giovedì 24 novembre 2011

Bologna Sportiva Sezione Calcio, 1931-1932


Il "Bologna Sezione Calcio" 1931-1932. Da sinistra, in piedi, la mitica linea d'attacco rossoblù: Gastone Baldi (in borghese), Bruno Maini, un dirigente dell'epoca, Rafael Sansone, Angelo Schiavio, Francisco Fedullo, Carlo Reguzzoni e l'allenatore Gyula Lelovich. Al centro, da sinistra, quelli della mediana: Aldo Donati, Mario Montesanto e Gastone Martelli. In basso, accosciata, la linea difensiva. Da sinistra: il massaggiatore Amedeo Bortolotti, Eraldo Monzeglio, Mario Gianni e Felice "Gisto" Gasperi.
Il "Bologna Sezione Calcio" 1931-1932.
Nella splendida foto a lato, una formazione dell'annata 1931-32. Come si può notare dalla didascalia in basso nella foto, il Bologna era già stato rinominato e inglobato (dal 1927), per volere di Leandro Arpinati, nella cosiddetta "Bologna Sportiva", realtà che raccoglieva quasi tutti i sodalizi più importanti della città sotto un'unica bandiera. Il Bologna assunse quindi la nuova denominazione di "Bologna (Sportiva) Sezione Calcio".
Nella foto a sinistra, in piedi, la mitica linea d'attacco rossoblù: Gastone Baldi (in borghese), Bruno Maini, un dirigente dell'epoca, Rafael Sansone, Angelo Schiavio, Francisco Fedullo, Carlo Reguzzoni e l'allenatore Gyula Lelovich. Al centro, da sinistra, quelli della mediana: Aldo Donati, Mario Montesanto e Gastone Martelli. In basso, accosciata, la linea difensiva. Da sinistra: il massaggiatore Amedeo Bortolotti, Eraldo Monzeglio, Mario Gianni e Felice "Gisto" Gasperi.
Probabilmente fu il Bologna più forte e spettacolare di tutti i tempi. La foto fa riferimento all'incontro Milan - Bologna del 13 marzo 1932, 1-0 per i rossoneri con rete di Pietro Pastore. Durante quel campionato, il Bologna rimase imbattuto per ben 19 (!) giornate. Cadde solo alla ventesima, a Roma contro la Lazio - la "BrasiLazio", come era stata simpaticamente ribattezzata dai suoi tifosi, per via dei numerosi oriundi brasiliani presenti in squadra: "Filò" Guarisi, Del Debbio (che il Bologna aveva già incrociato nelle file del Corinthians, durante la tournée in Sud America del 1929), De Maria, Fantoni, ecc. -, con il punteggio di 2-1. Il Bologna perse quel campionato in maniera beffarda, dopo averlo comandato per ben 25 giornate: subì il sorpasso della Juventus e poi perse in modo rocambolesco per 3 a 2 nel confronto diretto a Torino: Luis Monti - il centromediano argentino della Juventus, soprannominato in patria "Doble Ancho", per la sua fisicità imponente - tentò di spezzare una gamba intenzionalmente a Schiavio (Angiolino non gli rivolse più la parola per parecchio tempo, a nulla valsero i tentativi di riappacificazione tentati da Vittorio Pozzo), dopo che il Bologna era passato in vantaggio per ben due volte sul campo della Juventus a "Corso Marsiglia", quel giorno intriso di pioggia e fango. Quel Grande Bologna si vide così stoppata la strada verso lo scudetto, e non riuscì a interrompere il "quinquennio" juventino. In compenso raccolse grandi soddisfazioni in campo internazionale, nella mitica e all'epoca prestigiosissima Coppa dell'Europa Centrale, vincendola due volte: nel 1932 e nel 1934. Fu l'unica squadra italiana a riuscire nell'impresa. Tutte le altre fallirono, a cominciare proprio dalla Juventus e di seguito l'Ambrosiana-Inter, la Roma, la Fiorentina, il Torino, la Lazio, il Genoa, il Napoli, ecc. Una bella soddisfazione e un giusto riconoscimento per una squadra formidabile, che segnò un'epoca del calcio italiano ed europeo.

martedì 25 ottobre 2011

Vittorio Caporale


Roosevelt Stadium, New Jersey, USA, 27 giugno 1971: Bologna - Santos 1-1. Pelè e Vittorio Caporale posano per i fotografi.
Pelè e Caporale.
L'estate che precedette il campionato 1975-76, fu una delle più infauste nella storia del sodalizio rosso-blu, un vero e proprio spartiacque tra la grandezza di un glorioso passato e un futuro incerto. I campionati di fine anni '70, furono infatti disputati all'insegna della lotta per non retrocedere. La ragione dell'inizio di questa crisi, fu il terrificante calciomercato condotto nell'estate di quella stagione: furono ceduti in un solo colpo tre giocatori - solo per citare i più importanti - che poi in altre società, Napoli e Torino, si rivelarono colonne portanti di entrambi i club. Parliamo dell'idolo indiscusso di tutta la tifoseria rosso-blu, Giuseppe "Beppe-gol" Savoldi; del nuovo astro nascente proveniente dalle giovanili, il romagnolo di San Giovanni in Marignano Eraldo Pecci; e del protagonista di questo profilo, Vittorio Caporale, libero di classe e grinta che al Toro andò a vincere uno scudetto storico, atteso da una vita dalla Torino granata. Vittorio Caporale venne scambiato sul mercato con Angelo Cereser, il celebre "trincea", ottimo giocatore e bandiera granata, ma ormai over trenta e più vecchio di tre anni rispetto a Caporale. Fu uno scambio che vide nettamente perdente il Bologna, che oltretutto si privò anche del "rivale" in rosso-blu di Caporale, quel Franco Battisodo cresciuto nel vivaio del Bologna e libero di buona tecnica. Vittorio Caporale arrivò al Bologna dall'Udinese - all'epoca in serie C -, nel campionato 1971-72, sulle orme del suo ex compagno di squadra e di difesa in bianconero Adriano Fedele, che era già diventato un beniamino del pubblico del vecchio Comunale. Caporale, a differenza di Fedele, non si impose subito come titolare nella massima serie. Dovette attendere la stagione successiva quando, con 24 presenze in campionato e 9 in Coppa Italia, riuscì a disputare un buon numero di partite. Nel Bologna fu impiegato in diversi ruoli di difesa, ma in realtà non riuscì mai ad affermarsi definitivamente. Soprattutto perché l'allenatore dell'epoca, l'istrionico argentino Bruno Pesaola, non lo vedeva assolutamente. Tuttavia, Caporale diede un ottimo contributo alla causa del Bfc: per lui diverse presenze nella vittoria in Coppa Italia nel 1973-74, nel Torneo Anglo-Italiano del 1973, e in Coppa Mitropa (a quei tempi ancora competizioni di un certo spessore, nelle quali partecipavano squadre di ottimo livello: quell'anno il Newcastle - che affrontò il Bologna - e il Manchester United di Bobby Charlton nell'Anglo Italiano; la Dinamo Zagabria in Mitropa). Da quell'annata in poi, le presenze andarono sempre in calando, fino ad arrivare alla cessione dell'estate 1975. Vittorio Caporale andò a prendersi le sue rivincite e soddisfazioni nel Torino, dove fu grande protagonista di uno scudetto storico. In breve, per tutti i tifosi granata divenne "Caporalbauer", in simpatico gioco con il cognome di Franz Beckenbauer. Il suo modo di interpretare il ruolo di libero in maniera propositiva, simile a quello del fuoriclasse del Bayern Monaco, gli fece meritare questo appellativo da parte della tifoseria granata. Anche a Bologna lo ricordiamo con affetto.

Ringrazio Luca, figlio di Vittorio Caporale, per la gentile concessione delle foto d'archivio che sono pubblicate in questo profilo.

Vittorio Caporale, al Bologna dal 1971-72 al 1974-75. Per lui 84 presenze ufficiali in rossoblù, tra campionato e coppe. Ha vinto una Coppa Italia nel 1973-74.

CONOSCIAMOLI MEGLIO.

Continua la pubblicazione dei profili (uno per numero) dei giocatori del Bologna. Attraverso questi ritratti spregiudicati e dissacranti, gli sportivi ed i tifosi rossoblù avranno modo di conoscere ogni aspetto pubblico e privato dei loro beniamini

VITTORIO CAPORALE

CAPORALE RIVUOLE I GRADI

Servizio di Gianfranco Civolani

In azione a San Siro contro l'Inter.
In azione a San Siro contro l'Inter.
— Da titolare a riserva di lusso: cosa hai provato? « Dispiacere, amarezza, rabbia. Ero finalmente riuscito a diventare titolare per una stagione intera. Francamente non mi aspettavo di essere così bruscamente ricacciato indietro. Pensavo: c'è anche Battisodo, è un giocatore in gamba, ma sarà lui a doversi dare da fare per strapparmi il posto. E invece... » — Però sei definito "riserva di lusso ideale". La prospettiva proprio non ti va? « Riserva di lusso, ma sempre riserva. E la prospettiva non mi va perché credo che sia mio diritto rivendicare un posto da titolare. Io cerco sempre di capire le ragioni degli altri, io non voglio fare sciocche polemiche, io so come ci si deve comportare in una società e credo di aver dimostrato a tutti che so anche incassare in silenzio. Però avrò la libertà di dire che la prospettiva di dover aspettare qualche incidente o squalifica di un compagno per poter giocare, non mi va assolutamente giù. » — Ipotesi: un posto da titolare in Serie B. Preferiresti una soluzione del genere? « Perché in Serie B? Possibile che io non posso aspirare a fare il titolare in Serie A? »

Serie A

Contro Salvi, Bologna - Sampdoria 1-1, 1973.
Contro Salvi, Bologna - Sampdoria 1-1, 1973.
Come mai sei venuto fuori soltanto a ventisei anni? « Perchè quando avevo vent'anni e giocavo nell'Udinese, stavo sempre per passare ad altre squadre più forti, ma all'ultimo momento non se ne faceva mai niente. Quando il Bologna mi ha acquistato, avevo ormai perso ogni speranza di venire A. Pensavo che al massimo avrei fatto un po' di carriera in B. » — Come mai ti si accusa di mancanza di temperamento? « Ma sì, probabilmente fino a due anni fa non mi ritrovavo un gran temperamento. Poi qui a Bologna ho cominciato a giocare più spesso e credo di aver fatto vedere che il temperamento ce l'ho anch'io. » — Qual è il tuo vero ruolo? « Non c'è dubbio, quello di libero. Posso adattarmi in altri ruoli, ma dò il meglio come libero. » — E cosa ti manca rispetto agli specialisti tipo Burgnich? « Mi manca l'esperienza, la meccanica. Per poter migliorare sensibilmente bisogna giocare parecchio...» — Hai ben fisso in testa qualche traguardo? « Giocare almeno venticinque partite all'anno e — lo ripeto — non dover sempre sperare nelle disgrazie degli altri per avere un posto al sole. » — Ti piacerebbe cambiare, città, cambiare club? « A Bologna ci sto benissimo e francamente finirei volentieri la carriera qui. Però batto sempre quel chiodo. Se quest'anno sono sempre stato zitto, questo non significa che non abbia avuto le mie grosse amarezze ». — Invidi il tuo amico Fedele? « No, ho semplicemente piacere che sia andato a giocare in un grosso club ». — Se tu non fossi diventato calciatore, cosa saresti diventato? « Geometra. Stavo appunto studiando da geometra, quando per via del calcio ho interrotto gli studi. »

L'importanza del denaro

Al tiro contro la Fiorentina.
Al tiro contro la Fiorentina.
Che importanza dai al denaro? « La giusta importanza. » — Come ti piacerebbe investire il denaro? « Mi porrò il problema nel momento in cui appunto avrò il denaro. Credimi pure: per ora di denaro non ne ho mica guadagnato tanto. » — Stato civile? « Sposato, e c'è addirittura un secondo figlio in arrivo. » — Passi per un tipo molto taciturno. Sei sempre stato così? « Non sono mai stato un allegrone. » — Cosa pensi dei giocatori che picchiano? « Penso che un giocatore, specie un difensore, debba saper giocare e qualche volta anche picchiare. » — Faresti la firma a giocare nel Bologna quindici partite all'anno? « Difficile rispondere. Nel Bologna ci sto bene, ma quindici partite non sono moltissime. Diciamo che bisognerebbe affrontare anche il lato economico... Ma quel che mi secca, è che magari già prima che incominci il campionato, mi si metta una etichetta addosso: tu riserva, il titolare è l'altro...» — Si dice comunemente che nel Bologna ci sono troppi giocatori imborghesiti, che bisogna cambiare, che ci vogliono facce nuove. Tu sei d'accordo? « Se in questo momento di punti in classifica ne avessimo 30, forse tanti discorsi non si farebbero nemmeno. Comunque ci sono giocatori che stanno nel Bologna da sette-otto anni e naturalmente il pubblico vorrebbe vedere qualche altra faccia nuova. Ma è tutta questione di risultati: si cambia solo se i risultati non sono buoni.» — Esempio: se tu dovessi raccontare a un amico che tipo di giocatore è Caporale, beh, come lo definiresti? « Gli direi che Caporale è un giocatore che in Serie A può fare tranquillamente la sua figura. »

Da "La Stampa" del 16 aprile 1976.

Caporale ieri, oggi, domani.

"Se c'è logica rimarrò al Torino. Per i supertifosi granata il libero ripudiato da Pesaola è il "Beckenbauer di via Filadelfia".

FERRUCCIO CAVALLERO

Caporale insegue Gigi Riva al Comunale di Bologna.
Contro Gigi Riva
Il primato del Torino è frutto di coerenza, di continuità; nasce dall'estro di Claudio Sala, dalla potenza offensiva di Pulici e Graziani, dalla lucida inventiva di Pecci a centrocampo, ma un discorso sul Torino non può esser fatto se si trascura l'apporto dei «gregari», di Patrizio Sala, Salvadori, Caporale. Il « libero » è una delle rivelazioni della stagione granata. Domenica scorsa, dopo il match vittorioso di Como, Radice si è avvicinato nello spogliatoio a Vittorio ed una stretta di mano tra i due ha detto più di tante parole. Un modo per ringraziare in silenzio il giocatore, con quel comportamento sincero che è proprio del carattere del trainer. In questi brevi istanti Caporale ha compreso molte cose, ha provato soddisfazioni che rincorreva in anni di carriera. La rinascita del difensore di Moimacco non è casuale, è stata accompagnata passo su passo dall'ambiente. Per capire Caporale bisogna rifarsi un istante al passato. Friulano, duro nei tratti del viso e nella volontà, si mette in luce nell'Udinese. Ha la fortuna di essere aiutato nelle prime esperienze con il « mestiere » da Gipo Viani, uomo ormai navigato. Caporale promette, matura, passa al Bologna. Gli ultimi due anni in maglia rossoblu si rivelano però un vero tormento. Pesaola non concede fiducia al giocatore, preferisce utilizzare Battisodo. Tra il « petisso » e Vittorio non c'è litigio, ma nemmeno una spiegazione chiara per la strana decisione. Così si consuma il divorzio. Caporale lascia quest'anno Bologna e tira (come Pecci) un grosso respiro. Pur di cambiare aria accetta il ruolo di riserva nel Torino. Nelle prime « uscite » della squadra, a Santa Vittoria d'Alba, fatica a raggiungere la condizione.

La trasferta di Bologna

Inter - Bologna  1-1, 1974. Contro Mariani.
Inter - Bologna  1-1, 1974. Contro Mariani.
« Nella prima gara di campionato — dice aggiustandosi il taglio ribelle dei capelli,— Radice fece giocare nella' sfortunata trasferta di Bologna Santin nel ruolo di libero. Nello s'infortunò e, la domenica dopo, mi si presentò l'occasione contro il Perugia». Da quel giorno di ottobre, la maglia è diventata sua, grazie a quella precisione e pulizia nell'intervento, quel suo tempismo nello spezzare e costruire l'azione. Un libero in chiave offensiva, proprio adatto alle caratteristiche tattiche del nuovo Torino. Il Beckenbauer di via Filadelfia, come lo hanno soprannominato i supertifosi, spiega cosi il segreto della sua squadra che, oltre alle reti dei due bomber, si basa sull'ermetica cerniera della retroguardia: « Con i miei compagni di reparto ci si intende ad occhi chiusi. E' bastato poco per perfezionare un certo automatismo negli scambi ed ora proprio non ci sono problemi ». Con la primavera sono spuntate voci su un possibile trasferimento di Caporale a fine stagione. Non pensiamo che la società granata sia orientata in questo senso, il difensore dopo una annata che ha segnato la sua seconda giovinezza non meriterebbe per alcuna ragione un simile trattamento. « Se c'è logica nel calcio — dice Vittorio a voce bassa — allora penso di rimanere nel Torino. Qui mi trovo bene, vorrei "chiudere" tra qualche anno». Caporale, con la moglie e due figlioletti, vive nella casa che guarda la collina la favolosa avventura. Mancano cinque giornate per agguantare lo scudetto, un sogno che mai era entrato nelle aspirazioni del giocatore. « Infatti —confida — io del titolo continuo a non parlarne per scaramanzia. Ci vuole tanta fortuna. Per intanto mi godo questo campionato in maglia granata che mi compensa delle molte delusioni patite ».

Da "La Stampa" del 17 luglio 1975

Il nuovo libero granata è un tremendista nato.

Caporale non teme l'ombra di Cereser

Di Salvatore Rotondo

Al Comunale contro la Sampdoria.
Al Comunale contro la Sampdoria.
Parte Angelo Cereser. Non crederanno ai loro occhi i tifosi granata quando lo vedranno al Comunale con una strana maglia rossoblu, molto diversa da quella granata che per Angelo più che una divisa rappresentava una seconda pelle. Con ciò si dimostra che nulla è immutabile: i tifosi bianconeri si adattarono a vedere Sivori nei colori del Napoli, quelli granata faranno anche il callo ad un Cereser bolognese. — Ma signor Caporale si rende conto? Il nuovo libero del Torino si chiama Vittorio Caporale e nei primi incontri c'è il rischio davvero che qualcuno lo consideri un profanatore. Un rischio relativo, considerato però che Caporale sembra l'uomo più adatto ad inserirsi in modo indolore nello spirito del « tremendismo » granata. « Certamente mi rendo conto che prendere il posto di Cereser nel cuore dei tifosi di Torino non sarà semplice. Ma già ieri ho conosciuto due capi della tifoseria che sono venuti in sede a trovare i nuovi arrivati e penso che faremo in fretta a rompere il ghiaccio. Anche se prima c'era Angelo Cereser.

Dopo Cereser.

Contro Cristin della Samp e Anastasi della Juve.
Contro Cristin della Samp e Anastasi della Juve.
Nel Torino ci vengo volentieri proprio per il carattere che la squadra ha sempre dimostrato. Nessuno nel Torino pretende di giocare da signorina. La squadra applica un gioco maschio, specialmente in difesa, che si adatta perfettamente alle mie caratteristiche ». — I terzini sono feroci... « Meglio cosi. Ad un libero non può che far piacere avere intorno gente decisa, che non ha paura di sporcarsi i pantaloncini ». — Si aspettava il trasferimento al Torino? « Sapevo che mi avrebbero trasferito. Chiedete a Pesaola i motivi, comunque sapevo che mi aveva messo nella lista dei trasferibili. Una scelta tecnica che onestamente non capisco. Non credo che Pesaola abbia potuto mettere sul piano della bilancia anche il dissidio personale avuto con me ». « Del trasferimento — aggiunge Caporale — ho saputo dai giornali. E' vergognoso che i giocatori debbano essere ancora trattati come capi di bestiame. E' un tasto sul quale la nostra Associazione non deve stancarsi di battere ». Ad Aosta, nel solito esordio stagionale, i tifosi vedranno con la maglia numero cinque un libero all'inglese: fisicamente robusto, alto, capelli neri lunghi, leggermente stempiato, grinta da vero granata.

Rimprovera il « Petisso » di averlo utilizzato pochissimo nel Bologna

Caporale: solo 151 presenze ma la colpa è di Pesaola...

NAPOLI — Oggi ne compie centocinquantuno in serie A. Ma è soddisfatto solo a metà. Vittorio Caporale, trentadue anni alla fine del mese, rimprovera a Pesaola di avergli frenato la carriera. Lui pensa già al futuro e garantisce: « Me la sento di giocare ancora per un bel po'. Almeno altre cento partite in serie A. Ecco, è questo il mio traguardo ». Ma non ha dimenticato il passato. Bologna e quattro stagioni da pendolare fra campo, panchina e tribuna: soprattutto Pesaola. Caporale non sa che forse oggi al San Paolo ci sarà anche lui. Ieri il Petisso era a Napoli, con Di Marzio è stato brillante ospite della rubrica sportiva di una telelibera cittadina. Giocare magari proprio sotto gli occhi di Pesaola, chissà che effetto fa. 151 ED UN RIMPIANTO — A biro e taccuini, Caporale si concede con rara parsimonia. Ma questa è una circostanza particolare. Confida: «Domenica scorsa ad Ascolí, ho raggiunto un traguardo importante. Ma rimpiango ancora le occasioni perdute a Bologna, con Pesaoia che non mi faceva giocare molto. Quattro campionati, solo, una cinquantina di partite. Ero più giovane, avevo tanti stimoli. Insomma, poteva essere quella la svolta giusta per la mia carriera. Meno male che poi sono arrivati il Torino e il Napoli».

IL RISCATTO

Lo scudetto nel segno del Toro, oggi il Napoli che scommette ad occhi chiusi su di lui. Fra un passato di riscatto totale ed un presente di grande soddisfa alone, Caporale finalmente parla delle sue rivincite: « Il momento più bello è stato senza dubbio il campionato vinto col Torino. E adesso vorrei realizzare qualcosa di importante qui a Napoli. Per lo scudetto, se ne potrebbe forse parlare dalla prossima stagione; intanto, abbiamo le carte in regola per disputare un ottimo girone di ritorno, qualificarci alla Coppa UEFA, lottare fino all'ultimo in Coppa Italia ». OGGI E DOMANI — Uno sguardo al futuro, il pronostico per oggi, Caporale parla de giovane cotega Baresi: « Fra i liberi della nuova generazione mi sembra il più dotato. Prima o poi, toccherà a lui raccogliere l'eredità di Scirea. Un consiglio, però: Baresi deve progredire nel gioco puramente difensivo ». Questa Fiorentina senza Antognoni e Pagliari provoca la diffidenza di Caporale: Sono sempre pericolose le squadre in formazione d'emergenza. «Chi sostituisce i titolari, gioca con una grinta ed una concentrazione addirittura raddoppiata. Noi puntiamo ovviamente al risultato pieno».

Stagione
Squadra
Campionato
Coppe naz.
Coppe euro.
Altre coppe
Totale
Com
Pres
Reti
Com
Pres
Reti
Com
Pres
Reti
Com
Pres
Reti
Pres
Reti
1971-1972
Bologna
A
4
0
CI
1
0
-
-
-
-
-
-
5
0
1972-1973
Bologna
A
24
0
CI
9
0
-
-
-
CM+CA-I
2+5
0+0
40
0
1973-1974
Bologna
A
17
0
CI
6
0
-
-
-
-
-
-
23
0
1974-1975
Bologna
A
9
0
CI
5
0
CdC
1
0
-
-
-
15
0


54
0


21
0


1
0


7
0
83
0
Legenda:
A – Serie A
CI – Coppa Italia
CM – Coppa Mitropa
CA-I – Coppa Anglo-Italiana
CdC – Coppa delle Coppe





Vittorio Caporale (Moimacco, 25 febbraio 1947). 83 presenze nel Bologna tra Serie A, Coppa Italia, Coppa Mitropa, Coppa Anglo-Italiana e Coppa delle Coppe, e 0 reti, dall'esordio, 7 novembre 1971, all'ultima partita in rosso-blu, 22 giugno 1975. Ottimo difensore, impiegato in diversi ruoli, eccelleva in quello di libero. Con i rosso-blu ha vinto 1 Coppa Italia (1973-1974). Nessuna presenza in Nazionale.

lunedì 26 settembre 2011

Renato Dall'Ara


« Renato Dall'Ara: cinque scudetti, una Coppa Europa, una Mitropa, un Trofeo Expo di Parigi, una Coppa Alta Italia. Ma soprattutto un supremo magistero, una filosofia fatta di concetti così vitali e terreni. Uomini che ai tempi di Dall'Ara non eravate nemmeno nati, uomini che ne avete sentito parlare solo di rimbalzo: tipi come Renato Dall'Ara sono appunto l'uomo, il calcio, la vita ».

Gianfranco Civolani

Renato Dall'Ara.
Renato Dall'Ara.
Il 10 ottobre ricorre l'anniversario dalla nascita di Renato Dall'Ara, il "Presidentissimo", per trenta anni alla guida del Bologna Football Club, dal 1934 al 1964. Dall'Ara, nato a Reggio Emilia, divenne ricco a miliardi con il suo celebre maglificio, che aprì una volta trasferitosi nel capoluogo Felsineo. Il successo imprenditoriale lo raggiunse mettendo in commercio una specie di giaccona a maglia, che Dall'Ara aveva visto indossare in una foto al generale Umberto Nobile (il famoso trasvolatore sul Polo Nord). La giacca a maglia venne lanciata sul mercato con il marchio "Norge" e fu un trionfo di incassi e di immagine personale; in breve divenne uno degli imprenditori più in vista della città. Dopo la caduta in digrazia presso il regime di Leandro Arpinati, serviva un nuovo uomo forte alla guida del Bologna. I gerarchi locali scelsero proprio lui, Renato Dall'Ara, 42 anni, sposato con la signora Nella e senza figli. Fu subito grande amore ma furono anche grandi trionfi. 5 scudetti, 1 Coppa Europa, il Trofeo dell'Expo di Parigi, 1 Mitropa. Un Presidente eccezionale. Non mancarono però i momenti bui e le contestazioni, soprattutto nel dopoguerra, quando la squadra stentava e i successi non arrivavano più. Ma nel momento in cui sentì la "minaccia" del petroliere Attilio Monti - che una larga maggioranza di tifoseria voleva presidente -, si sentì punto nell'orgoglio e cominciò la costruzione, anno dopo anno, della squadra che portò al Bologna il 7° e ultimo scudetto, giocando un calcio meraviglioso, paradisiaco. Purtroppo non poté godere assieme ai suoi ragazzi e alla città quel trionfo; morì in Lega Calcio il 3 giugno 1964 - quattro giorni prima del trionfo rossoblù all'Olimpico di Roma -, colpito da infarto mentre discuteva animatamente con il presidente dell'Inter Angelo Moratti. Il suo cuore, già minato da un infarto precedente, non resse. Chiudo con un breve sunto tratto da un articolo di Gianfranco Civolani: 
" Renato Dall'Ara: cinque scudetti, una Coppa Europa, una Mitropa, un Trofeo Expo di Parigi, una Coppa Alta Italia. Ma soprattutto un supremo magistero, una filosofia fatta di concetti così vitali e terreni. Uomini che ai tempi di Dall'Ara non eravate nemmeno nati, uomini che ne avete sentito parlare solo di rimbalzo: tipi come Renato Dall'Ara sono appunto l'uomo, il calcio, la vita ".
Da "L'Unità" del 4 giugno 1964

Il Presidente degli anni trenta

Di Sante Della Putta

Foto tratta dal libro celebrativo.
Foto tratta dal libro celebrativo.
La morte e la vita sono spesso poveri incidenti naturali che sfuggono a ogni regola di giustizia e di logica. Stavolta però la morte ha raggiunto uno dei massimi dell''ingiustizia. Ha aspettato a stroncare un uomo come Dall'Ara proprio alla vigilia del suo momento campale, il « giorno romano » che senz'altro egli considerava il più importante di tutta la storia del vecchio Bologna. E così il presidente dei trent'anni, ha chiuso repentinamente gli occhi senza rivedere lo scudetto di Campione d'Italia ricucito sulle maglie rossoblu dei suoi ragazzi. Gli amici dell'Inter ci lascino dire. Sono sportivi e cavallereschi, pertanto non dispiacerà loro se scriviamo che Renato Dall'Ara era certo che lo scudetto quest'anno gli apparteneva. E non era, si badi bene, una certezza derivante da idee di superiorità di squadra, o di tecnica o di bravura; bensì dall'aver visto sotto i suoi occhi scomparire, in virtù d'uno sgambetto canagliesco, una conquista ottenuta. Aveva Il famoso triangolino di stoffa in mano e già stava scegliendo con cura il filo migliore per ricucirlo, dopo più di vent'anni, sulle maglie del suo Bologna, quando bruscamente gliel'hanno rubato. Ma era convintissimo di recuperare la refurtiva il giorno del grande (e per lui ingiusto) spareggio. Renato Dall'Ara aveva 73 anni compiuti ed era presidente del Bologna F.C. da trenta, precisamente dall'ottobre del 1934. Non sappiamo se in Italia vi siano presidenti di squadre calcistiche con direzione così annosa. Certo è che se ce n'è stato uno considerato inamovibile, questo è lui. Inamovibile come certi patriarchi di campagna che, splenda il sole o grandini, rimangono al loro posto senza che a nessuno passi per il cervello il pur minimo pensiero di sostituzione o di avvicendamento. Sono tutt'uno con le stagioni, con la natura che li circonda, coi raccolti fruttuosi o con le perdite, col susseguirsi delle generazioni.

I suoi ragazzoli

Il titolo del "Corriere dello Sport" del 4 giugno 1964.
Per Dall'Ara « ragazzoli » erano e sono rimasti, Andreolo, Biavati e Puricelli, e « ragazzoli » erano oggi Bulgarelli, Haller, Pavinato e gli altri, anziani o pivelli che fossero. Bè, chiamarlo presidente forse non è del tutto giusto. Meglio sarebbe definirlo « comandante del Bologna ». Era ormai vecchio e la salute cominciava a tradirlo: aveva superato un infarto, uno scompenso cardiaco, un paio di ulcere, il diabete, tuttavia in casa rossoblu faceva tutto lui. Bologna F.C. era lo stesso che mente di bocca la risposta che dire Dall'Ara F.C., la squadra era sua. Com'era sua la fabbrica di maglie che gli aveva dato sicurezza finanziaria e spunti, peraltro controllatissimi, di mecenatismo. Era un bravo dirigente sportivo? Par di si, se si osservano i risultati e il buon nome che il Bologna ha sempre mantenuto. Sotto la sua direzione la squadra ha vinto quattro campionati (1935-1936, 1936-1937, 1938-1939, e 1940-1941) più una prestigiosa Coppa d'Europa (1934) e un torneo internazionale a Parigi (1937). Qualcuno gli imputa una direzione decisamente artigianale, troppo alla vecchia maniera, e per ciò inadeguata alle idee di perfezione e automazione che paiono necessarie oggi anche in campo sportivo. Si potrebbe dire così: era uno di quei dirigenti (e lo era anche nella sua industria di magliaio) che dicono « Tas, ti, pistola! » a chi va a parlargli di public-relations, di marketing e di copywriters. A noi, francamente, non dispiacciono. Rimangono uomini di carne e di ossa. Sfuggono, si fa par dire, alla cibernetica, ma non alla saggezza collaudata dal tempo.

Il suo Bologna

Renato Dall'Ara, in primo piano sulla destra con il cappello, accoglie Hugo Meisl (quarto da sinistra nella foto) alla stazione di Bologna, prima di Bologna - Admira Wien del 1934, finale della Coppa dell'Europa Centrale. Terzo da sinistra, a fianco di Meisl, l'avvocato Renzo Lodi. Primo da destra, dietro a Dall'Ara, Giuseppe Muzzioli.
Renato Dall'Ara accoglie Hugo Meisl alla stazione di
Bologna, prima di Bologna - Admira Wien del 1934.
Veramente, chiedere a lui che cosa rappresentava il Bologna nella sua vita di tutti i giorni, era cavargli immediata-più gli piaceva: « E' la mia famiglia, io non ho avuto figli, perciò i miei giocatori sono diventati i miei ragazzi ». Era un suo vezzo. Com'era un vezzo autodefinirsi « piccolo industriale di provincia con l'hobby del calcio ». E comperava e vendeva lui. Soprattutto comperava. « Il migliore modo di acquistare — diceva — è quello di non vendere ». La frase è rimasta famosa, tanto più che egli la pronunciò la prima volta il giorno in cui un gruppo di autorevoli sportivi petroniani andò a lamentarsi con lui, che la squadra declinava e bisognava rafforzarla. Questo fatto del non volere acquistare gli ha attirato addosso una taccia di cui egli rideva: avaro. Effettivamente somigliava a quei vecchioni nostri nonni o nostri padri d'altri tempi, che per qualunque lavoro o servizio si compiesse ti ricompensano con una « palanchetta ». Ci sembravano taccagni da morire e invece erano dei saggi parsimoniosi. « Perchè buttare i quattrini? — diceva —. Perchè inabissare le squadre in bilanci rovinosi? E' una strada che non porta lontano. Meglio essere parsimoniosi e infischiarsene di chi ti chiama avaro ». Era nato a Reggio Emilia il 10 ottobre del 1892. La sua attività di industriale laniero ha avuto inizio subito dopo la prima guerra mondiale, in cui aveva combattuto col grado di maresciallo di cavalleria. Fece tutto da solo, improvvisando e affidandosi alla buona sorte. Da poco nulla, arrivò ad impiantare una industria che con gli anni diverrà fiorente e fortunata. Si occupava già di calcio ma prima di arrivare alla presidenza del Bologna dovrà attendere fino all'ottobre del 1934. Incominciò con un trionfo: la conquista della Coppa d'Europa. Attualmente ricopriva il ruolo di consigliere della Lega Nazionale professionisti. Ma l'età e le varie indisposizioni di questi ultimi tempi, avevano rallentato dì molto questo genere d'attività extra-rossoblu. Sicuramente il famigerato « caso doping » deve avergli inferto un colpo molto duro. Dai brutti giorni in cui esplose, egli è parso sempre seriamente indisposto. Solo domenica scorsa, in occasione dell'incontro Bologna-Lazio, era tornato in tribuna. E' stata l'ultima partita cui ha assistito. Domenica, all'Olimpico, durante lo scontro più arduo in cui sarà impegnato il suo Bologna, gli sportivi italiani lo immagineranno di nuovo al suo posto, con in mano un lembo di quello scudetto ch'egli considerava il più caro e il più suo fra i tanti conquistati dal suo squadrone all'aria libera degli stadi.



Sopra, i ricordi della Sig.ra Nella Dall'Ara, moglie dell'indimenticabile Renato Dall'Ara.

Da "La Stampa" del 4 giugno 1964

La Tragica fine di Dall'Ara nella Lega Calcio a Milano

Di Leo Cattini

Dall'Ara con la Nazionale.
Dall'Ara con la Nazionale. 
Il presidente del Bologna muore discutendo col presidente dell'Inter Aveva 72 anni. Doveva concordare con Moratti i premi ai giocatori per la partita di Roma. All'improvviso si è piegato sulla sedia. E' spirato mentre il collega milanese cercava di sorreggerlo. La moglie è stata colta da choc alla notizia. Milano, 3 giugno. Il comm. Renato Dall'Ara, da trent'anni presidente del Bologna, è deceduto verso le ore 17,30 per infarto cardiaco nella sede della Lega nazionale e precisamente nella saletta del presidente dott. Giorgio Perlasca. Era stato quest'ultimo a convocare l'anziano dirigente calcistico (nato il 10 ottobre 1892 a Reggio Emilia) per una consultazione alla quale doveva intervenire anche il presidente dell'Internazionale, Angelo Moratti. Scopo principale della riunione era quello di concordare, in forma amichevole, l'entità del premio di partita da aggiudicare ai giocatori nerazzurri e rossoblu, impegnati nello spareggio di domenica prossima. Doveva essere stabilito, di comune accordo, un tanto da erogare ai vincitori ed un tanto agli sconfitti. Ciò nell'intento di placare l'attesa degli stessi giocatori, messi in agitazione dalle notizie diffuse in questi ultimi tempi, e nello stesso tempo di allentare la tensione che gravava sulla partita decisiva del campionato.

A Milano

Il libro commemorativo.
Il libro commemorativo.
Era anche intenzione del presidente della Lega nazionale di attenuare lo stato di evidente disagio venuto a determinarsi tra le due vecchie società calcistiche e tra i loro dirigenti in conseguenza delle polemiche accese dalla Questione del « doping » e da tutto il resto. Il presidente del Bologna era giunto a Milano in macchina verso le ore 15,30 accompagnato dalla moglie Nella e dal medico personale dr. Pinetti. Veniva ricevuto subito dal capo dell'ufficio stampa Scarambone ed accompagnato da questi nella saletta del dr. Perlasca. In attesa dell'arrivo del presidente dell'Inter, rintracciato per telefono in quanto l'orario preciso del convegno non era stato fissato, Dall'Ara aveva spiegato con disinvoltura che domenica scorsa più che sentirsi male aveva preferito ritirarsi per timore dell'entusiasmo popolare, specialmente dopo che il vicepresidente del sodalizio rossoblu l'aveva sollevato di peso in tribuna d'onore, esternando così il suo entusiasmo alla notizia — risultata poi falsa — che la squadra nerazzurra aveva pareggiato a San Siro contro l'Atalanta (e che pertanto il Bologna era campione. In seguito il comm. Dall'Ara aveva avuto espressioni d'ammirazione per la vittoria conquistata dall'Inter a Vienna contro il Real Madrid, rammentando però che anche il Bologna, ai tempi d'oro, s'era imposto due volte nella « Mitropa Cup ». Alle 17,22 era giunto il presidente dell'Inter e dopo i convenevoli di rito i tre dirigenti — Perlasca, Dall'Ara e Moratti — avevano iniziato con la massima serenità le discussioni per stabilire — come giù detto — l'entità dei premi di partita da assegnare per lo spareggio di domenica prossima, con l'impegno di osservare onestamente i patti.

La fine

Dall'Ara con Lorenzini, Luis Vinicio e Fedele Greco.
Dall'Ara con Lorenzini, Luis Vinicio e Fedele Greco.
All'improvviso Dall'Ara si era appoggiato allo schienale della sedia, piegandosi poi verso sinistra, addosso a Moratti. Questi aveva sorretto subito il collega, e coadiuvato da Perlasca, l'aveva adagiato su un divano. Alle grida di Moratti e di Perlasca, accorreva il medico personale dott. Pinetti, che non poteva fare altro che accertare il decesso. La moglie era uscita per effettuare alcune compere e non era quindi per il momento rintracciabile. Secondo le modalità della legge, venivano avvertiti la Squadra Mobile, che provvedeva a sua volta a chiamare la Volante, ed il commissariato Duomo, che disponeva per gli accertamenti, stendendo il verbale sulla base della dichiarazione di morte (per cause naturali) stilata dal dott. Pinetti. Veniva pure interessato il Procuratore della Repubblica, che prospettava due possibilità: o il ricovero della salma all'obitorio o l'autorizzazione per il trasporto a Bologna (richiesto poi dalla moglie, che una volta rintracciata e sebbene avvertita con la massima cautela, era stata colpita da leggero choc). Per ottenere al più presto possibile l'autorizzazione per il trasporto a Bologna, veniva interpellato anche il sindaco prof. Bucalossi, che interessava a sua volta l'assessore allo Stato Ciuile. In attesa del furgone speciale, veniva allestita la camera ardente nel salone d'onore della Lega nazionale. Anche l'avv. Giustiniani, presidente della Corte d'Appello di Milano presidente della Corte federale, interveniva per accelerare le pratiche. Il presidente del sodalizio nerazzurro, Angelo Moratti, sconvolto e quasi fuori di sé, (l'anziano collega era morto fra le sue braccia) si rifiutava di rispondere a certe domande concernenti lo spareggio di domenica prossima. Verso le ore 21 il dirigente nerazzurro lasciava la sede della Lega ed a vegliare la salma (la cui rimozione è ammessa soltanto dopo ventiquattro ore dal decesso) sono rimasti il prof. Boselli, il dott. Perlasca e Scarambone, ai quali si sono aggiunti, più tardi, i consiglieri della società rossoblu, venuti da Bologna. Renato Dall'Ara aveva 72 anni. Aveva partecipato alla prima guerra mondiale come maresciallo di cavalleria. Successivamente, trasferitosi a Bologna, aveva organizzato un'industria di maglieria che doveva in breve tempo prendere ampio sviluppo. Da trent'anni ininterrottamente era presidente del Bologna, squadra che, sotto la sua guida, aveva vinto quattro campionati italiani (1935-1936; 1936-1937; 1938-1939; 1940-1941), una Coppa Europa (1934), il Torneo dell'Esposizione di Parigi (1937) e infine la Coppa dell'Europa Centrale (1962).

Il cuore non ha retto alla passione sportiva

Di Vittorio Pozzo

Il Presidente
E' morto il presidente del Bologna. Il cuore, che da lungo tempo lo insidiava e faceva temere per lui, ha finito per cedere. O per tradirlo. E' morto facendo il suo dovere di dirigente, combattendo per la sua società. Si era recato a Milano, alla Lega Nazionale, dove, a seguito di iniziativa sua personale, doveva aver luogo una riunione col presidente dell'Internazionale, alla presenza di qualche alto esponente della Lega stessa o della Federazione, allo scopo di fissare, su basi di eguaglianza, i premi da versare ai giocatori che, vincendo lo spareggio di domenica prossima, avessero riportato il titolo di Campione d'Italia. Stava per difendere una causa giusta, insomma. Era, da tempo, in condizioni di salute alquanto scosse. Già, alcuni mesi or sono, aveva avuto due attacchi cardiaci. Poi si era ripreso. E, proprio al momento in cui era scoppiata la grossa « grana » del drogaggio per la sua squadra, aveva fatto una ricaduta, la più grave di tutte. Era stato un paio di mesi a letto, poi si era recato a Napoli ed altrove, in cerca di pace e di sole, colla proibizione di occuparsi delle cose del calcio. Se fosse stato presente, forse le cose sarebbero andate diversamente a Bologna in quel frangente. Perché una bella pratica dell'ambiente se la era acquisita nei lunghi anni di presidenza del suo sodalizio e di appartenenza agli enti federali. Allo stadio della sua città non ci era più stato, per lungo tempo. Fu proprio lui, personalmente, che volle andarci domenica scorsa, per l'incontro tra i rossoblu e la Lazio, malgrado il parere contrario della sua signora e del medico curante: i quali avevano finito per accompagnarlo. Quando nello stadio stesso avvenne quel finimondo che avvenne, per l'equivoco insorto fra i termini di « spareggio e di pareggio », noi dicemmo ad un collega: « Chissà se il cuore di Dall'Ara avrà retto ad emozioni così violente e contrastanti! ». Guardammo. Al suo posto non c'era già più. Lo avevano portato via.

Emozioni fatali

Dal libro celebrativo in ricordo di Dall'Ara.
Dal libro celebrativo in ricordo di Dall'Ara.
Gli telefonammo la sera stessa, e rispose lui medesimo, dicendo che erano tutte esagerazioni e che lui stava benissimo. Per noi, invece, gli sono state fatali proprio le emozioni di quella sera. Tanto che, a notte, incominciammo l'articolo per la seconda edizione di « Stampa Sera » di lunedì, l'altro ieri, scrivendo che i malati di cuore non avrebbero più dovuto presenziare agli incontri calcistici. Era un presagio, il nostro: un triste presagio. Ci incontrammo ancora lunedì sera stesso. Ci raccontò più cose interessanti. Era magro e tirato, ma ci pareva abbastanza rimesso, tanto che ci disse: « Forse domenica prossima sarò a Roma per la finalissima ». E' caduto, come un soldato. Facendo il suo dovere. Passava un po' per tirchio nell'ambiente. Ma, effettivamente, per il suo Bologna aveva speso un patrimonio. Rispettava il danaro, che, in gioventù, aveva sudato a guadagnare, e, quando spendeva era perché era indispensabile spendere. Ci conoscevamo da più di una trentina d'anni, e ci aveva dato prove di vera e schietta amicizia. Non aveva figli, ma aveva una moglie che lo adorava ed in ogni dove lo seguiva. Come tutti i dirigenti sportivi che sono soliti pagare di persona, ha avuto dalla sua squadra, e dalla sua società, gioie e dolori, soddisfazioni e disinganni. Schiettamente, sinceramente, la sua morte ci ha colpito, ci ha addolorato nel modo più vivo e le condoglianze che noi rivolgiamo alla sua signora ed ai parenti ed amici suoi sgorgano direttamente dal cuore. Perché noi non apparteniamo a quella schiera dilagante di persone alle quali lo sport ha saputo e potuto insegnare l'odio per coloro che la pensano diversamente da loro. Noi amiamo dire e scrivere la verità, senza odiare né svergognare nessuno. Di uomini parliamo meno che possiamo: preferiamo parlare di fatti e di cose. E ci teniamo lontani il più possibile da chi, per abitudine, esagera. Per questo, preferiamo tenere per noi la nostra commozione. La morte di Dall'Ara ha turbato il campionato mentre questo stava avviandosi al suo momento culminante. Diciamo questo, perché conosciamo bene il Bologna. Il colpo che esso ha subito è grave. La pietà — quella che qualcuno proclamava fosse morta — ha ridotto lo slancio e ridotto anche le forze morali di quella creatura che egli tanto amava: la squadra bolognese.

Un rimpianto nella felicità dei bolognesi

Hanno portato lo scudetto sulla tomba di Dall'Ara

di Enzo Masi 

Renato Dall'Ara, al centro nella foto, ai bei tempi dei suoi primi trionfi con il Bologna, festeggia nella sede del Bologna A.G.C., situata ai tempi in Via Manzoni 4, presso la Casa del Fascio a palazzo Ghisilardi Fava (ora sede del Museo Civico Medievale), il Torneo dell'Esposizione Universale di Parigi, vinto in finale contro gli inglesi del Chelsea FC nel 1937. Al fianco di Dall'Ara, con il braccio alzato, il super tifoso Otello Montanari, titolare dell'omonimo bar ritrovo degli sportivi rosso-bleu. Sulla sinistra, un sorridente Giuseppe Muzzioli, ritirato da anni dall'attività agonistica, ma sempre vicino alle sorti del club.
Dall'Ara, al centro nella foto, ai tempi dei suoi primi
trionfi con il Bologna, festeggia nella sede del B.A.G.C.
il Torneo di Parigi, vinto contro il Chelsea nel 1937.
Bologna, lunedi sera. Due auto si sono fermate nelle prime ore di questa mattina davanti alla sede della società rossoblu. Silenziosamente, quasi con circospezione, sono scesi due uomini, i quali sono entrati dal portone contrassegnato con il n. 8. DI li a poco ne sono usciti con un involto. Poi le vetture sono scivolate via silenziosamente come erano venute, senza dare nell'occhio e si sono confuse con il traffico. La città riecheggiava ancora dell'entusiasmo di ieri e della nottata. Alle finestre erano ancora molte bandiere rossoblu, molti drappi. Sulle nere vetture erano alcuni consiglieri del Bologna: ieri, durante la partita, avevano preso impegno solenne che nel caso di vittoria dei rossoblu avrebbero portato lo scudetto a Renato Dall'Ara, perché lo scudetto era anche suo. La Certosa era ancora deserta sotto la calura di un sole inflessibile: il fatto si sarebbe consumato nel silenzio, nel raccoglimento e, soprattutto, sommessamente. Ecco la tomba di Renato Dall'Ara, ancora circondata di fiori, di corone C'era nell'aria un profumo acuto, un sentimento di rimpianto per l'uomo che è scomparso a così breve tempo dal trionfo cui avrebbe voluto partecipare. Quando è stato aperto il cancelletto della tomba di famiglia, una sorpresa ha fermato il gruppetto di consiglieri: all'interno, alla rinfusa, giacevano una catasta di bandiere rossoblu. Certamente le avevano gettate ignoti tifosi, entrati poco prima della chiusura. Soltanto così, lo scomparso presidente ha potuto avere il suo scudetto. Se fosse stato in vita avrebbe certamente assistito — perché a Roma non lo avrebbero lasciato andare — all'esplosione delia sua città. La signora Nella, infatti, rimasta lassù in villa, ad ascoltare l'incontro di Roma ha voluto tenere accanto a sé la poltrona di Renato, quella che il presidentone prediligeva. « Sarà come se lo avessi vicino per ascoltare quello che fanno i suoi ragazzi » aveva detto con Giorgio Neri, consigliere del Bologna, amico di famiglia dei Dall'Ara, che più di altri è stato vicino alla signora Nella durante la giornata di ieri, in cui tante cose vive le ricordavano il marito scomparso.

La voce di Bologna

Il retro della cartolina postata sopra. Grazie a Emanuele del sito "Atleti ed Eroi".
Retro della cartolina postata sopra. Grazie a Emanuele
del sito "Atleti ed Eroi".
Dopo la vittoria dei rossoblu, dopo l'esaltante partita la signora Nella si è affacciata al balcone della villa, dove si può scorgere tutta la città: un brusio enorme, che aumentava d'intensità, il clamore dei clacson si fondeva con le grida di gioia, saliva verso le, colline. « Sente, Giorgio, ecco la voce di Bologna che festeggia la sua squadra. Per me è una gioia, e sono fiera ed orgogliosa, vorrei potere abbracciare Bernardini e i ragazzi. Ma sono anche disperata perché Renato non c'è più, non può partecipare alla grande felicità di questa giornata indimenticabile che lui aveva tanto sognato, che aveva costruita pazientemente per anni e anni ». Così ha detto la signora Nella, quando la radio ha annunciato la seconda rete del Bologna. Il Bologna doveva vincere, soprattutto doveva vincere per regalare il titolo al suo grande presidente. Continuano intanto a pervenire a Bologna telegrammi di felicitazione da ogni parte d'Italia, da società calcistiche, da privati e sconosciuti tifosi. Il presidente della Repubblica Segni ha voluto partecipare alla gioia dei petroniani inviando un messaggio al sindaco Dozza, compiacendosi per la vittoria del rossoblu e per lo scudetto così limpidamente conquistato sul campo. Frattanto a Bologna si incomincia a parlare di successione a Dall'Ara. Si sono fatti troppi nomi, a poche ore dall'inumazione del presidente, forse si sono fatti anche troppo frettolosamente. Tuttavia si pensa che tre persone abbiano maggiori probabilità degli altri candidati: la signora Nella, moglie di Renato Dall'Ara, il comm. Goldoni e lo stesso Giorgio Neri, ex c. t. della Federtennis. Si ha ragione di credere che da questi tre nomi uscirà il nuovo presidente del Bologna Football Club.

In ricordo di Dall'Ara 

Un anno fa, il 3 giugno, moriva il presidente del Bologna, sportivo sincero, uomo retto - L'emozione per la sua squadra, che doveva poi vincere il campionato, aveva contribuito all'improvvisa fine.

di  Vittorio Pozzo

Una pagina del "Corriere dello Sport" dopo la morte di Renato Dall'Ara.Esattamente un anno fa, il 3 giugno 1964, moriva a Milano, il presidente del Bologna, Renato Dall'Ara. Soffriva di cuore da parecchio tempo, ed i dottori, affinché evitasse le emozioni, gli avevano proibito di assistere agli incontri calcistici. Al divieto si era adattato per qualche mese, ma la domenica 1° giugno non aveva saputo resistere alla tentazione. La squadra che egli dirigeva con passione ed amore da alcuni lustri, era in lotta per il primato, ed egli non poteva rimanere lontano da essa nei momenti decisivi della lotta. Era venuto allo stadio, accompagnato dalla sua signora, cheto seguiva amorevolmente passo per passo, e dal medico curante. Al termine della partita, una notizia, risultata poi falsa, aveva gettato in subbuglio i sostenitori del Bologna. I rivali diretti del petroniani, si diceva, erano usciti sconfitti dal loro incontro di campionato, e così il Bologna era passato al primo posto della classifica. Ricordo come se fosse ieri la scena alla quale la notizia diede luogo quella sera. Tutti attorno a Dall'Ara, tutti a congratularsi, ad abbracciarlo, a baciarlo. Poi, smentito e macchina indietro: l'annuncio era stato opera di uno spiritoso che aveva voluto fare uno scherzo. Ero a due passi, e pensai al gran male che dovevano fare al suo cuore sofferente, quelle due emozioni violente e contrastanti. A sera, Dall'Ara mi invitò a cena a casa sua, su nella magnifica villa dove era andato ad abitare in collina. Attese che avessi finito di lavorare per ricevermi. Quella sera, a tavola, non finiva più di parlare. « Hai fatto bene a venirtene via! Ti ricordi il mio consiglio ! ». Era stato lui, anni prima, a raccontarmi cosa si tramava a danno mio. Ad un dato punto mi disse: « Dopodomani vado a Milano, in Lega, per un appuntamento importante ».

Era un brav'uomo


Torino, 1 febbraio 1948, Juventus - Bologna 0-1. Renato Dall'Ara abbracciato da Mario Gritti, autore della rete della vittoria, Franco Marchi e Sauro Taiti. Da sinistra: Mario Gritti, Renato Dall'Ara, Franco Marchi e Sauro Taiti.
Juventus - Bologna 0-1, 1 febbraio 1948.
Renato Dall'Ara abbracciato da Gritti, Marchi e Taiti.
Finito che ebbe di parlare, io, di mia iniziativa, ma anche su un cenno della signora e del dottore, seduti di fronte a me, lo sconsigliai di fare il viaggio. Mi rispose: « Lo so che " quelli " non vogliono, ma io ci devo andare, altrimenti non sarei degno di fare il Presidente ». Andò e morì. Reclinò il capo sulla spalla di chi gli stava vicino, e finì di essere il Presidente e l'Uomo che era. E non vide la sua squadra — che allora marciava veramente forte — vincere lo spareggio ed il campionato della stagione. Ai suoi funerali c'era tutta Bologna. E' passato un anno intero, ed io quegli avvenimenti li ho davanti agli occhi ed al cuore con contorni nitidi e precisi, come se ogni cosa fosse avvenuta ieri. Eravamo amici. Non nel senso che si attribuisce al termine al giorno d'oggi. In quello vero e sincero invece. Lui mi aveva reso, moralmente, tanti servizi, durante la mia lunga carriera di Commissario. Ed io avevo aderito al suo desiderio, accorrendo una volta per settimana, per lunghi mesi, ad aiutare la sua squadra, quell'anno in cui essa non ne imbroccava una e minacciava di cadere in B. Come avevo fatto, anni prima, col marchese Ridolfi — stessa morte repentina — quando la Fiorentina venne a salire dalla B in A. Aveva un mucchio di nemici, Dall'Ara, ma era un brav'uomo. Non era tirchio, ma era nemico delle spese pazze. Rispettava il soldo, e voleva che esso fosse rispettato. Non era un impulsivo, amava riflettere sulle cose. Ma, quando agiva, lo faceva con risolutezza. Volutamente, non faceva del male a nessuno. Conosceva gli uomini, e ne diffidava. Chi lo ha conosciuto da vicino, lo ha apprezzato. E non può dimenticarlo. lo appartengo alla schiera di coloro che non lo hanno dimenticato e non lo dimenticheranno.

Miracolo a Bologna

Dopo i rischi dello scorso anno Dall'Ara ha varato una squadra forte - L'acquisto di Giorcelli e Greco

di GIORGIO MARTINELLI, mercoledì 13 agosto 1952.

La prima pagina de "La Gazzetta dello Sport" del 4 giugno 1964, il giorno dopo la scomparsa del Presidente.A mali estremi, estremi rimedi: questo deve essere stato il primo pensiero formulato dal comm. Renato Dall'Ara, presidente del Bologna, dopo l'incontro finale dello scorso campionato. Un campionato, in verità, assai fortunoso per i rossoblu, che, per numerose domeniche del girone di ritorno, anzi, fino all'ultimo minuto del torneo, avevano visto pregiudicare da una serie di risultati negativi la sicurezza di poter restare in serie A. Cessato l'allarme per la retrocessione Dall'Ara si è buttato nella campagna acquisti con una foga e un entusiasmo e una volontà di rifare la squadra, con energie nuove anche per far ricredere chi aveva ritenuto immutabile il motto dell'anno prima « il miglior acquisto è non vendere » motto che come si era visto non aveva portato troppa fortuna al rossoblu. Il presidente del Bologna ha iniziato in sordina, lasciando cuocere i tifosi nel fuoco lento del dubbio e delle speranze precocemente deluse; ha lasciato che i grossi calibri sparassero a volontà (e spesso a salve), poi ha persino rivolto un pubblico appello al buon cuore (e al portafogli) del più danarosi sostenitori del sodalizio (appello rimasto senza risposta, come era logico prevedere) e alla fine, da astuto stratega, ha cominciato a lanciare i suoi comunicati di nuovi acquisti con una frequenza e una serietà d'intenti degne della massima fiducia. A tutto però bisogna premettere anche le enormi difficoltà create dalla squalifica a vita di « capitan Cappello », squalifica che, anche se sarà mitigata nella misura, il 24 agosto prossimo, dalla Commissione d'Appello Federale, specie dopo la piena assoluzione emessa in istruttoria dall'autorità giudiziaria, ben difficilmente permetterà di allineare presto il padovano al centro dell'attacco.

Più di settanta milioni spesi nel calcio-mercato


Marzo 1957. Renato Dall'Ara in Romagna per l’inaugurazione del Centro Federale di Forlì. Di fronte al parroco che benedice il campo di gioco si riconoscono Gino Canevazzi e Renato Dall’Ara (in primo piano con il cappello); poco dietro si intravvedono Dino Castelvetri, Manlio Moratelli e sulla destra Corrado Gotti e Pietro Billone. Collezione Lamberto Bertozzi.
Renato Dall'Ara (con il cappello) a Forlì, 1957.
Foto: collezione Lamberto Bertozzi.
Lancia in resta, perciò, Dall'Ara ha aperto i cordoni della borsa ed ecco assicurato, per prima cosa, un buon allenatore, un uomo serio, capace, preparato. Prima intanto era già diventato rossoblu, per quattro milioni, il ventiquattrenne Domenico La Forgia, ala sinistra proveniente dalla Salernitana. E poi, di seguito, il terzino destro Nello Cattozzo, di 27 anni, acquistato dal Treviso per 20 milioni; Fedele Greco, centromedlano, di 23 anni, ceduto dal Legnano, e Lucchese che lo avevano in comproprietà per 32 milioni; Francesco Rendon, di 27 anni, interno sinistro, proveniente dal Catania, per 14 milioni; e ancora il valido portiere del Monza, il ventiquattrenne Anselmo Giorcelli, ottenuto dal Monza per scambio più 17 milioni. Infine, contratto stipulato proprio nelle ultime ore, poco prima della chiusura della campagna acquisti, è stato assicurato anche l'interno Giancarlo Bacci, di 21 anni, ceduto a metà dalla Roma per 10 milioni. A tutti questi nuovi nomi (nuovi per Bologna, s'intende) va aggiunto il rientro dal Napoli per fine prestito, dell'attaccante Stefano Mike. In quanto alle partenze, invece, le cose sono state assai più modeste e solo le reiterate sonanti offerte per Cervellati offerte peraltro sempre respinte, hanno gettato l'allarme a più riprese nel « clan » rossoblu. Per il resto v'è stata solo la cessione dell'ala Livio Flliput al Bari per 2 milioni, del mediano Luigi Cingolani per 3 milioni e del portiere Glauco Vanz, entrambi pure al Bari. In definitiva, salvo modifiche dell'ultima ora, dopo cioè che Viani avrà saggiato i suol atleti nei primi allenamenti, lo schieramento che il Bologna dovrebbe presentare sul campo, all'Inizio dell'imminente campionato, potrebbe, in linea di massima, essere il seguente: Giorcelli; Cattozzo, Ballacci; Pilmark, Greco, Jensen; Cervellati, Garcia. Mike, Bacci, Randon.

LE ORIGINI DEL "CALCIO-MERCATO"

da "La Stampa", 14 giugno 1977.

Renato Dall'Ara all'inaugurazione del Campo Federale Savena a Bologna, dove il 4 novembre 1956 convennero un gran numero di personalità. Ne vediamo diverse: al centro parla al microfono il Presidente della F.I.G.C. Ottorino Barassi, che era anche presidente ad interim della Lega Giovanile; dietro di lui si vedono Franco Bettinelli (seduto), consigliere nazionale di L.G. e futuro presidente nazionale del Settore Giovanile; proseguendo verso destra Gustavo Zini (in piedi), poi Bonifacio Bortolazzi e il dr. Orfeo Tinti, consigliere del C.P. bolognese di Lega Giovanile. Seduto davanti a Barassi, con il cappello, è il comm. Renato Dall’Ara, presidente del Bologna F.C. e consigliere nazionale, mentre in alto a sinistra, rivolto verso l’oratore, c’è il presidente regionale di L.G. ing. Gino Canevazzi.
Dall'Ara, al centro della foto, seduto, All'inaugurazione
del Campo Savena. Collezione Lamberto Bertozzi.
Iniziò con la stravaganza di un principe palermitano. Un nobile siciliano, il principe Raimondo Lanza di Trabia, stravagante ed intelligente uomo di mondo, un giorno accolse nel suo appartamento dell'Hotel Gallia di Milano un dirigente calcistico. Avvolto in un accappatoio, scambiò i convenevoli con l'invitato, poi si denudò per calarsi in una vaporosa vasca da bagno. Con poche battute concluse un buon affare calcistico a danno dell'imbarazzatissimo ospite, costretto dal disagio ad accelerare i tempi dell'operazione. Siamo negli Anni 50, nasceva un mito, il calciomercato, una campana di vetro, privilegio di pochi mecenati, come Paolo Mazza, Renato Dall'Ara, il comandante Achille Lauro e il primo grande « general manager » e tecnico del calcio, Gipo Viani. Nacque un costume, una abitudine che divenne una simpatica e molto colorita norma di vita calcistica. Il mercato dei giocatori diventò sempre più un « ortus conclusus », limitato ad un giro tradizionalmente ristretto di operatori, dirigenti e mediatori che possedevano del Gallia le chiavi d'oro. Tutto sommato, eravamo ancora alla bella epoca del calcio-mercato romantico, l'aspetto commerciale era di là da venire con tutte le sue complicazioni e sovrastrutture. I prezzi, frattanto, lievitavano.

Dal Gallia all'Hilton


Renato Dall'Ara, primo da destra, al matrimonio di Dino Fiorini, il 1 marzo 1938. Dino Fiorini, primo da sinistra nella foto, fortissimo terzino del Bologna anni Trenta, prese in sposa Italia Degli Esposti (terza da sinistra), nella chiesa di San Giorgio di Piano, in provincia di Bologna.
Renato Dall'Ara, primo da destra, al matrimonio di
Dino Fiorini, il 1° marzo 1938, a S. Giorgio di Piano.
Achille Lauro, che da sempre e invano sognava una « grande Napoli » pedatoria, acquistò dalla Svezia il famoso asso Jeppson, lungagnone riccioluto e lentigginoso, che costò l'allora sbalorditiva cifra di 105 milioni. Siamo nel 1952, forse va in frantumi un'intercapedine e s'inizia l'era del calcio come commercio nel vero senso della parola. Al « Gallia » le operazioni si svolgevano in maniera circospetta e caotica ad un tempo. Le halls erano sovraffollate, i tifosi in attesa ingenua e molto naïve se ne stavano a bocca spalancata sulla soglia del lussuoso hotel di Milano, per conoscere il campione che avrebbe rinforzato la squadra del cuore. Un vero valzer di milioni, ma forse più chiacchierati che effettivamente versati a questa oppure a quella società. Passavano gli anni, i costumi non venivano ossidati dal tempo. Ci fu solo un cambiamento di dimora. Mercato calcistico non più al « Gallia » ma all'Hilton. L'organizzazione non cambiava le strutture; mutavano i mezzi perché i dirigenti potessero comunicare. L'Hilton somigliava più ad un centro fieristico che ad uh hotel di lusso. Siamo nel '72. Quattro stagioni e la « fiera calcistica » cambia indirizzo: il «Leonardo da Vinci» diventa il nuovo centro operativo. Cambiano i corridoi, gli androni, ma restano i mediatori e i miliardi. L'avv. Campana si agita, proclama scioperi ed agitazioni. Finalmente viene assecondato da Carraro, il quale, dopo un'assemblea con i rappresentanti di tutte le società di A, B, C e D, dichiara che il mercato è morto, che le contrattazioni non si svolgeranno più in una sede fissa ma telefonicamente oppure nelle sedi delle società interessate ad uno scambio di giocatori. 13 giugno 1977: una data storica, come quella ormai remota del '50, quando Raimondo Lanza di Trabia riceveva i dirigenti calcistici mentre era immerso in una vasca da bagno.

Il Bologna per Cappello
chiede risarcimento dei danni

Deficit dei rossoblu: oltre 55 milioni

Il trofeo "Renato Dall'Ara", che si disputò per alcune stagioni dopo la morte del Presidente. La prima edizione, che venne giocata dal 3 al 7 settembre 1966, vide la partecipazione di Bologna, Atlético Madrid, FK Spartak Moskva e SR Brașov. Il trofeo andò ai sovietici dello Spartak. Il Bologna si aggiudicò l'edizione del 1967, a cui parteciparono l'Internazionale Milano e il  FC Barcelona. Il Bologna sconfisse i catalani per 2-0 e per 2-1 l'Inter. Nel 1974, parteciparono Bologna, Fulham FC e lo Zenit Leningrado (l'attuale Zenit di San Pietroburgo), che si aggiudicò la coppa.
Il trofeo "Renato Dall'Ara".
Bologna, mercoledì sera, 30 luglio 1952. Si è svolta ieri sera l'annunciata riunione sociale della squadra rossoblu. Erano presenti 32 soci su 58. Fra le personalità del Bologna vi erano il presidente Dall'Ara, il vice-presidente Salderini, i consiglieri Goldoni e Carozzi, il segretario del Consiglio avv. Roffeni, il revisore del conti dott. Canepele e i sindaci dott. Nanni e rag. Babina. L'aw. Roffeni ha letto la relazione sportiva, riconoscendo le varie ragioni collegate alla cattiva prestazione del Bologna in questo campionato, ragioni che vanno fatte risalire agli errori di impostazione e all'eccessiva fiducia data a una squadra che nel torneo precedente si era comportata abbastanza brillantemente. Ha poi elogiato i sostenitori e i tifosi che sono stati vicini alla squadra e ringraziato i cinque ex-giocatori del Bologna che hanno dato il loro appoggio. Ha poi chiarito la sostanza di un appello ufficiale rivolto su un foglio sportivo bolognese dalla presidenza del Bologna al tifosi, ove si chiedevano contatti diretti con persone che potessero aiutare il Consiglio, specialmente per la campagna acquisti. Il relatore ha sostenuto che l'appello era del tutto sincero, ma che tuttavia nessuno si è fatto avanti. Si è poi parlato della situazione giocatori, argomento primo le cessioni: vi è difatti un programma di sfoltimento, ma per ora non vi è niente di concluso. Vi è poi da segnalare il rientro di Mike, che potrà forse tornare utile alla squadra se Cappello si troverà in difficoltà per la nota squalifica. Al proposito di Cappello, in Consiglio è stato annunciato che la società si riserva di adire in sede giuridica a carico di coloro che hanno avuto responsabilità nel far giocare Cappello nel noto torneo. Si è poi accennato agli acquisti cioè a Cattozzo, il salernitano La Forgia e il centromedlano Greco, senza contare naturalmente il nuovo allenatore Viani. L'avvocato Roffeni ha poi annunciato che sono in corso trattative per l'acquisto di un'ottima mezz'ala di serie B (si pensa si tratti di Randon). E' seguita quindi la relazione finanziarla del dott. Canepele, in seguito alla quale si appreso che il deficit ammonta L. 55.996.443. Dopo una serie di brevi interventi, è stato riconfermato il Consiglio direttivo che comprende le persone citate all'inizio e in più gli ex-giocatori Schiavio, Dalla Valle e Badini. Infine sono state approvate all'unanimità tutte le relazioni.

Il Bologna finalista della Coppa Europa 
s'è rafforzato all'attacco e mira alle più alte conquiste

di Nino Maggi, "La Stampa" 30 agosto 1934. 

Renato Dall'Ara.
Renato Dall'Ara.
Bologna, 29 notte. La squadra del Bologna scenderà per prima a combattere in partite ufficiali, poiché, com'è noto, dovrà avanti l'inizio del Campionato, incontrare la squadra austriaca dell'Admira nella duplice finale per il possesso della Coppa Europa. Fu appunto in seguito alla conoscenza delle date fissate per il 5 a Vienna e il 9 settembre a Bologna che dirigenti stabilirono senz'altro di interrompere le vacanze estive e di far riprendere ai giocatori l'allenamento. E poiché tutti questi si trovavano sulla riva adriatica, cosi furono tutti radunati a Rimini, dove, sotto le cure dell'allenatore dott. Kovacs, ritornato immediatamente dall'Ungheria, hanno incominciato il 16 scorso gli allenamenti. Dapprima si è trattato di un lavoro atletico leggero, poi si è intensificata a preparazione sul pallone, e giovedì scorso è stato compiuto un vero allenamento fra la prima squadra e gli uomini di rincalzo, mentre domenica scorsa i rosso-blu sono scesi sullo stesso campo sportivo per incontrarvi la giovane compagine della Libertas di quella città, che si appresta a sostenere un ruolo dì prim'ordine nel Campionato di prima Divisione. La squadra rosso-blu ha fatto quindi ritorno a Bologna e ieri s'è allenata. Giocherà il 2 settembre una partita di allenamento di due tempi di mezz'ora ciascuno con la Spal o con la Pistoiese, per partire poi il giorno successivo immediatamente alla volta della Capitale austriaca. Come si vede, il Bologna entra nel vivo delle competizioni molto sollecitamente, e con altrettanta premura ha lavorato con intensità per raggiungere il miglior grado di forma nell'intento di poter conquistare nuovamente all'Italia il prezioso trofeo messo in palio per le migliori squadre d'Italia, Austria, Ungheria e Cecoslovacchia.

Dall'Ara Presidente del Bologna Sezione Calcio

La copertina del Guerin Sportivo dell'8 giugno 1964. Il settimanale, all'epoca edito a Milano, rende onore al Presidente dei 30 anni.Ma quale sarà la formazione della squadra che nel dopoguerra si è sempre classificata ai primi posti nella scala dei valori nazionali? I nuovi dirigenti della sezione calcio della Bologna Sportiva, con a capo il cav. Dall'Ara, non hanno creduto di scostarsi notevolmente dall'inquadratura degli ultimi anni, inquadratura che, per vero, ha soddisfatto anche gli ammiratori rosso-blu. La difesa rimarrà immutata; quella difesa che in tante occasioni ha al completo indossato la maglia azzurra per sostenere anche i più duri confronti contro formidabili nazionali estere, sarà inalberata al suo posto di battaglia, decisa ad affermarsi ancora fra le migliori. Così in porta sarà sempre Gianni, mentre terzini saranno Monzegllo e Gasperi. Come sostituto portiere è ancora Roggero e sostituto dei terzini Fiorini, giovane promettentissimo che già nella decorsa stagione si mise in buona luce. La seconda linea pure non vedrà cambiamenti. Montesanto manterrà il suo ruolo di mediano destro e sarà ancora una delle colonne rosso-blu; alla sinistra, dopo le scorribande in prima linea, ritornerà al suo posto Corsi, che è tenace e combattivo. Al centro si contendono il posto Occhiuzzi e Donati. Occhiuzzi trovasi attualmente nell'America del Sud e sarà di ritorno alla metà di settembre, per cui allora soltanto si verificherà l'incertezza della scelta. La Coppa Europa sarà disputata da Donati, che già nelle eliminatorie e nelle semifinali si distinse per la sua combattività e per la sua resistenza. Titolare sarà Occhiuzzi, ma a seconda delle condizioni di forma sarà dall'allenatore preferito l'uno o l'altro dei due atleti. E per la seconda linea sarà anche disponibile Martelli, elemento prezioso e ammirevole.

Intense trattative


La tomba di Dall'Ara al cimitero monumentale della Certosa di Bologna.
La tomba di Dall'Ara al cimitero monumentale
della Certosa di Bologna.
I dirigenti hanno rivolto la maggiore attenzione alla linea d'attacco, come quella che necessitava di essere messa nella maggiore efficienza, poiché è stata appunto quella che ha palesato il minore rendimento, ma soprattutto perché non è sempre certo che l'ammirato condottiero Schiavio possa, per le sue occupazioni, partecipare a tutte le battaglie di Campionato. Per questo gli occhi dei dirigenti si sono rivolti sul padovano Spivach, che gioca all'ala destra e può sostenere anche il ruolo di centrattacco. Si profilava anche il problema della mezz'ala destra, problema che non poté essere risolto nella passata stagione e che preoccupava assai. Dopo intense trattative, Sansone ha aderito a riattraversare l'Atlantico ed è arrivato giorni or sono, prendendo immediatamente contatto con i compagni di squadra a Rimini. Sansone, che aveva giocato anche prima di partire e ha continuato la preparazione sul Neptunia, nel primo allenamento ha pienamente soddisfatto e disputerà con i compagni la « Coppa Europa ». Se però non sarà nelle condizioni desiderate, allora i dirigenti del Bologna hanno ottenuto dalla Fiorentina il permesso di allineare Perazzolo, che appunto nelle file del Bologna ha preso parte alle precedenti partite del giugno e del luglio scorso.

Attenzione rivolta ai giovani

Una delle irresistibili vignette di Marino Guarguaglini, in arte "Marino", dissacrante artista di Piombino cresciuto a Torino, per 30 anni colonna del "Guerin Sportivo", ritrae una delle sue "vittime" preferite: Renato Dall'Ara. Il presidente rosso-blu era caricaturizzato con alcuni tormentoni che Marino rendeva esilaranti e popolarissimi: il "sa cosa ci dico io ?" e la passione per le belle donne - a turno era ritratto a dare di gomito alla Lollobrigida, la Loren, alla Silvana Mangano, ecc. I protagonisti ne erano talmente lusingati che, se per una settimana non apparivano "vignettizzati" sul Guerino, telefonavano al conte Rognoni, all'epoca editore del Guerino, per chiedere spiegazioni ! Un mondo creato da Marino che si era addirittura sovrapposto a quello reale, creando macchiette rimaste indelebili nell'immaginario popolare: Nereo Rocco e Niccolò Carosio bevitori inesausti; Dall'Ara con il "sa cosa ci dico io ?"; Padre Eligio e Rivera, la serie cagliaritana Arrica-Gigi Riva-Graziano Mesina, il presidente dell'Inter Fraizzoli che equivocava i suggerimenti dei suoi tecnici e comprava Punta Ala anzichè un'ala di punta ! Altri tempi, altro calcio.
Una delle celebri vignette di "Marino" su Dall'Ara.
All'ala destra giocherà Maini, mentre alla sinistra rimarrà intatto il duo Fedullo-Reguzzoni, che sì è brillantemente comportato in queste ultime stagioni. E per la prima linea sarà pure a disposizione Ottani, che per l'operazione al menisco svolse nello scorso anno un'attività molto ridotta Ora Ottani è completamente guarito e si è anche laureato, per il che non trascurerà gli allenamenti e sarà pronto per ogni evenienza. La prima linea bolognese sarà composta pertanto di Maini, Sansone, Schiavio, Fedullo e Reguzzoni, con in più due eccellenti riserve in Spivach e Ottani. Ecco l'elenco completo dei giocatori che indosseranno la maglia rosso-blu: Portieri: Gianni, Roggero. Terzini: Monzeglio, Gasperi, Fiorini. Mediani: Montesanto, Occhiuzzi, Corsi, Donati, Martelli. Avanti: Maini. Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni, Spivach, Ottani. Abbiamo poi chiesto al presidente cav. Dall'Ara se hanno in cantiere altri atleti, ed egli ci ha cosi risposto: — Abbiamo lasciato ritornare Foglia alla Cremonese, Taddei al Portomaggiore, Porta al Viareggio; abbiamo ceduto Minelli e Biavati alla Pistoiese e Cavazza alla Sampierdarencse; ma possiamo tuttavia contare su Bernardi, che è veramente un buon giocatore, su Frabetti, che abbiamo preso dal Panigale e, nell'eventualità, potremo usufruire di Ottavi e di Becchelli della Fiorentina, che sono attualmente militari a Bologna. Ma la nostra attenzione è particolarmente rivolta ai giovani che cureremo in ogni modo per farne dei campioni. In alcuni c'è veramente della stoffa e speriamo di raggiungere gli scopi che ci siamo prefissi. Non tralascieremo neppure di seguire le partite dei liberi o di altre giovani squadre, perché è insomma nostro concorde desiderio di giungere gradualmente al rinnovamento dei quadri senza ricorrere ai nomi altisonanti e più... cari. « Questo è il nostro programma, non senza sperare fermamente che la nostra prima squadra sappia comportarsi anche meglio dello scorso anno e tener ben alto il gagliardetto rosso-blu. Ed è nostro convincimento che la vessillifera del calcio emiliano non verrà meno alla fiduciosa attesa. N. M.