacco, quel settore della loro squadra cioè che era apparso il più organico e tecnicamente meglio inquadrato. Mancano dì fiato i francesi essenzialmente: la squadra appariva come svuotata di ogni energia quando tornò in campo dopo la metà tempo. Quarantacinque minuti di giuoco erano bastati per farle spendere ogni sua energia. Ma quando giuocò, nella prima metà della gara, essa si comportò in modo tale da non meritare la sconfitta.
Quando il giuoco veniva ripreso, Deprà riusciva ancora a salvare la rete dalla capitolazione, ma il coraggioso portiere rimaneva a terra contuso per alcuni minuti. Qui l'arbitro commetteva l'errore di fischiare il riposo, quando ancora mancavano cinque minuti alla metà del tempo. L'immediato rimedio veniva però posto con la ripresa del giuoco. E' durante questi cinque minuti che Banchero, lanciato da Balonceri, fuggiva via da solo. Approfittando di un errore di Doumergue, giungeva davanti a Thepot e sospingeva la palla nella rete. Così l'Italia arrivava alla ripresa in vantaggio per tre a due. Il primo tempo meritò una descrizione minuta, perchè fu quello che decise della partita, sia in fatto di risultati come di giuoco svolto. La ripresa fu viceversa scialba, rotta, frastagliata, disputata in tono minore da ambo le parti. I francesi si smontarono del tutto e perdettero ogni efficacia di attacco, mentre gli italiani non si innalzarono al livello del primo tempo. Rosetta solo dei nostri, con Deprà ed a tratti Baloncieri, Pietroboni e Janni seppero comportarsi come la situazione richiedeva. Al 15.o minuto Banchero serviva Levratto lungo in avanti. Il genoano effettuava un bel centro alto e Balonceri riprendendo di testa spediva la palla a finire nella rete. La reazione francese che seguì sull'istante portò ancora i nostri avversari a restituirci il colpo e rappresentò in pari tempo la sola mossa degna di nota che essi dovettero eseguire in tutta la ripresa. Dal centro del campo energico e veloce, il trio centrale francese scavalcava tutta la nostra difesa, e Nicolas batteva De Prà con un tiro fortissimo a mezza altezza. Null'altro degno di rilievo doveva offrire la partita prima del suo termine. Partita brutta, inconcludente, confusionaria. Dei francesi abbiamo detto sopra. Essi giuocarono un tempo solo, il primo. Alla ripresa giuocarono in difesa invece di mettere in funzione l'attacco, quel settore della loro squadra cioè che era apparso il più organico e tecnicamente meglio inquadrato. Mancano dì fiato i francesi essenzialmente: la squadra appariva come svuotata di ogni energia quando tornò in campo dopo la metà tempo. Quarantacinque minuti di giuoco erano bastati per farle spendere ogni sua energia. Ma quando giuocò, nella prima metà della gara, essa si comportò in modo tale da non meritare la sconfitta.
Possibilità di recupero degli azzurri
La squadra italiana meriterebbe, se la distanza e la tarda ora lo permettessero, un capitolo speciale per questa sua prova. Il pubblico dei tecnici dei competenti e degli interessati che assisteva a questo atto di grande importanza di quel campionato mondiale calcistico che è il torneo di Amsterdam, seguiva la prova delta squadra italiana con curiosità fine, con studio intenso, anzi. Esso risultò deluso nella sua aspettativa e questa prova scadente recò sollievo, è la verità, a coloro tra i nostri rivali che temevano vivamente per le nostra probabilità di successo finale. L'impressione degli altri conta poco, però. Quello che conta per noi che conosciamo il valore nostro è la grande occasione di trionfare che il torneo di Amsterdam è venuto ad offrirci e il fatto che affiorano in forma impressionante le conseguenze di una preparazione morale, fisica e tecnica che semplicemente non è esistita. La squadra italiana ha in sè però tali e tante possibilità di recupero - il suo passato recentissimo lo dimostra - che essa può benissimo superare questo svantaggio e riprendersi e imporsi e mostrare al mondo quale sia il suo giusto valore. Essa lo deve a se stessa.
VITTORIO POZZO
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[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion) ~ Venerdì 1 giugno 1928, ore 19 ]
~ ITALIA-SPAGNA 1-1 d.t.s. ~ (0-1, 1-0; 0-0, 0-0)
~ ITALIA: Combi (Juventus), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pietroboni (Inter), Pitto (Bologna), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Schiavio (Bologna), Rossetti (Torino), Levratto (Genoa)
- Commissario unico: A. Rangone.
- Commissario unico: A. Rangone.
~ SPAGNA: Jauregui, Quincoces, Zaldua, Amadeo, Antero, Legarreta, Mariscal, Regueiro L., Yermo (cap.), Marculeta, Kiriki
- Commissario tecnico: D. J. Berraondo Insausti.
- Commissario tecnico: D. J. Berraondo Insausti.
~ Arbitro: Lombardi (Uruguay).
[~ Reti: 11' Zaldua, 63' Baloncieri.]
[~ Reti: 11' Zaldua, 63' Baloncieri.]
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Nei quarti di finale ci aspetta una Spagna totalmente rivoluzionata rispetto a quella affrontata un mese prima nell'amichevole di Gijon. Mancano alcuni "professionisti" e soprattutto Zamora, ma i sostituti si dimostrano all'altezza. La rete iniziale di Zaldua costringe l'Italia a un'affannosa rincorsa, coronata dopo poco meno di un'ora da un colpo di testa di capitan Baloncieri su traversone di Levratto. Chiusi i tempi regolamentari sull' 1-1, i supplementari giocati nella penombra sotto la fioca illuminazione dei riflettori dello stadio Olimpico di Amsterdam non cambiano il risultato e obbligano le squadre alla ripetizione.
Nel replay non c'è storia. L'Italia cambia due elementi (Bernardini per Pietroboni e Magnozzi per Rossetti) e domina dal primo all'ultimo minuto. La goleada è firmata da tutti i componenti del quintetto offensivo azzurro (con Levratto autore di una doppietta) ai quali si aggiunge il mediano Bernardini per il 7-1 finale. Ininfluente la rete spagnola di Yermo ad inizio ripresa. La notizia dell'impresa fa il giro del mondo, tanto da giungere perfino sul pack del polo Nord dove sono ancora dispersi i naufraghi del dirigibile Italia, aggrappati alla vita tramite un apparato radio in attesa di essere rintracciati e portati in salvo.
Italia - Uruguay
L'avventura continua e la semifinale ci vede opposti all'Uruguay, campione olimpico in carica. Azzurri contro celesti in una comunanza di colori quasi indecifrabile per spettatori, giornalisti e terna arbitrale, in un'epoca in cui la numerazione sulle maglie non è ancora stata adottata. Rangone conferma in blocco l'undici che ha sgretolato gli spagnoli mentre il suo collega Giannotti deve rinunciare al proprio condottiero Nasazzi. Sull'onda dell'entusiamo l'Italia parte di slancio e al 9' una veloce trama d'attacco viene mirabilmente trasformata dal capitano Baloncieri. Passano pochi minuti e Magnozzi fallisce clamorosamente il 2-0, sventato dal mediano celeste Andrade che, impunito, si sostituisce al portiere Mazzali senza che l'arbitro Eymers batta ciglio. Il brillante avvio rilassa e deconcentra gli azzurri, mentre lo scampato pericolo risveglia gli uruguagi che in meno di un quarto d'ora piazzano tre stoccate vincenti. Cea (17'), Campolo (28'), e Scarone (31'), sorprendono un Combi non in giornata grazia e il primo tempo si chiude sul 3-1 per i sudamericani. Al quarto d'ora della ripresa Levratto prova a riaprire la contesa ma l'Italia cala alla distanza, anche per le fatiche accumulate nell'imprevisto spareggio contro la Spagna. La semifinale termina col punteggio di 3-2 per gli uruguagi che bisseranno l'oro di 4 anni prima, sconfiggendo in finale l'Argentina in due infuocate partite e autonominandosi -- a mio avviso giustamente -- campioni del mondo (da allora, oltre ai due titoli mondiali ufficiali conquistati nel 1930 e nel 1950, l'Uruguay porta sul proprio stemma le 4 stelle di campione mondiale, esattamente come l'Italia. I due titoli olimpici del 1924 e del 1928, in effetti, furono organizzati dalla FIFA e il massimo organo calcistico mondiale li ha riconosciuti -- a pagina 73 della Storia ufficiale FIFA 1904-1984 -- come "mondiali di calcio per dilettanti", anche se ovviamente dilettanti non erano: scesero in campo tra i più grandi protagonisti del calcio sudamericano ed europeo dell'epoca). Gli azzurri devono accontentarsi di lottare per la medaglia di bronzo.
Il ricordo di Adolfo Baloncieri della sfida all'Uruguay
L'Uruguay è una squadra formidabile, completa in tutti i reparti. Alle Olimpiadi di Amsterdam vince tutte le partite fino alla semifinale, alcune di goleada, dimostrando una superiorità tecnica schiacciante. Per questo, nonostante le buone prove degli azzurri, il pronostico pende tutto dalla parte dei campioni uscenti, attesi a una nuova dimostrazione di disarmante dominio tecnico. Invece l'Italia gioca alla pari e quella prova verrà a lungo ricordata. Eccone il ricordo di Adolfo Baloncieri, grande protagonista della contesa: «L'Uruguay lo avevamo visto battere l'Olanda e la Germania, ma tuttavia ci era sembrato meno fresco che a Parigi, e batttibile da una squadra intraprendente come la nostra. L'inizio di quella memoranda semifinale diede ragione ai nostri ... piani: all'8. minuto, come conclusione di un'azione partita da Janni, elaborata da Magnozzi e Levratto e smistata da Schiavio, io potevo segnare il primo punto! Subito dopo, rinnovandosi il nostro attacco galvanizzato dal successo, il portiere Mazzali usciva lasciando libero a Magnozzi, che era a pochi metri, il bersaglio della porta. Magnozzi ebbe un attimo di indugio perché volle stoppare la palla, ciò che permise al famoso mediano Andrade, acrobata della palla, di rialzarsi e di retrocedere sulla zona della porta dove Magnozzi poteva tirare. E infatti la palla, arrestata da Andrade anche col braccio, finiva dietro la linea di fondo.
Rigore negato agli azzurri
Rigore? Macché. Calcio d'angolo appena! Il mancato secondo punto non avrebbe avuto tuttavia decisiva influenza, se poco dopo Combi, in cattiva giornata, non si fosse lasciato sorprendere prima da un lungo tiro della mezz'ala sinistra Cea, e poi, peggio ancora, da un cross sbagliato dell'ala sinistra, Campolo, convertitosi in un tiro tutt'altro che imparabile. Così, venti minuti dopo il primo punto azzurro, l'Uruguay s'era portato a sua volta in vantaggio e questo vantaggio arrotondava al 32. minuto con un punto - stavolta bellissimo - di Scarone. Ma chi pensò a una resa a discrezione dell'Italia, sbagliò i calcoli. Ragionando negli spogliatoi sul primo tempo, noi ritrovammo intera la nostra lucidità e ci dicemmo che anche l'1 a 3 era rimontabile. E infatti, al quarto d'ora, Levratto segnò il secondo punto per l'Italia, sollevando l'entusiasmo della folla neutrale che per la restante mezz'ora c'incoraggiò con un calore latino. Ma era destino che non si dovesse vincere, e solo accontentarsi della vittoria morale -- sette calci d'angolo per noi contro tre per gli avversari -- consacrata dalla dimostrazione fattaci anche sotto le finestre dell'albergo che ci ospitava». Non solo: il giorno dopo l'inglese The Telegraph, tradizionalmente poco tenero con gli italiani, titolò «Evviva il perdente!». La prova degli azzurri fu maiuscola, grazie anche alla giornata memorabile di Fulvio Bernardini. E restò l'ombra di un altro rigore non concesso quasi allo scadere, quando Canavesi atterrò brutalmente Levratto in area. L'Uruguay colse poi il bis, faticando peraltro parecchio contro la storica rivale Argentina: occorsero due partite per avere ragione dell'albiceleste, tra i quali emersero due futuri juventini, Luis Monti e il funambolico, inafferrabile "Mumo" Orsi.
Domenica 10 giugno 1928 è una data storica per il calcio nazionale. L'Italia conquista il suo primo alloro internazionale aggiudicandosi la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam. Avversari i sorprendenti egiziani che hanno eliminato turchi e portoghesi prima di venir esclusi dall'Argentina. In campo vengono schierati ben tre giocatori del Bologna: Pietro Genovesi, storico mediano rossoblù, Alfredo Pitto e Angelo Schiavio -- che seminerà il panico tra le file dei malcapitati egiziani --. All'inizio i nordafricani ribattono colpo su colpo agli azzurri. Riad pareggia per due volte le reti di Schiavio (6') e Baloncieri (14'). Ma una volta prese le misure i nostri non danno scampo agli avversari. L'attacco mitraglia, che si era già messo in mostra contro Francia e Spagna, firma la più larga vittoria ufficiale della storia della Nazionale. Un 11-3 trionfale determinato da tre triplette di Schiavio, Banchero e Magnozzi e da una doppietta di Baloncieri. Salendo sul gradino più basso del podio, l'Italia comincia a prendere coscienza della propria forza, dimostrandosi leader a livello europeo (britannici esclusi).
Le Olimpiadi del 1928
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[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion) ~ Lunedì 4 giugno 1928, ore 14 ]
~ ITALIA-SPAGNA 7-1 (4-0)
~ ITALIA: Combi (Juventus), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pitto (Bologna), Bernardini (Inter), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno), Levratto (Genoa)
- Commissario unico: A. Rangone.
- Commissario unico: A. Rangone.
~ SPAGNA: Jauregui, Quincoces, Zaldua, Amadeo, Gamborena (cap.), Trino, Mariscal, Cholin, Yermo, Marculeta, Robus
- Commissario tecnico: D. J. Berraondo Insausti.
- Commissario tecnico: D. J. Berraondo Insausti.
~ Arbitro: Boekman (Olanda).
[~ Reti: 14' Magnozzi, 15' Schiavio, 18' Baloncieri, 40' Bernardini, 47' Yermo, 72' Rivolta, 76' e 77' Levratto.]
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[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion) ~ Giovedì 7 giugno 1928, ore 19 ]
~ URUGUAY-ITALIA 3-2 (3-1)
~ URUGUAY: Mazzali, Canavesi, Arispe (cap.), Andrade, Fernandez, Gestido, Urdinaran, Scarone, Petrone, Cea, Campolo
- Direttore tecnico: P. Giannotti.
- Direttore tecnico: P. Giannotti.
~ ITALIA: Combi (Juventus), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pitto (Bologna), Bernardini (Inter), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno), Levratto (Genoa)
- Commmissario unico: A. Rangone.
- Commmissario unico: A. Rangone.
Arbitro: Eymers (Olanda).
[Reti: 9' Baloncieri, 17' Cea, 28' Campolo, 31' Scarone, 60' Levratto.]
[Reti: 9' Baloncieri, 17' Cea, 28' Campolo, 31' Scarone, 60' Levratto.]
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[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion)~ Domenica 10 giugno 1928 ]
~ ITALIA-EGITTO 11-3 (6-2)
~ITALIA: Combi (Juventus), Bellini (Genoa), Caligaris (Casale), Genovesi (Bologna), Bernardini (Inter), Pitto (Bologna), Baloncieri (Torino) (cap.), Banchero (Alessandria), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno), Levratto (Genoa) - Commissario unico: A. Rangone.
EGITTO: Hamdi, Abaza, Shemels, El Sauri, Hassani (cap.), Hassan, Mohammed, Ria , Ismail, Hadan, Zubeir.
~ Arbitro: Langenus (Belgio).
[~ Reti: 6' Schiavio, 12' Riad, 14' Baloncieri, Riad, 19' e 39' Banchero, 42' Schiavio, Banchero, 52' Baloncieri, 58' Schiavio, 6' Hassan, 72', 80' e 88' Magnozzi.]
[~ Reti: 6' Schiavio, 12' Riad, 14' Baloncieri, Riad, 19' e 39' Banchero, 42' Schiavio, Banchero, 52' Baloncieri, 58' Schiavio, 6' Hassan, 72', 80' e 88' Magnozzi.]
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Il numero delle nazioni partecipanti al IX torneo olimpico ad Amsterdam nel 1928 fu inferiore a quello di quattro anni prima (diciassette contro ventidue), in larga misura per il sorgere delle prime controversie in materie di dilettantismo e di professionismo. Non per questo la competizione doveva essere meno significativa. Scontata l'assenza dell'Inghilterra, le defezioni, indubbiamente gravi, di Austria, Ungheria e Cecoslovacchia furono in parte compensate dall'iscrizione della Germania e soprattutto da quella dell'Argentina. La presenza di ben tre rappresentative latino-americane (Uruguay, Argentina, Cile) conferì alla manifestazione un carattere internazionale senza precedenti, sottolineato anche dalla presenza del Messico. Si trattò di una vera e propria anticipazione del Campionato del mondo, il cui prossimo svolgimento era stato deciso proprio ad Amsterdam, prima che il torneo olimpico avessse inizio, dal congresso della FIFA: la decisione di tenere un torneo mondiale ogni quattro anni fu presa su proposta di una commissione presieduta da Jules Rimet, creata nel 1926. Gli azzurri si presentano ad Amsterdam con una squadra assai più sperimentata di quella del torneo di Parigi. L'unica assenza di rilievo è quella di Libonatti, lasciato a casa per cautelarsi contro eventuali accuse di professionismo. Nella partita di esordio, il 29 maggio, gli azzurri faticano però molto più del previsto per liquidare la Francia (4-3): sorpresi da due brucianti goal dei transalpini segnati nel giro di quattro minuti, si portano sul pareggio entro la fine del primo tempo e realizzano altre due reti nella ripresa, soffrendo poi il ritorno degli avversari. In ogni caso, gli azzurri connfermano di rappresentare la bestia nera dei francesi. Erano scesi in campo: De Prà (Genoa); Rosetta (Juventus), Caligaris (Casale); Pietroboni (Inter), Bernardini (lnter), Janni (Torino); Rivolta (lnter), Baloncieri (Torino, capitano), Banchero (Alessandria), Rossetti (Torino), Levratto (Genoa). L'avversario dei quarti, tre giorni dopo, è una Spagna resa meno temibile del solito dall'assenza di Zamora. Lo scontro, comunque durissimo, termina in parità con goal del terzino iberico Zaldua e del nostro Baloncieri. Nell'occasione, Combi era subentrato in porta a De Prà (un avvicendamento che doveva rivelarsi definitivo), Pitto aveva sostituito Bernardini nel delicato ruolo di centromediano e Schiavio aveva rilevato l'esordiente Banchero al centro dell'attacco. La partita viene ripetuta dopo tre giorni. Nella squadra azzurra gli avvicendamenti sono ridotti al minimo: rientra Bernardini al centro della mediana (e Pietroboni fa posto a Pitto), mentre a centro campo viene inserito Magnozzi in luogo di Rossetti. Gli spagnoli scelgono invece il criterio di rivoluzionare la loro formazione, ma hanno torto: gli azzurri li travolgono con un sonante 7-1, dopo aver chiuso il primo tempo già sul 4-0.
Semifinale
Per la prima volta, la Nazionale italiana giunge in semifinale in un torneo olimpico. Ma questo non era ancora tutto: essa è anche l'unica rappresentativa europea rimasta in lizza. Per capire come ciò fosse avvenuto, occorre esaminare gli altri risultaati delle eliminatorie. Le squadre sudamericane non avevano avuto problemi: l'Argentina, dopo aver passeggiato con i turisti statunitensi (11-2), aveva dato un saggio eloquente della propria forza tecnica battendo largamente (6-3) il Belgio di Raymond Braine, centravanti di valore assoluto (destinato ad una brillante carriera nello Sparta Praga); l'Uruguay, campione in carica, aveva superato i vigorosi olandesi (2-1), per poi eliminare in modo ancora più convincente (4-1) la Germania (nel turno precedente vittoriosa sulla Svizzera), in un duro inconntro che confermò non solo le doti tecniche degli uruguagi, ma anche la loro grinta agonistica, in qualche caso spinta fino al limite della provocazione: la partita si trasformò presto in una specie di rissa, con l'espulsione di due tedeschi e del capitano uruguagio Nasazzi. La quarta squadra a giungere in semifinale fu l'ineffabile Egitto, che si era avvalso di un facile primo turno contro la Turchia, ma era poi riuscito a far fuori il Portogallo. Opposti in semifinale agli argentini, gli egiziani si devono inchinare (0-6). Nell'altra semifinale, gli azzurri trovano l'Uruguay. La circostanza è storica: si tratta del primo confronto ufficiale della Nazionale italiana con una rappresentativa nazionale sudamericana. Il commissario tecnico Rangone mette in campo la stessa squadra che aveva stravinto nel secondo incontro con la Spagna. Gli azzurri si trovano in vantaggio dopo pochi minuti, grazie ad un goal di Baloncieri, ma devono subire una rimonta rabbiosa degli uruguagi, che mettendo in crisi la nostra difesa vanno a rete per tre volte tra il 17' e il 31' del primo tempo, con Cea, Campolo e Scarone. Sfortunatamente, pare che Combi si trovasse in pessima giornata. Pur messa in notevole difficoltà dalla completezza dei sudamericani, abili nel palleggio e aggressivi sull'uomo, nella ripresa l'Italia mostra notevole carattere e forza agonistica. Un goal di Levratto riapre la partita al 60', ma il risultato resta fermo sul 3-2 per l'Uruguay. L'Italia poteva almeno vantarsi di essere la sola compagine contro la quale l'Uruguay non aveva dato la sensazione di dominare. Esclusa dalla finalissima, la Nazionale termina comunque in grande stile il torneo, aggiudicandosi la finale per il 3° posto con una travolgente vittoria ai danni dell'Egitto (11-3). Nella circostanza, sono autori di una triplettta ciascuno Schiavio, Banchero e Magnozzi; gli altri due goal li segna Baloncieri. L'Italia aveva dunque conquistato il posto di prima squadra europea alle spalle delle due grandi sudamericane. La finalissima tra Argentina e Uruguay si consuma in un appassionante duplice scontro. Il primo match termina alla pari (1-1) anche dopo i tempi supplementari: il goal messo a segno da Petrone viene pareggiato da Ferreira per gli argentini.
Vince l'Uruguay
Tre giorni dopo l'Uruguay, in ragione di una migliore condizione atletica, ha la meglio di stretta misura (2-1). Si ripete in parte il motivo conduttore della partita precedente: ad una segnatura uruguagia, siglata da Figueroa, rispondono gli argentini con un gran tiro da lontano del centromediano Monti, un «duro» che aveva messo in mostra notevoli doti anche in fase di appogggio alla manovra d'attacco. A questo punto, gli argentini paiono prendere il sopravvento ed hanno le occasioni per chiudere l'incontro, ma vengono beffati da un rapido contropiede di Scarone. Come era già successo varie volte nel campionato sudamericano, gli argentini avevano mostrato maggiore fantasia ed una tecnica individuale più elevata in ogni singolo elemento, ma gli uruguagi avevano opposto una migliore disposizione tattica e un'efficace filosofia utilitaristica. Entrambe le squadre impressionarono comunque notevolmente il pubblico olandese per le raffinatissime doti tecniche dei loro giocatori, giudicate superiori a quelle degli europei: in particolare, colpì il virtuosismo degli argentini Orsi e Ferreira e degli uruguagi Andrade e Scarone. Ma dettero un inestimabile contributo agonistico e tecnico alle rispettive squadre anche uomini formidabili come Monti e Nasazzi. La formazione tipo dei campioni era la seguente: Mazzali; Nasazzi, Arispe; Andrade, Piriz, Gestido; Arremond, Scarone, Borjas, Cea, Figueroa. Della squadra vittoriosa quattro anni prima a Parigi restavano ben sei elementi (Mazzali, Nasazzi, Arispe, Andrade, Scarone, Cea). L'Uruguay aveva dunque rivinto il titolo olimpico, riaffermando quella che si può a buon diritto considerare la sua egemonia nel football internazionale degli anni venti, destinata a conoscere una nuova e autorevole conferma due anni dopo, nel primo Campionato del mondo. Ma una vera e propria supremazia del calcio sudamericano era stata nel 1928 delineata dalla prova dell'Argentina, squadra non inferiore a quella campione, come stavano del resto a testimoniare gli esiti della Coppa America, vinta dall'Uruguay nel 1924 e 1926, e dall'Argentina nel 1925 e 1927 (in tre edizioni su quattro non aveva però partecipato il Brasile, che fece la sua ultima apparizione nel 1925). La partecipazione al mondiale annunciato per il 1930, destinato a tenersi in Uruguay dopo il ritiro delle candidature di Ungheria, Italia e Spagna, non si presentava molto allettante per le rappresentative europee.
Di Alfredo Pitto
Gli uomini di Rangone raccolgono commenti ammirati dagli osservatori internazionali, sicché una grande attesa circonda il big match del 7 giugno ad Amsterdam tra Uruguay e Italia per l'accesso alla finale. La "Celeste" è quasi la stessa che ha trionfato mandando in estasi Parigi quattro anni prima. Ci sono assi patentati come il mediano destro Andrade, la "maravilla negra" di cui il grande mediano del Bologna Pitto, ammirato, dirà:
«A me è rimasto nella memoria il negro Andrade. Per più di un mese non feci che parlare di lui. Era un diavolo, non un uomo. Giocava con i calzoncini imbottiti perché sul campo faceva tuffi da portiere. Infatti, per intercettare un passaggio, si gettava a terra e strisciava con i piedi in avanti e il sedere al suolo per cinque o sei metri. Palleggiava in modo sorprendente. Sarebbe stato capace di attraversare il centro di Milano, nell'ora di punta, passandosi il pallone dal piede sinistro al destro e viceversa, tra le gente che transita e le auto che corrono, senza mai farlo battere al suolo».Gli "oriental" (così chiamati dai dirimpettai argentini perché abitano dalla parte orientale del Rio de la Plata) avevano superato 2-0 l'Olanda e poi 4-1 la Germania prima di trovare gli azzurri in semifinale. Squadra formidabile: forte, coesa, tetragona, di primissimo livello tecnico, gli uruguagi in quel preciso momento storico, erano probabilmente la squadra più forte al mondo, Inghilterra esclusa. Andrade era un grandissimo campione: abbinava alle finissime doti tecniche, da padrone della palla, una fisicità straripante tipica degli afro-americani: veloce, flessuoso, forte in elevazione. Era un assoluto punto di forza di quella "Celeste", una colonna portante alla pari di Scarone, Nasazzi e Petrone. Andrade era inoltre lo spirito libero di quella squadra: non un leader silenzioso come poteva essere Nasazzi o Lorenzo Fernández, ma sicuramente era il più eccentrico fuori dal terreno di gioco. Nato poverissimo a Salto, crebbe nel barrio di Palermo, a Montevideo. Amante della musica e dei ritmi del carnaval uruguagio, buon percussionista (tamburo) e violinista, eccellente ballerino di tango, gli venne anche attribuito un flirt con la divina Joséphine Baker, durante le Olimpiadi di Parigi del 1924. Un giocatore immenso e un personaggio da leggenda, una delle prime stelle calcistiche a livello mondiale dentro e fuori dal campo.
Le semifinali del torneo olimpico di Amsterdam vedono opposte la strana coppia Argentina -Egitto e, il giorno dopo, Uruguay-Italia. L'Argentina strapazza i nordafricani con 3 goal (a zero), per tempo, migliore in campo un mediano: Luisito Monti. L'Italia, invece, cede inopinatamente all'Uruguay. Leggiamo la cronaca dell'incontro nel racconto di Gabriel Hanot, inviato ad Amsterdam per «Le Miroir des Sports». I goal italiani sono messi a segno da Baloncieri e Levratto. Giovedì, per la prima volta dall'inizio del torneo, ad Amsterdam pioveva. Ma gli olandesi sono fortunati: nel pomeriggio il vento dell'ovest ha aperto il cielo al sole e alle 19, quando le squadre hanno fatto il loro ingresso in campo, clima e terreno erano ideali; anche il vento si era calmato. L'Uruguay non è stato eliminato dal torneo per una fortunata coincidenza, quali se ne presentano, a volte, nella storia di una squadra di calcio. La sua vittoria per 3-2 sui transalpini è dovuta alla buona sorte tanto quanto la vittoria italiana sulla Francia. L'Italia ha perso una partita che non avrebbe mai dovuto perdere. Si fosse presentata alla finale con lo spirito di quella sera, l'Argentina non avrebbe certo avuto vita facile.
Gli italiani incantano
Gli azzurri si sono accinti a giocare non solo con un incredibile spirito di corpo, tale da gettarsi in ogni mischia a testa bassa, ma con una vitalità che non si era ancora spenta al momento del fischio finale. Una meravigliosa velocità d'azione, un'ubiquità che metteva spesso nel marasma i sudamericani, un calcio di ampio respiro, una precisione assoluta nei passaggi, un dominio totale nel gioco di testa. Il solo Gestido, tra gli uruguayani, ha potuto competere alla pari nel gioco aereo. Al cospetto di tanta furia i sudamericani erano immediatamente a mal partito frustrati nella loro speranza in un incontro «blando» dopo due partite durissime sostenute con Olanda e Germania. Visto il pericolo, cercavano invano di riorganizzare le fila di un gioco efficace, di imprimere slancio alla loro andatura. Niente da fare: erano gli italiani ad imporre l'andatura, evidenziando tutti i difetti dei campioni in carica. Difetti riassumibili nella lentezza e nell'assenza di un centravanti in buona condizione di forma. Petrone, convalescente, non ha ancora ritrovato né fiato, né precisione, né potenza. I suoi movimenti sono gli stessi, ma sembrano eseguiti a vuoto, senza il sostegno di una muscolatura. Ciononostante, e con unanime stupore, il mestiere ha fatto aggio su tutto, e il risultato alla fine del primo tempo era addirittura di 3-1, per l'Uruguay. Dopo il riposo, l'Uruguay si è ripreso ed ha saputo reagire alle furiose incursioni avversarie, ma senza imporre un proprio gioco. Rapida e risoluta come la sua linea d'attacco, la difesa italiana ha saputo sbriciolare una dietro l'altra tutte le offensive degli avversari, impedendo con ardore (e a volte con sistemi poco ortodossi) ogni tiro agli attaccanti sudamericani. Un buon secondo tempo, coronato dal secondo goal azzurro. L'Italia ha perso in bellezza, meritando il plauso unanime, giusta ricompensa di uno sforzo prodigioso. Unico merito degli uruguayani, l'aver vinto.
Gli italiani magnifici d'impeto sono sconfitti dalla sfortuna
Uruguay - Italia 3-2
(Dal nostro inviato)
Amsterdam, 7 notte.
Gli italiani presenti ad Amsterdam hanno vissuto oggi una giornata di intensa passione. La colonia italiana della capitale olandese non è numerosa: conta un centinaio di persone. Ma l'attività della squadra nazionale è seguita dagli italiani all'estero con una attenzione ed un amore oltremodo intenso che in ogni prova nella quale essa si trova impegnata si dimostra con maggiore evidenza. Sono persone che arrivano stanche da qualche centinaio di chilometri, persone che magari non si intendono affatto del giuoco; ma la bandiera della Patria ha su di essi un'influenza enorme, attira ogni italiano all'estero ad assistere alle manifestazioni del nostro undici.
Dopo quello dell'incontro Uruguay - Olanda, fa questo certamente il maggiore incasso fatto sin ora nel torneo Questo pubblico che nutriva evidentemente preconcetti sul nostro reale valore tecnico, si trasformo poco a poco sino a sostenere gli italiani con calore ed entusiasmo. La squadra italiana si presentò in maglia azzurra nella formazione in cui sostenne il vittorioso incontro ultimo colla Spagna e cioè: Combi, Rosetta, Calligaris; Pitto, Bernardini e Janni; Rivolta, Baloncieri, Schiavio, Rossetti e Levratto. L'Uruguay aveva modificato ancora la sua formazione da quella annunziata ieri, rinunziando ad allineare il negro Andrade come terzino. Andrade stesso compariva quindi nel suo antico posto, quello di mediano destro, mentre il posto dello squalificato Nasazzi veniva preso dal nuovo terzino Canavesi. La squadra presentava quindi il seguente aspetto: Mazali; Canavesi e Arispe; Andrade, Fernandez, Gestido; Urdinarán, Scarone, Petrone, Cea e Campolo. Arbitro l'olandese Eymers. I due capitani delle squadre. Baloncieri per l'Italia ed Arispe per l'Uruguay, a differenza di quanto sinora era avvenuto durante il torneo, si scambiarono mazzi di fiori prima dell'inizio della gara. L'Uruguay ha invaso la nostra metà campo non appena l'arbitro ebbe dato il segnale d'inizio. Due minuti di giuoco incerto, poi gli italiani partivano a loro volta per il primo attacco, che veniva fermato dal negro Andrade. Le azioni hanno un carattere calmo in questi primi minuti e le due squadre danno l'impressione chi si stiano studiando prima di lanciarsi a fondo. Intanto Mazali, il portiere uruguayano, tocca la palla prima del suo collega italiano. L'arbitro pure ha l'aria di studiare con precauzione i due contendenti e distribuisce generosamente punizioni su punizioni.
Verso l'ottavo minuto gli italiani scattano energicamente decisi, e Levratto centra. Baloncieri passa a Schiavio. Il bolognese sferra un tiro che colpisce in pieno il palo trasversale. Il contrattacco uruguayano viene arrestato da Janni con uno di quegli scatti di energia che sono caratteristici nel torinese. Battuto l'avversario, Janni stesso passa la palla al centro Schiavio, il quale piomba come una catapulta sulla difesa uruguayana che è imbarazzata. Mentre i terzini ed i mediani americani sono l'uno sull'altro a catafascio, Baloncieri viene a trovarsi libero a pochi passi dalla porta. Egli, con un tiro prepotente, infila l'angolo basso della rete sulla destra di Mazali. L'Italia comanda per uno e zero. Scene di entusiasmo delirante la campo azzurro. I nostri sono incitati ad altissima voce. Siamo al nono minuto di giuoco. I nostri non si fermano, e Rivolta fugge a Gestido e centra. La difesa uruguayana è nuovamente travolta. Magnozzi viene a trovarsi solo davanti alla porta sguarnita in eccellente posizione di tiro. Ma il livornese esita di quel tanto che basta perchè il negro Andrade si precipiti sulla linea del suo tiro e devii, un po' con la mano ed un po' con il petto, la palla per un calcio d'angolo. L'arbitro non concede il calcio d'angolo che i nostri reclamano vivamente. L'Uruguay comincia ora a reagire. Il primo effetto è dato da un tiro alto di Petrone che in piena corsa ha ripreso un allungo dell'ala sinistra Campolo. Levratto e Magnozzi tornano subito a portare l'azione nelle vicinanze di Mazali. Magnozzi lo impegna con un tiro da lontano. Ma l'Uruguay riprende, e improvvisamente segna. Segna nel modo per noi più sconcertante che si possa concepire.
L'Uruguay pareggia di fortuna
L'azione si è svolta ben lontano dalla porta nostra. Canavesi è impegnato in un duello con Pitto. Visto che non può avanzare da solo l'ala sinistra passa alla sua mezza ala, Cea, che se ne sta smarcata a qualche passo di distanza. Cea avanza di alcuni metri poi di colpo spara in porta col piede destro. Combi si trova a posto. La palla pare avviarsi verso la linea di fondo, sulla sinistra defila porta; poi, improvvisamente, risentendo l'effetto impressole dal piede di Cea, ed a causa del vento, va a finire nell'angolo alto della rete. E' un pareggio che lascia male. I nostri però superano facilmente la sgradita sorpresa. Levratto giunge subito in posizione favorevole e tira. La cannonata va a finire a lato. Gli Uruguayani sentono evidentemente che la partita prende una piega diversa da quella che prevedevano, e, alla prima occasione in cui giungono a tirare, caricano Combi in modo violento. Al 28.o i nostri avversari sono nuovamente lanciati. Dalla destra la palla viene passata all'ala sinistra completamente libera. Campolo non esita, per quanto non si trovi in posizione favorevole. Il tiro prende di mira l'angolo alto della porta, come quello precedente di Cea; la palla picchia sul palo laterale e rimbalza volentemente nella rete. Il tiro era questa volta ben difficile da parare. Cosi il vantaggio è per noi sfumato. La battaglia ha fasi cosi drammatiche che riesce a trascinare lo stesso freddo pubblico olandese. L'Uruguay è ora lanciato. Al 32.o minuto Andrade effettua un tiro di punizione per un fallo di mano di un azzurro. Scarone si impadronisce della palla, scavalca un avversario, ne scarta un altro e lancia un tiro in porta che va a finire come una freccia in fondo alla rete sulla destra di Combi. Magnifico punto; il migliore della giornata e uno dei più classici che si siano visti finora nel torneo. In meno di venti minuti l'Italia passa così dalla posizione di vincente per uno a zero a quella di perdente per uno a tre.
Predominio italiano
Qualunque altra unità si sarebbe disunita, se non addirittura scoraggiata o sconvolta davanti a questo andamento disgraziato della battaglia. Gli azzurri no. Essi la riprendono con un animo che li porta subito a ottenere un calcio d'angolo. La calma iniziale è scomparsa, e il giuoco si è fatto ora velocissimo. Magnozzi resta a terra contuso per qualche minuto. Quando il giuoco riprende, l'Uruguay detta un'azione magistrale, che Petrone corona colpendo a palo. Gli americani permangono nella nostra area di rigore per qualche tempo e due attaccanti si intralciano a vicenda, fortunatamente per noi, poiché danno cosi tempo alle nostra difesa di liberare. Gli ultimi minuti del primo tempo segnano un netto predominio italiano. Baloncieri dirige un'avanzata che conduce in un calcio d'angolo. Poi Rivolta su un secondo calcio d'angolo colpisce il palo. Il piede di Schiavio, infine, trova un ostacolo nell'istante preciso in cui sta per sferrare il tiro. Andrade, il negro che ha il dono dell'ubiquità, libera ancora, ma soltanto per vedere gli italiani piombare sulla difesa uruguayana con energia rinnovata. Stavolta i due terzini si trovano piazzati lontano l'uno dall'altro e Andrade tagliato fuori dall'azione. Schiavio vede il varco aperto nel sistema difensivo avversario, e lancia in esso Baloncieri con un magnifico passaggio. L'attaccante del « Torino » avanza e mira decisamente all'angolo. Ma con un balzo felino Mazali salva la sua rocca dalla capitolazione, deviando a lato. Sul seguito di questa azione e sulla intensa emozione che essa lascia nel pubblico, l'arbitro manda le due squadre negli spogliatoi, per il riposo di metà tampo.
Gli Azzurri segnano nel 2.o tempo
I primi minuti della ripresa sono favorevoli all'Uruguay, che ottiene due calci, d'angolo consecutivi, uno dei quali per un pallone malamente e pericolosamente deviato da un « azzurro ». Gli italiani si liberano però presto da questo assedio, e allora è la volta della rocca degli uruguayani ad essere fatta oggetto di una lunga pressione. Levratto viene lanciato da Magnozzi in modo tale che Andrade, il negro terribile, non riesce a salvarsi che a costo di un calcio d'angolo. I calci d'angolo, numerosi in questo incontro, sono un indice palese del carattere accanitissimo della lotta e del tipo di difficoltà terribili in cui si trovano ad ogni istante impepegnate le due difese. Mazali è occupatissimo e in due, tre, quattro occasioni consecutive non riesce che a liberare con il pugno, e con ogni stento. Il giuoco,pur senza diventare violento, si fa duro in questo momento, e Caligaris ne subisce le conseguenze, rimanendo a terra per un forte calcio al piede destro. Al 15.o minuto gli italiani tornano a ballare in modo pericoloso davanti alla porta uruguayana. La palla giunge dal lato destro, alta sul centro, dove il solo terzino destro Canavesi si trova a far fronte a due o tre uomini nostri. Di testa in testa l'azione si sposta sulla sinistra. Qui Levratto e Andrade saltano contemporaneamente, ed il vadese spedisce con il capo verso il lontano angolo della rete. Mazali salta, ferma, poi fa bruschi movimenti per scappare e contemporaneamente per evitare Schiavio che gli giunge addosso come un treno diretto, si lascia sfuggire dalle mani dietro le spalle la palla, che va a finire nella rete. Tre a due. Lo svantaggio italiano è ridotto! Quello che avviene dopo questo punto non può essere descritto minutamente. E' una battaglia formidabile da parte degli italiani, per colmare anche il piccolo svantaggio che rimane e da parte degli americani per allontanare lo spettro che si presenta del pareggio ed eventualmente della sconfitta. Il pubblico prende vivamente parte alle azioni, ed incita a grande voce la squadra italiana che gode tutti i suoi favori. Un tiro di una violenza inusitata effettuato da Canavesi su calcio di punizione, dà modo a Combi di effettuare una magnifica parata. Il giuoco ha carattere apertissimo. Prima è Rivolta che ottiene un calcio d'angolo, poi è Petrone che avanza decisamente e che viene fermato per fuori-giuoco, mentre sta assestandosi il pallone per filare via tutto solo. Andrade, il migliore uomo della squadra americana, riesce a stento a fermare Levratto e Schiavio ogni volta che essi partono all'attacco sulla sinistra.
Gli italiani tra il pubblico
Ad Amsterdam si trovano, oltre ai nostri connazionali qui residenti, 200 italiani giunti con una carovana organizzata da un giornale milanese, mentre parecchi automobilisti venuti ad Amsterdam per il raid organizzato da un periodico di Bologna, parecchi giorni or sono, hanno finito per rimanere sul posto, vedendo che la squadra marciava magnificamente. Tutti questi italiani hanno fatto ressa da stamane davanti alla sede della nostra nazionale, sita nel centro della citta. A gettare l'incendio dell'entusiasmo tra i sostenitori dei nostri colori, era giunta improvvisamente la vittoria a punteggio elevato acciuffata nella ripetizione della prova contro gli spagnuoli. Del risultato della gara di oggi si parlava con una certa timidità, quasi sottovoce, come si fosse soggiogati del valore dell'avversario che ci stava incontro. Aveva piovuto forte tutta la mattinata e si sperava che il terreno pesante mettesse gli azzurri in certo qual modo in condizioni favorevoli rispetto agli avversari. Verso le 5 del pomeriggio, viceversa, il vento si levava, cacciava le nuvole ed il cielo tornava sereno. Cosi, quando le squadre scendevano in campo, il terreno di giuoco si presentava in ottime condizioni. Il pubblico, esiguo all'inizio, aumentò gradatamente sino a formare una massa di una trentina di mila di persone circa.
Ad Amsterdam si trovano, oltre ai nostri connazionali qui residenti, 200 italiani giunti con una carovana organizzata da un giornale milanese, mentre parecchi automobilisti venuti ad Amsterdam per il raid organizzato da un periodico di Bologna, parecchi giorni or sono, hanno finito per rimanere sul posto, vedendo che la squadra marciava magnificamente. Tutti questi italiani hanno fatto ressa da stamane davanti alla sede della nostra nazionale, sita nel centro della citta. A gettare l'incendio dell'entusiasmo tra i sostenitori dei nostri colori, era giunta improvvisamente la vittoria a punteggio elevato acciuffata nella ripetizione della prova contro gli spagnuoli. Del risultato della gara di oggi si parlava con una certa timidità, quasi sottovoce, come si fosse soggiogati del valore dell'avversario che ci stava incontro. Aveva piovuto forte tutta la mattinata e si sperava che il terreno pesante mettesse gli azzurri in certo qual modo in condizioni favorevoli rispetto agli avversari. Verso le 5 del pomeriggio, viceversa, il vento si levava, cacciava le nuvole ed il cielo tornava sereno. Cosi, quando le squadre scendevano in campo, il terreno di giuoco si presentava in ottime condizioni. Il pubblico, esiguo all'inizio, aumentò gradatamente sino a formare una massa di una trentina di mila di persone circa.
Le squadre
Gli azzurri segnano per primi
L'Uruguay pareggia di fortuna
Gli uruguayani terminano stanchissimi
Schiavio, che è particolarmente tenuto d'occhio dalla difesa americana, viene duramente colpito ed ha bisogno delle cure del massaggiatore per riprendere il combattimento. Bernardini si aggiunge agli attaccanti: il romano manca per un nonnulla il bersaglio, a seguito di un tiro alto effettuato in piena corsa. L'Uruguay, quando avanza, inscena delle azioni che hanno del meraviglioso per la calma e la precisione nonché per la fine tecnica spiegata in questa bufera. Ma la difesa italiana non cede; non solo, essa appoggia l'offensiva con un'energia degna di nota. Due calci di punizione per falli commessi contro Baloncieri e Levratto avvengono poco dopo. Due tiri di Rosetta e di Calligaris mettono in serio pericolo la difesa uruguayana, che si salva ambedue le volle con somma difficoltà. Gli italiani sono più freschi degli avversari, ora che l'incontro sta morendo. Essi sono certamente più combattivi e pericolosi. Ogni loro azione è seguita dagli incoraggiamenti più ardenti di tutto il pubblico. La folla pare che abbia abbandonato totalmente gli americani a favore degli italiani. La fine giunge però senza che quel pareggio che sarebbe stato pienamente meritato possa essere raggiunto. Una lunga partita, la più emozionante cui si sia assistito sinora nelle Olimpiadi. Il pubblico ed i competenti davano gli italiani come nettamente battuti prima di combattere. Il pubblico stesso fu conquistato viceversa dallo spettacolo di coraggio e di tecnica offerto dai nostri rappresentanti. Dopo la scialba e scadente prova fatta nei due primi incontri con la Francia e con la Spagna questa gara rappresenta un vero balzo in avanti, un autentico salto all'altezza massima che gli azzurri possono raggiungere in fatto di tecnica e di coraggio. La squadra ha ritrovato oggi di colpo se stessa. Essa scombussolò la meravigliosa unità che aveva fatto un boccone solo dell'Olanda della Germania e per nulla sconvolta dal valore eccelso di coloro che si trovavano di fronte si elevò all'altezza della situazione, si adattò all'alto livello tecnico del giuoco, si impose. La possibilità di un lungo commento tecnico della partita va escluso data l'ora tarda in cui la prova ebbe termine: le 21. Gli elementi tutti della squadra vanno accomunati nell'elogio pel contegno tecnico in campo. Alcuni uomini che maggiori deficienze di forma avevano mostrato sinora, si trovavano oggi in ottime condizioni. I seguaci della squadra che vinse le Olimpiadi di Parigi del 1924 subirono oggi una fiera emozione. Tanta fu la facilità con cui gli americani eliminarono i loro precedenti ed agguerriti avversari nel torneo, come fu la difficoltà colla quale vinsero oggi con l'Italia.
Andrade il migliore degli uruguagi
La fortuna è uno di quegli elementi imponderabili che hanno sommo peso nel risultato di una partita. Essa non fece certo sentire oggi il suo peso nella bilancia a favore degli italiani. Gli uruguayani ebbero in Andrade il loro uomo migliore. Questo negro, dai movimenti dinoccolati e dalla mobilità portentosa, fu una rocca in difesa e trovò il tempo di fornire eccellenti occasioni di attacco per i suoi avanti, i quali funzionarono soltanto a tratti ed a strappi, quando cioè la cosa fu loro permessa dagli avversari. O brillarono di luce vivissima, o si oscurarono del tutto. Evidentemente la difficoltà del problema da affrontare si è presentata ad essi nel momento del combattimento, in forma e in proporzioni per cui non erano preparati. L'estrema difesa ebbe un pomeriggio dei più movimentati della sua storia. Essa non ama evidentemente le situazioni cui davano luogo i palloni alti che le nostre ali e i nostri mediani facevano piovere sulla sua area di rigore. Essa non dimenticherà tanto presto l'incontro che qualificò l'Uruguay alle finali di queste olimpiadi. L'entusiasmo cui ha dato luogo la partita fra i nostri connazionali è indescrivibile. All'ora in cui scriviamo, l'albergo è letteralmente Invaso da una folla che assedia calciatori e dirigenti e che ha improvvisato una calorosa dimostrazione alla squadra. L'on. Ferretti ha dovuto presentarsi al balcone dell'albergo e pronunziare alcune parole di ringraziamento agli azzurri e ai loro appassionati sostenitori, e di omaggio allo sport e al Duce.
Caloroso elogio francese alla squadra italiana
Parigi, 7, notte.
L'inviato speciale dell'Excelsior e del Miroir des Sport, signor Hanot, critico di football, circa il match giuocato oggi fra l'Italia e l'Uruguay ha parole oltremodo lusinghiere per i calciatori transalpini. Egli cosi si esprime: « Raramente si è visto ad Amsterdam un match cosi contrariato dal destino come quello di oggi, in cui gli italiani furono sfortunati soprattutto nel pruno tempo. E' stata l'Italia che ha marcato il primo goal; ma essa avrebbe dovuto avere almeno altri due punti al suo attivo prima che l'Uruguay ne avesse uno. Come pure il calcio di Cea non meritava di entrare nella porta italiana. Ma i sudamericani, indolenti e sicuri di se stessi come non sarebbe permesso di esserlo, avevano questa sera la fortuna dalla loro parte. Essi hanno fatto quattro buoni calci nel primo tempo: tre — quelli di Cea, Campolo e Scarone — andarono in fondo alla rete, soltanto il quarto, dovuto a Petrone, urtò la sbarra e rientrò in giuoco. « Questo permise agli italiani, ad onta della contraria fortuna, di fornire una performance che merita i più vivi elogi e che può essere comparata a quella del Belgio davanti all'Argentina. Una foga, una decisione, una perfetta difensiva, un vigore atletico, una superiorità irresistibile e che, per contrasto, faceva rassomigliare gli uruguayani a cacciatori riflessivi certamente, ma lenti nella corsa e deboli di gambe. Se gli dei, invece di favorire i sud-americani, fossero semplicemente stati equi, l'Italia nel primo tempo avrebbe avuto almeno il risultato di tre goals a uno. La ricompensa è venuta agli italiani nel secondo tempo, quando, dopo numerosi attacchi, ad un colpo di testa di Levratto il portiere uruguaiano Mazali lasciò penetrare nella sua rete il pallone che egli teneva nella mano e col quale volle evitare l'avversario. « L'agitazione raggiunse allora il suo colmo e la folla incoraggiava secondo l'abitudine, la squadra in ritardo. Gli uruguayani furono impressionati da questo clamore. Tuttavia essi si mostrarono molte più aggressivi che durante i primi 45 minuti. Si impadronirono della direzione del giuoco e gli italiani si trovarono in una situazione estremamente pericolosa. La sconfitta è stata estremamente gloriosa per gli italiani. Gli uruguayani hanno riportato una vittoria di Pirro. In ogni caso, essi hanno finito questa sera estremamente stanchi per i loro tre matchs contro l'Olanda, la Germania e l'Italia. Noi sapremo certamente domenica prossima se essi sono capaci di rivaleggiare con la compagine argentina. D'un sol colpo i calciatori di Buenos Aires sono diventati i favoriti del torneo olimpionico del 1928».
Il torneo di calcio ad Amsterdam
di VITTORIO POZZO
Quando l'Uruguay vinse nel 1924 il Torneo olimpionico di Parigi, gli ambienti sportivi della vecchia Europa andarono a suqquadro per la sorpresa e l'emozione. Si stava discutendo fra di noi a quell'epoca sul gioco latino e sul gioco nordico, sulle probabilità di vittoria della Spagna o della Svezia, dell'Italia o dell'Ungheria, sul brio e sul temperamento del Sud e sulla calma e sulla precisione del Nord. Secondo i critici presenti a Parigi, il titolo di Campione del mondo avrebbe dovuto venir disputato fra Cecoslovacchia, Ungheria, Spagna e Belgio. La tecnica del giuoco pareva assicurata in esclusività al vecchio Continente. Si permetteva bensì ai paesi ultraoceanici di dedicarsi a quello che era un giuoco nostro, ma non si sospettava nemmeno lontanamente che essi avrebbero spinto le cose fino al punto di minare la nostra supremazia. Eravamo troppo occupati a disputare tra di noi per pensare a quello che doveva avvenire. L'Uruguay piombò nella mischia come un colpo di fulmine, e mise tutti d'accordo tutti schiacciando sotto il peso della sua classe superiore. Ricordo una scenetta tipica avvenuta in occasione della prima prova combattuta dai Sud-americani a Parigi. L'avversario era dato dalla Jugoslavia. Al mattino della gara incontrai per caso il centroavanti della squadra serbo-croata, Perska, un giuocatore di professione giornalista. Non avrebbe giuocato nel pomeriggio, stava a riposo assieme ad alcuni dei migliori per non logorar le forze della compagine innanzi tempo. L'Uruguay vinse per sette a zero, gettando l'apprensione fra tutti i presenti. Ritrovai il buon Perska all'uscita dallo Stadio. Mi lesse sul viso la domanda che, se formulata, sarebbe stata troppo ironica; fece un gesto di saluto in tono mesto e sconsolato e disparve tra la folla. Nella sua tranquilla sicurezza dapprima, e nella sua sbigottita sorpresa in seguito, il giuocatore jugoslavo rapppresentava in quel momento tutto il calcio europeo. Tanto inaspettata era l'affermazione dei Sud-americani ! Diciamo la verità: una affermazione così chiara, così sonora e così convincente non era attesa nemmeno in America. Essa sorprese a Montevideo come a Parigi. La squadra era entrata nel torneo in modo dimesso, come incerta di sè stessa. Aveva classe, ma non lo sapeva. Per lo meno, le mancavano i punti di riferimento per saperlo. La prima battaglia vittoriosa contro la Jugoslavia le servì come da rivelazione: rischiarò l'orizzonte. Da essa la magnifica compagine attinse fede ed ispirazione: partì decisa e non si fermò più. Non si fermò nemmeno ad Amsterdam.
Ha vinto la squadra migliore
Le Olimpiadi del 1928 hanno visto infatti la vittoria della squadra migliore. La fisionomia dell'undici è mutata alquanto dal 1924, e diverso è il suo comportamenlo in gara. Qualche uomo non si trovava ad Amsterdam in buone condizioni fisiche, vedi Petrone, qualche altro pare diventato più lento, Scarone ad esempio, e taluno fra i nuovi elementi fa rimpiangere gli anziani, Campolo al posto di Romano per non citarne che uno. Ma quando si esamina il lavoro degli Uruguayani ad Amsterdam lo si confronta con quello eseguito a Parigi, una considerazione è do-veroso anteporre. Il compito fu in Olanda ben più difficile che in Francia. Nel 1924, i calciatori di Montevideo dovettero, per conquistare il titolo, incontrare la Jugoslavia, che non aveva consistenza, gli Stati Uniti del Nord America, che erano ai loro primissimi passi, in fatto di incontri intemazionali, l'Olanda, che fuori di casa perde il cinquanta per cento del proprio valore, e la Svizzera che non era a quell'epoca una squadra di strenui combattenti. Ad Amsterdam, la sorte attese al varco la squadra campione, e disseminò sulla sua via una serie di ostacoli che parevano altrettanti trabocchetti. Prima l'Olanda in casa propria, l'Olanda che organizzava il torneo e che non aveva alcun desiderio di vedersi battuta davanti al proprio pubblico e fin dalla prima prova. Poi la Germania, la squadra più temuta fra quelle presenti, l'unità dal viso arcigno e dalla preparazione di ferro, la compagine che lottava per il Reich e che non poteva perdere. Indi l'Italia, la più veloce e la più tecnica fra le rappresentanze europee convenute alle Olimpiadi, l‘undici che quando è lanciato ha la capacità di debellare l'avversario più agguerrito di questo mondo. Ed infine l'Argentina, il vicino di casa, il rivale con cui una vertenza sorta sul Rio de la Plata era da risolvere. Certo che chi ricorda il torneo di Parigi, non può cancellare dalla memoria la condotta di giuoco veloce, spigliata, briosa dell'Uruguay. Là si trattava di conquistare una posizione ed un titolo. Qui invece occorreva difendere l'uno e l'altro. Questo va tenuto presente. ll comportamento dei Campioni ad Amsterdam fu quello di una squadra che giuoca con un piano tattico prestabilito, che misura le proprie forze, che studia l'avversario. L'undici faceva l'impressione di un pugilista che, più che stravincere, si preoccupasse di mantenere una guardia bassa e chiusa atta ad evitare sorprese. La prima mezz'ora di ogni incontro, veniva dedicata allo studio di colui che si trovava di fronte. La vera misura del valore dell'unità non veniva data che nella ripresa.
La classe di Andrade
Ma l'atteggiamento prudente e guardingo non veniva abbandonato mai. Se Mazali doveva uscire dalla porta, immediatmente un terzino prendeva il suo posto tra i pali. Se l'avversario attaccava, le due mezze ali eran pronte a dare aiuto ai mediani. Se uno dei terzini doveva impegnarsi a corpo perso, il mediano laterale immantinente accorreva a ricostituir la linea di difesa rimasta sguarnita. Fu in questa tattica che emerse Andrade. Fu in questo modo che il negro impedi a Magnozzi di segnare per l'Italia nel primo tempo di quella che doveva essere la più bella partila di tutto il torneo. Battuto il terzino, spuntava il mediano: l'ultima trincea difensiva veniva di colpo ogni volta ricostituita. L'Uruguay giuocò tutto il torneo con grande intelligenza. E‘ la squadra matura ed esperta, che cerca di non strafare, che non perde la calma nella bufera, che guata con calma il rnomento favorevole per sferrare il suo colpo. L'attacco scatenato dagli Azzurri nel famoso incontro ebbe la violenza di un uragano. Fu la prova più dura affrontata dall'Uruguay nella grande competizione. La difesa di Mazali, di Arispe e di Andrade non si disunì nemmeno al confronto di essa. La calma dei forti era quella. A Parigi brillava di più l'individuo. Ad Amsterdam fu la squadra, nella sua compattezza, nella sua coesione, nella sua saldezza granitica, che si impose, la squadra che è giunta a quel periodo di efficacia, in cui il singolo scompare per amor dell'assieme.
Argentina inferiore all'Uruguay
Appunto se si tien presente questa meravigliosa fusione e questa ferrea consistenza della squadra dell'Uruguay, occorre riconoscere che l'opera dell'Argentina va collocata ad Amsterdam ad un livello inferiore. L'attacco è eccellente: e forse più veloce e più brillante di quello dell'Uruguay. La prima fila uruguayana non è, se si vuol fare un raffronto, di una velocità spettacolosa. Raffinandosi ha rallentato il ritmo della sua attività. Slancio e precisione non van tanto d'accordo tra di loro. I campioni, ad esempio, non avevano attaccante alcuno della velocità dell'ala sinistra Orsi o dell'impeto della mezz'ala destra Tarasconi. Dove la differenza fra le due unità emergeva netta, era nella difesa. A considerare la squadra argentina come un lottatore, essa si presentava scoperta ed indifesa quasi ogni volta che sferrava un colpo all'avversario. Attaccando non pensava più a difendersi. Non prevedeva reazioni. Larghi varchi rimanevano aperti fra Bidoglio e Paternoster. Non v'era prontezza nè ordine nel bloccar la propria rocca, nel costruire improvvisamenle di fronte all'avversario che irrompe una barriera salda ed impenetrabile. Non esisteva al proposito una intesa raffinata fra mediani e terzini. Ma il punto sul quale gli Argentini sono all'altezza degli Uruguayani, è quello delle doti tecniche dei singoli giuocatori. Montevideo e Buenos Aires camminano di pari passo, sotto questo aspetto. Padronanza della palla spettacolosa: non la lotta per fermare o comandare un oggetto inafferrabile, ma un tocco solo che dà il completo dominio. Rapidità di movimenti: non la velocità su trenta o quaranta metri come viene tante volte intesa fra le squadre europee, ma lo scatto che fa partire il giuocatore come proiettato da una molla, lo scatto che fa guadagnare due metri sui primi dieci che si fanno in corsa. ll giuoco di testa: non il colpo di sotto in su che imprime una parabola alla palla, ma il colpo che tende a portar subito il giuoco a terra, alla sua sede naturale. ll palleggio: non la cannonata che fa cinquanta metri, ma il guizzo per cui la palla, sia nel passaggio al compagno come nel tiro in porta, percorre un breve spazio come un lampo e poi s'affloscia di colpo come se avesse esaurito il suo compito. E‘ una classe a sè quella dei giuocatori del Rio de la Plata. Freschezza di movenze, spontaneità di comportamento, varietà di giuoco, praticita di atteggiamenti. Una classe di fronte alla quale occorre inchinarsi.
L'Italia si batte alla pari contro gli assi del Sud America
Una classe, però, che non abbagliò nè sconcertò i calciatori d'Italia nell'incontro che essi sostennero con la squadra campione. Quasi a dimostrare che il materiale di cui erano composte le squadre americane che brillavano di così viva luce al torneo, era, in fondo, della stessa natura e della stessa origine del nostro, gli Azzurri compresero ed adottarono l'elevato linguaggio tecnico degli avversari non appena furono ad essi contrapposti. Complessivamente, la nostra azione contro gli Uruguayani tradiva lo sforzo e rivelava la tensione nervosa. E’ vero. Mancava a noi la calma e serena visione della situazione che l'avversario, più evoluto in materia, conservava pur nell‘imperversare della lotta. L'Italia giuocava ogni sua carta quel giorno. Era entrata in campo per dar battaglia e attaccava senza pensare ad altro e gettando tutto il peso del suo spirito aggressivo sulla bilancia: era tutta assorta nel suo sogno di battere i Campioni. Ma quello che spiccò netto quel giorno fu l'identità di classe e di temperamento di alcuni, di molti uomini nostri con gli Uruguayani. Rosetta, ad esempio. Il nostro terzino destro diede prova di un senso della posizione, di una prontezza di intuito, di una abilità nel districarsi da situazioni ingarbugliate, di una sicurezza di rimando, da impressionare il piccolo esercito di tecnici presenti alle Olimpiadi. Janni, per citare un mediano. Nel secondo tempo, egli si comportava con lo stesso brio, con la stessa intelligenza, con la stessa portentosa mobilità di Andrade. Faceva le stesse finte, sorgeva in difesa ugualmente al momento critico, si destreggiava con la stessa abilità e con lo stesso occhio acuto per lanciare i suoi attaccanti, per crear loro situazioni favorevoli, per ideare delle avanzate. Allo stesso riguardo Bernardini giganteggia in mezzo al campo per tutta la ripresa. E’ caratteristica aegli uomini di classe l'attitudine a giuocar tanto meglio quanto più elevato e il valore degli avversari. E sotto questo aspetto, l'incontro Italia-Uruguay fu la conferma più sonora e più convincente che si potesse desiderare della bontà del materiale nostro in fatto di giuucatori, e delle straordinarie possibilità dell'Italia in questo sport. Il torneo di Amsterdam ha visto una squadra sola europea classificata nelle semifinali: quella dell'Italia. Va detto nei termini più chiari che l'italia meritava pienamente questo onore. Delle squadre europee presenti la sua era la migliore sotto ogni aspetto. La Svizzera è in piena crisi. Tramontata la generazione di giuocatori che tanto alto portò il suo nome a Parigi, essa non ha trovato nei giovani di che formare una squadra degna del suo nome. Ha trovato un portiere: Séchchaye. Un po’ poco in realtà. Ed una crisi di dirigenti mina, assieme a quella dei giuocatori, l'esistenza dello sport della palla rotonda nella vicina Confederazione. L'unità fu regolarmente battuta dalla Germania e scomparve subito dalla lotta. La Jugoslavia. Battuta dalla Nazionale B dell'Austria alcuni giorni prima delle Olimpiadi, non intendeva presentarsi ad Amsterdam. Si decise all'ultimo momento e fu eliminata dal Portogallo al primo girone. La squadra non ha coesione morale. E' rosa dalla discordia e sussulta tutta come in balia a passioni e correnti contrastanti. Deve pensare a vincere se stessa, prima di poter vincere avversari esterni. La Spagna ha pagato il suo tributo al Regolamento. I suoi uomini migliori rimasero a casa. Di elementi della vecchia guardia, due soli erano presenti: il terzino Vallana ed il mediano Gamborena. ll primo era in condizioni tali che fu messo a riposo d'autorità dopo la gara col Messico. Ed il secondo è l'ombra del grande centro mediano che fu. A parte ciò, la Spagna e in declino. Ha raggiunto il suo livello massimo quattro anni or sono a Parigi. E da allora sta calando gradatamente di tono. Chi sale al posto suo, è il Portogallo. Sale a grandi passi. Ad Amsterdam sconfisse il Clle per quattro a due, eliminò la Jugoslavia per due a uno, e fu battuto dall'Egitto per uno a due. Cadde vittima dell'orgasmo che pervase la squadra di fronte ad un'unità che non era tecnicamente forte, rna che possedeva in ancor più elevata misura quelle doti di velocità di cui i portoghesi si credevan campioni. Contro una squadra di vera consistenza tecnica, sugli erbosi e soffici terreni olandesi, il Portogallo non avrebbe comunque potuto reggere a lungo nel torneo. ll Lussemburgo. Non aveva, come non ha mai avuto, pretesa alcuna. La sua fu la parte dell'umile e della convinta comparsa. Servì a qualificare il Belgio per i quarti di finale. La Francia allineò una squadra di valore superiore all'aspettativa. lniziò la partita contro di noi con un tono che lasciò i nostri come esterefatti. Poi di colpo si accasciò, e non resse alla reazione nostra. La prima linea è temibilissima. Ma la squadra è priva di resistenza, di volontà e di fuoco sacro. L‘Olanda giuocava in casa propria. Per non soccombere all'Uruguay combatté una battaglia eroica. La difesa, col vecchio Denis è pur sempre salda. Ma il rimanente della squadra non ha giuoco. La sua attività è del tipo che gli inglesi definiscono col termine: « kick and rush ». Palla avanti e tutti dietro di gran corsa. Un'altra squadra si batteva alle porte di casa sua: quella del Belgio. Il calcio belga accenna solo ora ad uscire da un periodo di lungo ed intenso travaglio, che ha travolto quanto di tecnico e di scientifico il piccolo Stato possedeva in fatto di giuoco e di giuocatori. L‘undici riuscì per un momento a far perdere la tramontana aIl'Argentina: poi si fermò e si confessò vinto. Rimane la Germania. La sua era in realtà una unità forte di preparazione e di tecnica. l due terzini costituivano un baluardo che incuteva rispetto, tanto eran duri, saldi, angolosi. L'attacco aveva rinnovato completamente i suoi quadri e possedeva tutti elementi giovani e veloci. La linea mediana conservava invece giuocatori già provati, con al centro l'anziano Kalb. Il corpo di questa unità era sano e forte: la testa, il capo aveva la vista corta. La capacità di imprimere ai propri atteggiamenti quel particolare tono che il momento psicologico ogni volta comporta mancava totalmente a questa rappresentanza, che pur aveva apertamente conferito un valore di propaganda nazionale alla sua partecipazione alle Olimpiadi. La squadra non sapeva perdere. Tenne una condotta tale che tutto, anche l'alto valore tecnica dei suoi uomini, naufragò sotto l'impressione morale sgradevolissima lasciata dall'incontro suo con l'Uruguay. L'Italia fu quindi ben degna di rappresentare la vecchia Europa di fronte all'offensiva dell'America latina. Ne fu degna, intendiamoci, non per la debolezza delle sue rivali del continente, ma per il valore suo intrinseco. Conta l'Italia nelle sue file al momento attuale tutta una schiera di uomini sulla cui attività sta scritta a caratteri cubitali la parola « classe ». Uomini che posseggono doti fisiche quant'altri ne può possedere, — ne fecero l'esperienza gli Egiziani che, impostato l'incontro sulla velocità pura, furono in fatto di velocità nettamente stroncati — e che conoscono le finezze del giuoco come i maestri soli le conoscono — lo sa l‘Uruguay che, quando risorse alla sua perfezione stilistica per batterci, si trovò di fronte giuocatori che comprendevano il suo linguaggio tecnico e con gli slessi termini gli rispondevano. ln una competizione in cui ogni altra unità europea presente crollò rumorosamente ad un certo punto, l'Italia sala si erse a difesa dei colori del vecchio continente: e li difese nel modo più strenuo e più vigoroso. E‘ maturità tecnica autentica quella dei nostri giuocatori. Maturità che può e deve in un prossimo avvenire portar i colori Italiani ai più alti successi, come li ha meritatamente portati all'onore del pennone dello Stadio Olimpionico di Amsterdam.
Da "El Mundo Deportivo"
Edición del venerdì 8 giugno de 1928.
Uruguay batió a Italia por 3 a 2, en un partido que resultó de gran emoción en el segundo tiempo
El equipo italiano, por su magnifica reacción en el segundo tiempo mantuvo la indecisión sobre er resultato hasta el último istante
de J.L. Lasplasas
Estadio de Amberes, 7 (por telégrafo, de nuestro redactor enviado). - Ante mucho público, atraído por la belleza del juego uruguayo, y por la suposición de que el equipo italiano - cuyo prestigio se ha levantado mucho con su rotunda victoria sobre España - podía ser un peligroso adversario, se ha celebrado la segunda semifinal, cuyo desarrollo ha sido muy interesante y que ha dado el triunfo a los sudamericanos, pero no fácilmente.
Los equipos
Las alineaciones han sido:
Italia: Combi - Rosetta - Caligaris - Pitto - Bernardini - Janni - Rivolta - Baloncieri - Schiavio - Magnozzi y Levratto. O sea el mismo equipo que jugó contra España.
Uruguay: Mazali - Canavesi - Arispe - Andrade - Fernandez - Gestido - Urdinaran - Scarone - Petrone - Cea - Campolo. Como se ve el once uruguayo presenta todas sus primeras figuras a excepción de Nasazzi, al que según los acuerdos del Comité Ejecutivo, no se ha permitido jugar por haber sido expulsado en el match contra alemania. Arbitra el holandés Eymers.
Italia marca a los 9 minutos
En las primeras fases el juego ha sido alternado y un poco nervioso. Se juega con entusiasmo y el árbitro señala numerosos "foul", pero todos leves sin que se vea mala intención en ellos. La primera jugada de peligro en una puerat, se produce en la de Uruguay por un tíro de Schiavio que va fuera, rozando el larguero. Italia juega con gran brío y también con acierto dominando ligeramente, y el dominio tiene su jùsta compensación en el primer goal de la tarde que viene tras de un centro de Janni que recoge. Schiavio cediendo el balón a Baloncieri quien de da magnífico remate introduce el balón en la red. Ello sucede a los 9 minutos. Este tanto produce gran entusiasmo en los jugadores azules y en sus "supporters" que no escasean.
El empate lo logra Cea
La impresión crece al ver cómo Italia vuelve de nuevo al ataque largando Magnozzi un formidabile remate, gracias a Andrade que ha bajado a cubrir la puerta. Ante el peligro, Uruguay reacciona rápido. La linea media empieza a servir con acierto a sus delanteros que se van reseñando y mostrando la fama de su magnifico y variado juego. El artillero Petrone pronto suelta un tiro de su marca que bordea el marco y poco después, Campolo echa un centro de gran peligro que salva Rosetta. Luego, los italianos que no se dejan imponer claramente, atacan a su vez y Mazali tiene que detener un fuerte tiro de Magnozzi. Sigue el juego movido y a los 18 minutos otro centro de Campolo va a los pies de Cea que de un tiro colocadísimo bate a Combi y logra el empate.
Uruguay pasa a imponerse y llega al descanso con dos goals de ventaja.
Al reanudarse el juego vése en ambos le equipos gran decisión pero la superioridad técnica de los sudamericanos se manifesta y el dominio es suyo aunque (alteradopor algunas escapadas italiana. En la defensa, Italia comete algunos "fouls" y Bernardini es castigado por uno de ellos. El freekick da lugar a que Cea recoja el balón y centre algo largo. Campolo acude a recoger el centro y empala un gran remate que vale el segundo tanto uruguayo a los 28 minutos de juego. Al centrarse el balón se acentúa el dominio uruguayo y a los cuatro minutos Scarone ejecuta solo y magnificamente un avance que coronó con un tiro fortísimo y al ángulo. Es el tercero para Uruguay, desde este momento, hasta el descanso acentúa aun su presión sobre el terreno en el qual medios y defensas azules ejecutan jugadas no del todo limpias que obligan al árbitro a hacer tirar frecuentes freekicks. Poco antes del descanso, vemos una jugada de gran peligro ante cada puerta. El la de Italia es el poste el encargado de deviar un tremendo shoot de Petrone a corner que es tirado sin consecuencias. En la de Uruguay tras de haber perdido Rivolta una ocasión propicia tirando a las nubes, Andrade con otro de sus malabarismos, es el que logra salvar una jugada que parecía goal inevitable. Un instante después llega el descanso.
Italia reacciona y logra el segundo
Se inicia el segundo tiempo con un ataque uruguayo que produce un corner infructuoso. Luego, contra lo que se esperaba, se ve a Italia reccionar bravamente y pasar a dominar. Apuntamos un fuerte tiro de Bernardini desde lejos que es bien parado por Mazali. Luego los italianos vuelven a atacar y se mantienen ante la puerta uruguaya. Hay varios remates de cabeza y al recoger uno de ellos, a Mazali se le escapa el balón que entra en la red, valiendo el segundo goal a Italia a los 15 minutos de juego. Con este tanto que reduce a un solo tanto la ventaja de Uruguay el juego se ace emocionante. Bernardini juega bastante sucio y es castigado frecuentemente. Italia insiste en su presión y Uruguay aparece ligeramente edsconcertado. Pero pronto [...] el juego y Canavesi adelantándose suelta un gran tiro que es bien parado por Combi. Sigue otro ataque uruguayo y el propio Canavesi obliga a la defensa italiana a un corner que es bien tirado y rechazado por Combi.
Un ataque furioso de Italia, otro goal uruguayo anulado y fine el partido
El público sigue el juego con gran interés. Uruguay vuelve a mostrarse superior pero Italia no decae y muéstrarse peligrosa. Durante un rato, los italianos, se lanza a un ataque furioso y domina chiaramente pero sin resultado. Luego el juego se nivela otra vez y Campolo lanza uno de sus peligrosísimos centros que Scarone remata de cabeza a fuera. Contraataca Italia Y Schiavio hace una "colada" (en fútbol, acción individual de un jugador que penetra en el área del equipo contrario sorteando a sus rivales) de gran peligro que logra salvar Arispe a duras penas. A continuación la línea delantera uruguaya avanza magníficamente y tras de un tiro del Urdináran a fuera. Petrone marca un nuevo goal que el árbitro anula por offside que a nuestro juicio no ha existido. Petrone larga otro tiro fuera y los últimos mìnutos se juegan a giran tren por ambas partes resultando le gran emoción pues tan pronto parece que los uruguayos aumentáran su score como que los italianos lograrán el empate. Pero el tiempo llega sin que suceda ni nua ni otra cosa o sea con el triunfo de Uruguay por 3 a 2.
Una victoria merecida pero de "justeza"
Ha sido esta semifinal un bello partido que ha dado de si todo cuanto podía esperarse. Ha triunfado el mejor pues indudablemente el equipo uruguayo ha demostrado superioridad tecnica, pero el once de Italia se ha batido con tal entusiasmo y, a ratos, con tal acierto que ha heco el partido indeciso hasta el último momento. El prestigio del futbol europeo ha sido esta vez muy honorosamente defendido por el equipo de Italia. No parecía que iba a ser así en el descanso, durante el cual, la creencia de la victoria descansada era general, por la ventaja ya lograda, pero en el segundo tiempo la reacción italiana ha sido soberbia y ha mantenido la incertidumbre sobre el resultado. El juego ha sido muy rápido por ambos bandos. Es indudable que el secreto del papel que ha hecho Italia ha sido la rapidez de sus jugadores que ha podido ser mantenida a lo largo de toda la lucha gracias a un perfecto entrenamiento. Desde luego, los uruguayos no les han cedido en este aspecto, siendo de notar que en ellos no se ha manifestado cansancio ni agotamiento a pesar de la dureza de los anteriores partidos que han jugado. Se espera con gran interés la final entre Argentina y Uruguay, par al cual, los uruguayos partirán favoritos. Se espera, sin embargo, ver un gran partido. El árbitro de la final será el holandés Mutters. El match del sábado entre Egipto e Italia para el tercer puesto lo arbitrará el belga Langenus.
Parigi, 7, notte.
L'inviato speciale dell'Excelsior e del Miroir des Sport, signor Hanot, critico di football, circa il match giuocato oggi fra l'Italia e l'Uruguay ha parole oltremodo lusinghiere per i calciatori transalpini. Egli cosi si esprime: « Raramente si è visto ad Amsterdam un match cosi contrariato dal destino come quello di oggi, in cui gli italiani furono sfortunati soprattutto nel pruno tempo. E' stata l'Italia che ha marcato il primo goal; ma essa avrebbe dovuto avere almeno altri due punti al suo attivo prima che l'Uruguay ne avesse uno. Come pure il calcio di Cea non meritava di entrare nella porta italiana. Ma i sudamericani, indolenti e sicuri di se stessi come non sarebbe permesso di esserlo, avevano questa sera la fortuna dalla loro parte. Essi hanno fatto quattro buoni calci nel primo tempo: tre — quelli di Cea, Campolo e Scarone — andarono in fondo alla rete, soltanto il quarto, dovuto a Petrone, urtò la sbarra e rientrò in giuoco. « Questo permise agli italiani, ad onta della contraria fortuna, di fornire una performance che merita i più vivi elogi e che può essere comparata a quella del Belgio davanti all'Argentina. Una foga, una decisione, una perfetta difensiva, un vigore atletico, una superiorità irresistibile e che, per contrasto, faceva rassomigliare gli uruguayani a cacciatori riflessivi certamente, ma lenti nella corsa e deboli di gambe. Se gli dei, invece di favorire i sud-americani, fossero semplicemente stati equi, l'Italia nel primo tempo avrebbe avuto almeno il risultato di tre goals a uno. La ricompensa è venuta agli italiani nel secondo tempo, quando, dopo numerosi attacchi, ad un colpo di testa di Levratto il portiere uruguaiano Mazali lasciò penetrare nella sua rete il pallone che egli teneva nella mano e col quale volle evitare l'avversario. « L'agitazione raggiunse allora il suo colmo e la folla incoraggiava secondo l'abitudine, la squadra in ritardo. Gli uruguayani furono impressionati da questo clamore. Tuttavia essi si mostrarono molte più aggressivi che durante i primi 45 minuti. Si impadronirono della direzione del giuoco e gli italiani si trovarono in una situazione estremamente pericolosa. La sconfitta è stata estremamente gloriosa per gli italiani. Gli uruguayani hanno riportato una vittoria di Pirro. In ogni caso, essi hanno finito questa sera estremamente stanchi per i loro tre matchs contro l'Olanda, la Germania e l'Italia. Noi sapremo certamente domenica prossima se essi sono capaci di rivaleggiare con la compagine argentina. D'un sol colpo i calciatori di Buenos Aires sono diventati i favoriti del torneo olimpionico del 1928».
Il torneo di calcio ad Amsterdam
di VITTORIO POZZO
Quando l'Uruguay vinse nel 1924 il Torneo olimpionico di Parigi, gli ambienti sportivi della vecchia Europa andarono a suqquadro per la sorpresa e l'emozione. Si stava discutendo fra di noi a quell'epoca sul gioco latino e sul gioco nordico, sulle probabilità di vittoria della Spagna o della Svezia, dell'Italia o dell'Ungheria, sul brio e sul temperamento del Sud e sulla calma e sulla precisione del Nord. Secondo i critici presenti a Parigi, il titolo di Campione del mondo avrebbe dovuto venir disputato fra Cecoslovacchia, Ungheria, Spagna e Belgio. La tecnica del giuoco pareva assicurata in esclusività al vecchio Continente. Si permetteva bensì ai paesi ultraoceanici di dedicarsi a quello che era un giuoco nostro, ma non si sospettava nemmeno lontanamente che essi avrebbero spinto le cose fino al punto di minare la nostra supremazia. Eravamo troppo occupati a disputare tra di noi per pensare a quello che doveva avvenire. L'Uruguay piombò nella mischia come un colpo di fulmine, e mise tutti d'accordo tutti schiacciando sotto il peso della sua classe superiore. Ricordo una scenetta tipica avvenuta in occasione della prima prova combattuta dai Sud-americani a Parigi. L'avversario era dato dalla Jugoslavia. Al mattino della gara incontrai per caso il centroavanti della squadra serbo-croata, Perska, un giuocatore di professione giornalista. Non avrebbe giuocato nel pomeriggio, stava a riposo assieme ad alcuni dei migliori per non logorar le forze della compagine innanzi tempo. L'Uruguay vinse per sette a zero, gettando l'apprensione fra tutti i presenti. Ritrovai il buon Perska all'uscita dallo Stadio. Mi lesse sul viso la domanda che, se formulata, sarebbe stata troppo ironica; fece un gesto di saluto in tono mesto e sconsolato e disparve tra la folla. Nella sua tranquilla sicurezza dapprima, e nella sua sbigottita sorpresa in seguito, il giuocatore jugoslavo rapppresentava in quel momento tutto il calcio europeo. Tanto inaspettata era l'affermazione dei Sud-americani ! Diciamo la verità: una affermazione così chiara, così sonora e così convincente non era attesa nemmeno in America. Essa sorprese a Montevideo come a Parigi. La squadra era entrata nel torneo in modo dimesso, come incerta di sè stessa. Aveva classe, ma non lo sapeva. Per lo meno, le mancavano i punti di riferimento per saperlo. La prima battaglia vittoriosa contro la Jugoslavia le servì come da rivelazione: rischiarò l'orizzonte. Da essa la magnifica compagine attinse fede ed ispirazione: partì decisa e non si fermò più. Non si fermò nemmeno ad Amsterdam.
Ha vinto la squadra migliore
Le Olimpiadi del 1928 hanno visto infatti la vittoria della squadra migliore. La fisionomia dell'undici è mutata alquanto dal 1924, e diverso è il suo comportamenlo in gara. Qualche uomo non si trovava ad Amsterdam in buone condizioni fisiche, vedi Petrone, qualche altro pare diventato più lento, Scarone ad esempio, e taluno fra i nuovi elementi fa rimpiangere gli anziani, Campolo al posto di Romano per non citarne che uno. Ma quando si esamina il lavoro degli Uruguayani ad Amsterdam lo si confronta con quello eseguito a Parigi, una considerazione è do-veroso anteporre. Il compito fu in Olanda ben più difficile che in Francia. Nel 1924, i calciatori di Montevideo dovettero, per conquistare il titolo, incontrare la Jugoslavia, che non aveva consistenza, gli Stati Uniti del Nord America, che erano ai loro primissimi passi, in fatto di incontri intemazionali, l'Olanda, che fuori di casa perde il cinquanta per cento del proprio valore, e la Svizzera che non era a quell'epoca una squadra di strenui combattenti. Ad Amsterdam, la sorte attese al varco la squadra campione, e disseminò sulla sua via una serie di ostacoli che parevano altrettanti trabocchetti. Prima l'Olanda in casa propria, l'Olanda che organizzava il torneo e che non aveva alcun desiderio di vedersi battuta davanti al proprio pubblico e fin dalla prima prova. Poi la Germania, la squadra più temuta fra quelle presenti, l'unità dal viso arcigno e dalla preparazione di ferro, la compagine che lottava per il Reich e che non poteva perdere. Indi l'Italia, la più veloce e la più tecnica fra le rappresentanze europee convenute alle Olimpiadi, l‘undici che quando è lanciato ha la capacità di debellare l'avversario più agguerrito di questo mondo. Ed infine l'Argentina, il vicino di casa, il rivale con cui una vertenza sorta sul Rio de la Plata era da risolvere. Certo che chi ricorda il torneo di Parigi, non può cancellare dalla memoria la condotta di giuoco veloce, spigliata, briosa dell'Uruguay. Là si trattava di conquistare una posizione ed un titolo. Qui invece occorreva difendere l'uno e l'altro. Questo va tenuto presente. ll comportamento dei Campioni ad Amsterdam fu quello di una squadra che giuoca con un piano tattico prestabilito, che misura le proprie forze, che studia l'avversario. L'undici faceva l'impressione di un pugilista che, più che stravincere, si preoccupasse di mantenere una guardia bassa e chiusa atta ad evitare sorprese. La prima mezz'ora di ogni incontro, veniva dedicata allo studio di colui che si trovava di fronte. La vera misura del valore dell'unità non veniva data che nella ripresa.
La classe di Andrade
Ma l'atteggiamento prudente e guardingo non veniva abbandonato mai. Se Mazali doveva uscire dalla porta, immediatmente un terzino prendeva il suo posto tra i pali. Se l'avversario attaccava, le due mezze ali eran pronte a dare aiuto ai mediani. Se uno dei terzini doveva impegnarsi a corpo perso, il mediano laterale immantinente accorreva a ricostituir la linea di difesa rimasta sguarnita. Fu in questa tattica che emerse Andrade. Fu in questo modo che il negro impedi a Magnozzi di segnare per l'Italia nel primo tempo di quella che doveva essere la più bella partila di tutto il torneo. Battuto il terzino, spuntava il mediano: l'ultima trincea difensiva veniva di colpo ogni volta ricostituita. L'Uruguay giuocò tutto il torneo con grande intelligenza. E‘ la squadra matura ed esperta, che cerca di non strafare, che non perde la calma nella bufera, che guata con calma il rnomento favorevole per sferrare il suo colpo. L'attacco scatenato dagli Azzurri nel famoso incontro ebbe la violenza di un uragano. Fu la prova più dura affrontata dall'Uruguay nella grande competizione. La difesa di Mazali, di Arispe e di Andrade non si disunì nemmeno al confronto di essa. La calma dei forti era quella. A Parigi brillava di più l'individuo. Ad Amsterdam fu la squadra, nella sua compattezza, nella sua coesione, nella sua saldezza granitica, che si impose, la squadra che è giunta a quel periodo di efficacia, in cui il singolo scompare per amor dell'assieme.
Argentina inferiore all'Uruguay
L'Italia si batte alla pari contro gli assi del Sud America
Una classe, però, che non abbagliò nè sconcertò i calciatori d'Italia nell'incontro che essi sostennero con la squadra campione. Quasi a dimostrare che il materiale di cui erano composte le squadre americane che brillavano di così viva luce al torneo, era, in fondo, della stessa natura e della stessa origine del nostro, gli Azzurri compresero ed adottarono l'elevato linguaggio tecnico degli avversari non appena furono ad essi contrapposti. Complessivamente, la nostra azione contro gli Uruguayani tradiva lo sforzo e rivelava la tensione nervosa. E’ vero. Mancava a noi la calma e serena visione della situazione che l'avversario, più evoluto in materia, conservava pur nell‘imperversare della lotta. L'Italia giuocava ogni sua carta quel giorno. Era entrata in campo per dar battaglia e attaccava senza pensare ad altro e gettando tutto il peso del suo spirito aggressivo sulla bilancia: era tutta assorta nel suo sogno di battere i Campioni. Ma quello che spiccò netto quel giorno fu l'identità di classe e di temperamento di alcuni, di molti uomini nostri con gli Uruguayani. Rosetta, ad esempio. Il nostro terzino destro diede prova di un senso della posizione, di una prontezza di intuito, di una abilità nel districarsi da situazioni ingarbugliate, di una sicurezza di rimando, da impressionare il piccolo esercito di tecnici presenti alle Olimpiadi. Janni, per citare un mediano. Nel secondo tempo, egli si comportava con lo stesso brio, con la stessa intelligenza, con la stessa portentosa mobilità di Andrade. Faceva le stesse finte, sorgeva in difesa ugualmente al momento critico, si destreggiava con la stessa abilità e con lo stesso occhio acuto per lanciare i suoi attaccanti, per crear loro situazioni favorevoli, per ideare delle avanzate. Allo stesso riguardo Bernardini giganteggia in mezzo al campo per tutta la ripresa. E’ caratteristica aegli uomini di classe l'attitudine a giuocar tanto meglio quanto più elevato e il valore degli avversari. E sotto questo aspetto, l'incontro Italia-Uruguay fu la conferma più sonora e più convincente che si potesse desiderare della bontà del materiale nostro in fatto di giuucatori, e delle straordinarie possibilità dell'Italia in questo sport. Il torneo di Amsterdam ha visto una squadra sola europea classificata nelle semifinali: quella dell'Italia. Va detto nei termini più chiari che l'italia meritava pienamente questo onore. Delle squadre europee presenti la sua era la migliore sotto ogni aspetto. La Svizzera è in piena crisi. Tramontata la generazione di giuocatori che tanto alto portò il suo nome a Parigi, essa non ha trovato nei giovani di che formare una squadra degna del suo nome. Ha trovato un portiere: Séchchaye. Un po’ poco in realtà. Ed una crisi di dirigenti mina, assieme a quella dei giuocatori, l'esistenza dello sport della palla rotonda nella vicina Confederazione. L'unità fu regolarmente battuta dalla Germania e scomparve subito dalla lotta. La Jugoslavia. Battuta dalla Nazionale B dell'Austria alcuni giorni prima delle Olimpiadi, non intendeva presentarsi ad Amsterdam. Si decise all'ultimo momento e fu eliminata dal Portogallo al primo girone. La squadra non ha coesione morale. E' rosa dalla discordia e sussulta tutta come in balia a passioni e correnti contrastanti. Deve pensare a vincere se stessa, prima di poter vincere avversari esterni. La Spagna ha pagato il suo tributo al Regolamento. I suoi uomini migliori rimasero a casa. Di elementi della vecchia guardia, due soli erano presenti: il terzino Vallana ed il mediano Gamborena. ll primo era in condizioni tali che fu messo a riposo d'autorità dopo la gara col Messico. Ed il secondo è l'ombra del grande centro mediano che fu. A parte ciò, la Spagna e in declino. Ha raggiunto il suo livello massimo quattro anni or sono a Parigi. E da allora sta calando gradatamente di tono. Chi sale al posto suo, è il Portogallo. Sale a grandi passi. Ad Amsterdam sconfisse il Clle per quattro a due, eliminò la Jugoslavia per due a uno, e fu battuto dall'Egitto per uno a due. Cadde vittima dell'orgasmo che pervase la squadra di fronte ad un'unità che non era tecnicamente forte, rna che possedeva in ancor più elevata misura quelle doti di velocità di cui i portoghesi si credevan campioni. Contro una squadra di vera consistenza tecnica, sugli erbosi e soffici terreni olandesi, il Portogallo non avrebbe comunque potuto reggere a lungo nel torneo. ll Lussemburgo. Non aveva, come non ha mai avuto, pretesa alcuna. La sua fu la parte dell'umile e della convinta comparsa. Servì a qualificare il Belgio per i quarti di finale. La Francia allineò una squadra di valore superiore all'aspettativa. lniziò la partita contro di noi con un tono che lasciò i nostri come esterefatti. Poi di colpo si accasciò, e non resse alla reazione nostra. La prima linea è temibilissima. Ma la squadra è priva di resistenza, di volontà e di fuoco sacro. L‘Olanda giuocava in casa propria. Per non soccombere all'Uruguay combatté una battaglia eroica. La difesa, col vecchio Denis è pur sempre salda. Ma il rimanente della squadra non ha giuoco. La sua attività è del tipo che gli inglesi definiscono col termine: « kick and rush ». Palla avanti e tutti dietro di gran corsa. Un'altra squadra si batteva alle porte di casa sua: quella del Belgio. Il calcio belga accenna solo ora ad uscire da un periodo di lungo ed intenso travaglio, che ha travolto quanto di tecnico e di scientifico il piccolo Stato possedeva in fatto di giuoco e di giuocatori. L‘undici riuscì per un momento a far perdere la tramontana aIl'Argentina: poi si fermò e si confessò vinto. Rimane la Germania. La sua era in realtà una unità forte di preparazione e di tecnica. l due terzini costituivano un baluardo che incuteva rispetto, tanto eran duri, saldi, angolosi. L'attacco aveva rinnovato completamente i suoi quadri e possedeva tutti elementi giovani e veloci. La linea mediana conservava invece giuocatori già provati, con al centro l'anziano Kalb. Il corpo di questa unità era sano e forte: la testa, il capo aveva la vista corta. La capacità di imprimere ai propri atteggiamenti quel particolare tono che il momento psicologico ogni volta comporta mancava totalmente a questa rappresentanza, che pur aveva apertamente conferito un valore di propaganda nazionale alla sua partecipazione alle Olimpiadi. La squadra non sapeva perdere. Tenne una condotta tale che tutto, anche l'alto valore tecnica dei suoi uomini, naufragò sotto l'impressione morale sgradevolissima lasciata dall'incontro suo con l'Uruguay. L'Italia fu quindi ben degna di rappresentare la vecchia Europa di fronte all'offensiva dell'America latina. Ne fu degna, intendiamoci, non per la debolezza delle sue rivali del continente, ma per il valore suo intrinseco. Conta l'Italia nelle sue file al momento attuale tutta una schiera di uomini sulla cui attività sta scritta a caratteri cubitali la parola « classe ». Uomini che posseggono doti fisiche quant'altri ne può possedere, — ne fecero l'esperienza gli Egiziani che, impostato l'incontro sulla velocità pura, furono in fatto di velocità nettamente stroncati — e che conoscono le finezze del giuoco come i maestri soli le conoscono — lo sa l‘Uruguay che, quando risorse alla sua perfezione stilistica per batterci, si trovò di fronte giuocatori che comprendevano il suo linguaggio tecnico e con gli slessi termini gli rispondevano. ln una competizione in cui ogni altra unità europea presente crollò rumorosamente ad un certo punto, l'Italia sala si erse a difesa dei colori del vecchio continente: e li difese nel modo più strenuo e più vigoroso. E‘ maturità tecnica autentica quella dei nostri giuocatori. Maturità che può e deve in un prossimo avvenire portar i colori Italiani ai più alti successi, come li ha meritatamente portati all'onore del pennone dello Stadio Olimpionico di Amsterdam.
Da "El Mundo Deportivo"
Edición del venerdì 8 giugno de 1928.
Uruguay batió a Italia por 3 a 2, en un partido que resultó de gran emoción en el segundo tiempo
El equipo italiano, por su magnifica reacción en el segundo tiempo mantuvo la indecisión sobre er resultato hasta el último istante
de J.L. Lasplasas
Estadio de Amberes, 7 (por telégrafo, de nuestro redactor enviado). - Ante mucho público, atraído por la belleza del juego uruguayo, y por la suposición de que el equipo italiano - cuyo prestigio se ha levantado mucho con su rotunda victoria sobre España - podía ser un peligroso adversario, se ha celebrado la segunda semifinal, cuyo desarrollo ha sido muy interesante y que ha dado el triunfo a los sudamericanos, pero no fácilmente.
Los equipos
Las alineaciones han sido:
Italia: Combi - Rosetta - Caligaris - Pitto - Bernardini - Janni - Rivolta - Baloncieri - Schiavio - Magnozzi y Levratto. O sea el mismo equipo que jugó contra España.
Uruguay: Mazali - Canavesi - Arispe - Andrade - Fernandez - Gestido - Urdinaran - Scarone - Petrone - Cea - Campolo. Como se ve el once uruguayo presenta todas sus primeras figuras a excepción de Nasazzi, al que según los acuerdos del Comité Ejecutivo, no se ha permitido jugar por haber sido expulsado en el match contra alemania. Arbitra el holandés Eymers.
Italia marca a los 9 minutos
En las primeras fases el juego ha sido alternado y un poco nervioso. Se juega con entusiasmo y el árbitro señala numerosos "foul", pero todos leves sin que se vea mala intención en ellos. La primera jugada de peligro en una puerat, se produce en la de Uruguay por un tíro de Schiavio que va fuera, rozando el larguero. Italia juega con gran brío y también con acierto dominando ligeramente, y el dominio tiene su jùsta compensación en el primer goal de la tarde que viene tras de un centro de Janni que recoge. Schiavio cediendo el balón a Baloncieri quien de da magnífico remate introduce el balón en la red. Ello sucede a los 9 minutos. Este tanto produce gran entusiasmo en los jugadores azules y en sus "supporters" que no escasean.
El empate lo logra Cea
La impresión crece al ver cómo Italia vuelve de nuevo al ataque largando Magnozzi un formidabile remate, gracias a Andrade que ha bajado a cubrir la puerta. Ante el peligro, Uruguay reacciona rápido. La linea media empieza a servir con acierto a sus delanteros que se van reseñando y mostrando la fama de su magnifico y variado juego. El artillero Petrone pronto suelta un tiro de su marca que bordea el marco y poco después, Campolo echa un centro de gran peligro que salva Rosetta. Luego, los italianos que no se dejan imponer claramente, atacan a su vez y Mazali tiene que detener un fuerte tiro de Magnozzi. Sigue el juego movido y a los 18 minutos otro centro de Campolo va a los pies de Cea que de un tiro colocadísimo bate a Combi y logra el empate.
Uruguay pasa a imponerse y llega al descanso con dos goals de ventaja.
Al reanudarse el juego vése en ambos le equipos gran decisión pero la superioridad técnica de los sudamericanos se manifesta y el dominio es suyo aunque (alteradopor algunas escapadas italiana. En la defensa, Italia comete algunos "fouls" y Bernardini es castigado por uno de ellos. El freekick da lugar a que Cea recoja el balón y centre algo largo. Campolo acude a recoger el centro y empala un gran remate que vale el segundo tanto uruguayo a los 28 minutos de juego. Al centrarse el balón se acentúa el dominio uruguayo y a los cuatro minutos Scarone ejecuta solo y magnificamente un avance que coronó con un tiro fortísimo y al ángulo. Es el tercero para Uruguay, desde este momento, hasta el descanso acentúa aun su presión sobre el terreno en el qual medios y defensas azules ejecutan jugadas no del todo limpias que obligan al árbitro a hacer tirar frecuentes freekicks. Poco antes del descanso, vemos una jugada de gran peligro ante cada puerta. El la de Italia es el poste el encargado de deviar un tremendo shoot de Petrone a corner que es tirado sin consecuencias. En la de Uruguay tras de haber perdido Rivolta una ocasión propicia tirando a las nubes, Andrade con otro de sus malabarismos, es el que logra salvar una jugada que parecía goal inevitable. Un instante después llega el descanso.
Italia reacciona y logra el segundo
Se inicia el segundo tiempo con un ataque uruguayo que produce un corner infructuoso. Luego, contra lo que se esperaba, se ve a Italia reccionar bravamente y pasar a dominar. Apuntamos un fuerte tiro de Bernardini desde lejos que es bien parado por Mazali. Luego los italianos vuelven a atacar y se mantienen ante la puerta uruguaya. Hay varios remates de cabeza y al recoger uno de ellos, a Mazali se le escapa el balón que entra en la red, valiendo el segundo goal a Italia a los 15 minutos de juego. Con este tanto que reduce a un solo tanto la ventaja de Uruguay el juego se ace emocionante. Bernardini juega bastante sucio y es castigado frecuentemente. Italia insiste en su presión y Uruguay aparece ligeramente edsconcertado. Pero pronto [...] el juego y Canavesi adelantándose suelta un gran tiro que es bien parado por Combi. Sigue otro ataque uruguayo y el propio Canavesi obliga a la defensa italiana a un corner que es bien tirado y rechazado por Combi.
Un ataque furioso de Italia, otro goal uruguayo anulado y fine el partido
Una victoria merecida pero de "justeza"
Ha sido esta semifinal un bello partido que ha dado de si todo cuanto podía esperarse. Ha triunfado el mejor pues indudablemente el equipo uruguayo ha demostrado superioridad tecnica, pero el once de Italia se ha batido con tal entusiasmo y, a ratos, con tal acierto que ha heco el partido indeciso hasta el último momento. El prestigio del futbol europeo ha sido esta vez muy honorosamente defendido por el equipo de Italia. No parecía que iba a ser así en el descanso, durante el cual, la creencia de la victoria descansada era general, por la ventaja ya lograda, pero en el segundo tiempo la reacción italiana ha sido soberbia y ha mantenido la incertidumbre sobre el resultado. El juego ha sido muy rápido por ambos bandos. Es indudable que el secreto del papel que ha hecho Italia ha sido la rapidez de sus jugadores que ha podido ser mantenida a lo largo de toda la lucha gracias a un perfecto entrenamiento. Desde luego, los uruguayos no les han cedido en este aspecto, siendo de notar que en ellos no se ha manifestado cansancio ni agotamiento a pesar de la dureza de los anteriores partidos que han jugado. Se espera con gran interés la final entre Argentina y Uruguay, par al cual, los uruguayos partirán favoritos. Se espera, sin embargo, ver un gran partido. El árbitro de la final será el holandés Mutters. El match del sábado entre Egipto e Italia para el tercer puesto lo arbitrará el belga Langenus.