« Renato Dall'Ara: cinque scudetti, una Coppa Europa, una Mitropa, un Trofeo Expo di Parigi, una Coppa Alta Italia. Ma soprattutto un supremo magistero, una filosofia fatta di concetti così vitali e terreni. Uomini che ai tempi di Dall'Ara non eravate nemmeno nati, uomini che ne avete sentito parlare solo di rimbalzo: tipi come Renato Dall'Ara sono appunto l'uomo, il calcio, la vita ».
Gianfranco Civolani
Il 10 ottobre ricorre l'anniversario dalla nascita di Renato Dall'Ara, il "Presidentissimo", per trenta anni alla guida del Bologna Football Club, dal 1934 al 1964. Dall'Ara, nato a Reggio Emilia, divenne ricco a miliardi con il suo celebre maglificio, che aprì una volta trasferitosi nel capoluogo Felsineo. Il successo imprenditoriale lo raggiunse mettendo in commercio una specie di giaccona a maglia, che Dall'Ara aveva visto indossare in una foto al generale Umberto Nobile (il famoso trasvolatore sul Polo Nord). La giacca a maglia venne lanciata sul mercato con il marchio "Norge" e fu un trionfo di incassi e di immagine personale; in breve divenne uno degli imprenditori più in vista della città. Dopo la caduta in digrazia presso il regime di Leandro Arpinati, serviva un nuovo uomo forte alla guida del Bologna. I gerarchi locali scelsero proprio lui, Renato Dall'Ara, 42 anni, sposato con la signora Nella e senza figli. Fu subito grande amore ma furono anche grandi trionfi. 5 scudetti, 1 Coppa Europa, il Trofeo dell'Expo di Parigi, 1 Mitropa. Un Presidente eccezionale. Non mancarono però i momenti bui e le contestazioni, soprattutto nel dopoguerra, quando la squadra stentava e i successi non arrivavano più. Ma nel momento in cui sentì la "minaccia" del petroliere Attilio Monti - che una larga maggioranza di tifoseria voleva presidente -, si sentì punto nell'orgoglio e cominciò la costruzione, anno dopo anno, della squadra che portò al Bologna il 7° e ultimo scudetto, giocando un calcio meraviglioso, paradisiaco. Purtroppo non poté godere assieme ai suoi ragazzi e alla città quel trionfo; morì in Lega Calcio il 3 giugno 1964 - quattro giorni prima del trionfo rossoblù all'Olimpico di Roma -, colpito da infarto mentre discuteva animatamente con il presidente dell'Inter Angelo Moratti. Il suo cuore, già minato da un infarto precedente, non resse. Chiudo con un breve sunto tratto da un articolo di Gianfranco Civolani:
" Renato Dall'Ara: cinque scudetti, una Coppa Europa, una Mitropa, un Trofeo Expo di Parigi, una Coppa Alta Italia. Ma soprattutto un supremo magistero, una filosofia fatta di concetti così vitali e terreni. Uomini che ai tempi di Dall'Ara non eravate nemmeno nati, uomini che ne avete sentito parlare solo di rimbalzo: tipi come Renato Dall'Ara sono appunto l'uomo, il calcio, la vita ".
Da "L'Unità" del 4 giugno 1964
Il Presidente degli anni trenta
Di Sante Della Putta
La morte e la vita sono spesso poveri incidenti naturali che sfuggono a ogni regola di giustizia e di logica. Stavolta però la morte ha raggiunto uno dei massimi dell''ingiustizia. Ha aspettato a stroncare un uomo come Dall'Ara proprio alla vigilia del suo momento campale, il « giorno romano » che senz'altro egli considerava il più importante di tutta la storia del vecchio Bologna. E così il presidente dei trent'anni, ha chiuso repentinamente gli occhi senza rivedere lo scudetto di Campione d'Italia ricucito sulle maglie rossoblu dei suoi ragazzi. Gli amici dell'Inter ci lascino dire. Sono sportivi e cavallereschi, pertanto non dispiacerà loro se scriviamo che Renato Dall'Ara era certo che lo scudetto quest'anno gli apparteneva. E non era, si badi bene, una certezza derivante da idee di superiorità di squadra, o di tecnica o di bravura; bensì dall'aver visto sotto i suoi occhi scomparire, in virtù d'uno sgambetto canagliesco, una conquista ottenuta. Aveva Il famoso triangolino di stoffa in mano e già stava scegliendo con cura il filo migliore per ricucirlo, dopo più di vent'anni, sulle maglie del suo Bologna, quando bruscamente gliel'hanno rubato. Ma era convintissimo di recuperare la refurtiva il giorno del grande (e per lui ingiusto) spareggio. Renato Dall'Ara aveva 73 anni compiuti ed era presidente del Bologna F.C. da trenta, precisamente dall'ottobre del 1934. Non sappiamo se in Italia vi siano presidenti di squadre calcistiche con direzione così annosa. Certo è che se ce n'è stato uno considerato inamovibile, questo è lui. Inamovibile come certi patriarchi di campagna che, splenda il sole o grandini, rimangono al loro posto senza che a nessuno passi per il cervello il pur minimo pensiero di sostituzione o di avvicendamento. Sono tutt'uno con le stagioni, con la natura che li circonda, coi raccolti fruttuosi o con le perdite, col susseguirsi delle generazioni.
I suoi ragazzoli
Per Dall'Ara « ragazzoli » erano e sono rimasti, Andreolo, Biavati e Puricelli, e « ragazzoli » erano oggi Bulgarelli, Haller, Pavinato e gli altri, anziani o pivelli che fossero. Bè, chiamarlo presidente forse non è del tutto giusto. Meglio sarebbe definirlo « comandante del Bologna ». Era ormai vecchio e la salute cominciava a tradirlo: aveva superato un infarto, uno scompenso cardiaco, un paio di ulcere, il diabete, tuttavia in casa rossoblu faceva tutto lui. Bologna F.C. era lo stesso che mente di bocca la risposta che dire Dall'Ara F.C., la squadra era sua. Com'era sua la fabbrica di maglie che gli aveva dato sicurezza finanziaria e spunti, peraltro controllatissimi, di mecenatismo. Era un bravo dirigente sportivo? Par di si, se si osservano i risultati e il buon nome che il Bologna ha sempre mantenuto. Sotto la sua direzione la squadra ha vinto quattro campionati (1935-1936, 1936-1937, 1938-1939, e 1940-1941) più una prestigiosa Coppa d'Europa (1934) e un torneo internazionale a Parigi (1937). Qualcuno gli imputa una direzione decisamente artigianale, troppo alla vecchia maniera, e per ciò inadeguata alle idee di perfezione e automazione che paiono necessarie oggi anche in campo sportivo. Si potrebbe dire così: era uno di quei dirigenti (e lo era anche nella sua industria di magliaio) che dicono « Tas, ti, pistola! » a chi va a parlargli di public-relations, di marketing e di copywriters. A noi, francamente, non dispiacciono. Rimangono uomini di carne e di ossa. Sfuggono, si fa par dire, alla cibernetica, ma non alla saggezza collaudata dal tempo.
Il suo Bologna
Veramente, chiedere a lui che cosa rappresentava il Bologna nella sua vita di tutti i giorni, era cavargli immediata-più gli piaceva: « E' la mia famiglia, io non ho avuto figli, perciò i miei giocatori sono diventati i miei ragazzi ». Era un suo vezzo. Com'era un vezzo autodefinirsi « piccolo industriale di provincia con l'hobby del calcio ». E comperava e vendeva lui. Soprattutto comperava. « Il migliore modo di acquistare — diceva — è quello di non vendere ». La frase è rimasta famosa, tanto più che egli la pronunciò la prima volta il giorno in cui un gruppo di autorevoli sportivi petroniani andò a lamentarsi con lui, che la squadra declinava e bisognava rafforzarla. Questo fatto del non volere acquistare gli ha attirato addosso una taccia di cui egli rideva: avaro. Effettivamente somigliava a quei vecchioni nostri nonni o nostri padri d'altri tempi, che per qualunque lavoro o servizio si compiesse ti ricompensano con una « palanchetta ». Ci sembravano taccagni da morire e invece erano dei saggi parsimoniosi. « Perchè buttare i quattrini? — diceva —. Perchè inabissare le squadre in bilanci rovinosi? E' una strada che non porta lontano. Meglio essere parsimoniosi e infischiarsene di chi ti chiama avaro ». Era nato a Reggio Emilia il 10 ottobre del 1892. La sua attività di industriale laniero ha avuto inizio subito dopo la prima guerra mondiale, in cui aveva combattuto col grado di maresciallo di cavalleria. Fece tutto da solo, improvvisando e affidandosi alla buona sorte. Da poco nulla, arrivò ad impiantare una industria che con gli anni diverrà fiorente e fortunata. Si occupava già di calcio ma prima di arrivare alla presidenza del Bologna dovrà attendere fino all'ottobre del 1934. Incominciò con un trionfo: la conquista della Coppa d'Europa. Attualmente ricopriva il ruolo di consigliere della Lega Nazionale professionisti. Ma l'età e le varie indisposizioni di questi ultimi tempi, avevano rallentato dì molto questo genere d'attività extra-rossoblu. Sicuramente il famigerato « caso doping » deve avergli inferto un colpo molto duro. Dai brutti giorni in cui esplose, egli è parso sempre seriamente indisposto. Solo domenica scorsa, in occasione dell'incontro Bologna-Lazio, era tornato in tribuna. E' stata l'ultima partita cui ha assistito. Domenica, all'Olimpico, durante lo scontro più arduo in cui sarà impegnato il suo Bologna, gli sportivi italiani lo immagineranno di nuovo al suo posto, con in mano un lembo di quello scudetto ch'egli considerava il più caro e il più suo fra i tanti conquistati dal suo squadrone all'aria libera degli stadi.
I suoi ragazzoli
Il suo Bologna
Veramente, chiedere a lui che cosa rappresentava il Bologna nella sua vita di tutti i giorni, era cavargli immediata-più gli piaceva: « E' la mia famiglia, io non ho avuto figli, perciò i miei giocatori sono diventati i miei ragazzi ». Era un suo vezzo. Com'era un vezzo autodefinirsi « piccolo industriale di provincia con l'hobby del calcio ». E comperava e vendeva lui. Soprattutto comperava. « Il migliore modo di acquistare — diceva — è quello di non vendere ». La frase è rimasta famosa, tanto più che egli la pronunciò la prima volta il giorno in cui un gruppo di autorevoli sportivi petroniani andò a lamentarsi con lui, che la squadra declinava e bisognava rafforzarla. Questo fatto del non volere acquistare gli ha attirato addosso una taccia di cui egli rideva: avaro. Effettivamente somigliava a quei vecchioni nostri nonni o nostri padri d'altri tempi, che per qualunque lavoro o servizio si compiesse ti ricompensano con una « palanchetta ». Ci sembravano taccagni da morire e invece erano dei saggi parsimoniosi. « Perchè buttare i quattrini? — diceva —. Perchè inabissare le squadre in bilanci rovinosi? E' una strada che non porta lontano. Meglio essere parsimoniosi e infischiarsene di chi ti chiama avaro ». Era nato a Reggio Emilia il 10 ottobre del 1892. La sua attività di industriale laniero ha avuto inizio subito dopo la prima guerra mondiale, in cui aveva combattuto col grado di maresciallo di cavalleria. Fece tutto da solo, improvvisando e affidandosi alla buona sorte. Da poco nulla, arrivò ad impiantare una industria che con gli anni diverrà fiorente e fortunata. Si occupava già di calcio ma prima di arrivare alla presidenza del Bologna dovrà attendere fino all'ottobre del 1934. Incominciò con un trionfo: la conquista della Coppa d'Europa. Attualmente ricopriva il ruolo di consigliere della Lega Nazionale professionisti. Ma l'età e le varie indisposizioni di questi ultimi tempi, avevano rallentato dì molto questo genere d'attività extra-rossoblu. Sicuramente il famigerato « caso doping » deve avergli inferto un colpo molto duro. Dai brutti giorni in cui esplose, egli è parso sempre seriamente indisposto. Solo domenica scorsa, in occasione dell'incontro Bologna-Lazio, era tornato in tribuna. E' stata l'ultima partita cui ha assistito. Domenica, all'Olimpico, durante lo scontro più arduo in cui sarà impegnato il suo Bologna, gli sportivi italiani lo immagineranno di nuovo al suo posto, con in mano un lembo di quello scudetto ch'egli considerava il più caro e il più suo fra i tanti conquistati dal suo squadrone all'aria libera degli stadi.
Sopra, i ricordi della Sig.ra Nella Dall'Ara, moglie dell'indimenticabile Renato Dall'Ara.
Da "La Stampa" del 4 giugno 1964
La Tragica fine di Dall'Ara nella Lega Calcio a Milano
Di Leo Cattini
Il presidente del Bologna muore discutendo col presidente dell'Inter Aveva 72 anni. Doveva concordare con Moratti i premi ai giocatori per la partita di Roma. All'improvviso si è piegato sulla sedia. E' spirato mentre il collega milanese cercava di sorreggerlo. La moglie è stata colta da choc alla notizia. Milano, 3 giugno. Il comm. Renato Dall'Ara, da trent'anni presidente del Bologna, è deceduto verso le ore 17,30 per infarto cardiaco nella sede della Lega nazionale e precisamente nella saletta del presidente dott. Giorgio Perlasca. Era stato quest'ultimo a convocare l'anziano dirigente calcistico (nato il 10 ottobre 1892 a Reggio Emilia) per una consultazione alla quale doveva intervenire anche il presidente dell'Internazionale, Angelo Moratti. Scopo principale della riunione era quello di concordare, in forma amichevole, l'entità del premio di partita da aggiudicare ai giocatori nerazzurri e rossoblu, impegnati nello spareggio di domenica prossima. Doveva essere stabilito, di comune accordo, un tanto da erogare ai vincitori ed un tanto agli sconfitti. Ciò nell'intento di placare l'attesa degli stessi giocatori, messi in agitazione dalle notizie diffuse in questi ultimi tempi, e nello stesso tempo di allentare la tensione che gravava sulla partita decisiva del campionato.
A Milano
Era anche intenzione del presidente della Lega nazionale di attenuare lo stato di evidente disagio venuto a determinarsi tra le due vecchie società calcistiche e tra i loro dirigenti in conseguenza delle polemiche accese dalla Questione del « doping » e da tutto il resto. Il presidente del Bologna era giunto a Milano in macchina verso le ore 15,30 accompagnato dalla moglie Nella e dal medico personale dr. Pinetti. Veniva ricevuto subito dal capo dell'ufficio stampa Scarambone ed accompagnato da questi nella saletta del dr. Perlasca. In attesa dell'arrivo del presidente dell'Inter, rintracciato per telefono in quanto l'orario preciso del convegno non era stato fissato, Dall'Ara aveva spiegato con disinvoltura che domenica scorsa più che sentirsi male aveva preferito ritirarsi per timore dell'entusiasmo popolare, specialmente dopo che il vicepresidente del sodalizio rossoblu l'aveva sollevato di peso in tribuna d'onore, esternando così il suo entusiasmo alla notizia — risultata poi falsa — che la squadra nerazzurra aveva pareggiato a San Siro contro l'Atalanta (e che pertanto il Bologna era campione. In seguito il comm. Dall'Ara aveva avuto espressioni d'ammirazione per la vittoria conquistata dall'Inter a Vienna contro il Real Madrid, rammentando però che anche il Bologna, ai tempi d'oro, s'era imposto due volte nella « Mitropa Cup ». Alle 17,22 era giunto il presidente dell'Inter e dopo i convenevoli di rito i tre dirigenti — Perlasca, Dall'Ara e Moratti — avevano iniziato con la massima serenità le discussioni per stabilire — come giù detto — l'entità dei premi di partita da assegnare per lo spareggio di domenica prossima, con l'impegno di osservare onestamente i patti.
La fine
All'improvviso Dall'Ara si era appoggiato allo schienale della sedia, piegandosi poi verso sinistra, addosso a Moratti. Questi aveva sorretto subito il collega, e coadiuvato da Perlasca, l'aveva adagiato su un divano. Alle grida di Moratti e di Perlasca, accorreva il medico personale dott. Pinetti, che non poteva fare altro che accertare il decesso. La moglie era uscita per effettuare alcune compere e non era quindi per il momento rintracciabile. Secondo le modalità della legge, venivano avvertiti la Squadra Mobile, che provvedeva a sua volta a chiamare la Volante, ed il commissariato Duomo, che disponeva per gli accertamenti, stendendo il verbale sulla base della dichiarazione di morte (per cause naturali) stilata dal dott. Pinetti. Veniva pure interessato il Procuratore della Repubblica, che prospettava due possibilità: o il ricovero della salma all'obitorio o l'autorizzazione per il trasporto a Bologna (richiesto poi dalla moglie, che una volta rintracciata e sebbene avvertita con la massima cautela, era stata colpita da leggero choc). Per ottenere al più presto possibile l'autorizzazione per il trasporto a Bologna, veniva interpellato anche il sindaco prof. Bucalossi, che interessava a sua volta l'assessore allo Stato Ciuile. In attesa del furgone speciale, veniva allestita la camera ardente nel salone d'onore della Lega nazionale. Anche l'avv. Giustiniani, presidente della Corte d'Appello di Milano presidente della Corte federale, interveniva per accelerare le pratiche. Il presidente del sodalizio nerazzurro, Angelo Moratti, sconvolto e quasi fuori di sé, (l'anziano collega era morto fra le sue braccia) si rifiutava di rispondere a certe domande concernenti lo spareggio di domenica prossima. Verso le ore 21 il dirigente nerazzurro lasciava la sede della Lega ed a vegliare la salma (la cui rimozione è ammessa soltanto dopo ventiquattro ore dal decesso) sono rimasti il prof. Boselli, il dott. Perlasca e Scarambone, ai quali si sono aggiunti, più tardi, i consiglieri della società rossoblu, venuti da Bologna. Renato Dall'Ara aveva 72 anni. Aveva partecipato alla prima guerra mondiale come maresciallo di cavalleria. Successivamente, trasferitosi a Bologna, aveva organizzato un'industria di maglieria che doveva in breve tempo prendere ampio sviluppo. Da trent'anni ininterrottamente era presidente del Bologna, squadra che, sotto la sua guida, aveva vinto quattro campionati italiani (1935-1936; 1936-1937; 1938-1939; 1940-1941), una Coppa Europa (1934), il Torneo dell'Esposizione di Parigi (1937) e infine la Coppa dell'Europa Centrale (1962).
A Milano
Era anche intenzione del presidente della Lega nazionale di attenuare lo stato di evidente disagio venuto a determinarsi tra le due vecchie società calcistiche e tra i loro dirigenti in conseguenza delle polemiche accese dalla Questione del « doping » e da tutto il resto. Il presidente del Bologna era giunto a Milano in macchina verso le ore 15,30 accompagnato dalla moglie Nella e dal medico personale dr. Pinetti. Veniva ricevuto subito dal capo dell'ufficio stampa Scarambone ed accompagnato da questi nella saletta del dr. Perlasca. In attesa dell'arrivo del presidente dell'Inter, rintracciato per telefono in quanto l'orario preciso del convegno non era stato fissato, Dall'Ara aveva spiegato con disinvoltura che domenica scorsa più che sentirsi male aveva preferito ritirarsi per timore dell'entusiasmo popolare, specialmente dopo che il vicepresidente del sodalizio rossoblu l'aveva sollevato di peso in tribuna d'onore, esternando così il suo entusiasmo alla notizia — risultata poi falsa — che la squadra nerazzurra aveva pareggiato a San Siro contro l'Atalanta (e che pertanto il Bologna era campione. In seguito il comm. Dall'Ara aveva avuto espressioni d'ammirazione per la vittoria conquistata dall'Inter a Vienna contro il Real Madrid, rammentando però che anche il Bologna, ai tempi d'oro, s'era imposto due volte nella « Mitropa Cup ». Alle 17,22 era giunto il presidente dell'Inter e dopo i convenevoli di rito i tre dirigenti — Perlasca, Dall'Ara e Moratti — avevano iniziato con la massima serenità le discussioni per stabilire — come giù detto — l'entità dei premi di partita da assegnare per lo spareggio di domenica prossima, con l'impegno di osservare onestamente i patti.
La fine
Il cuore non ha retto alla passione sportiva
Di Vittorio Pozzo
E' morto il presidente del Bologna. Il cuore, che da lungo tempo lo insidiava e faceva temere per lui, ha finito per cedere. O per tradirlo. E' morto facendo il suo dovere di dirigente, combattendo per la sua società. Si era recato a Milano, alla Lega Nazionale, dove, a seguito di iniziativa sua personale, doveva aver luogo una riunione col presidente dell'Internazionale, alla presenza di qualche alto esponente della Lega stessa o della Federazione, allo scopo di fissare, su basi di eguaglianza, i premi da versare ai giocatori che, vincendo lo spareggio di domenica prossima, avessero riportato il titolo di Campione d'Italia. Stava per difendere una causa giusta, insomma. Era, da tempo, in condizioni di salute alquanto scosse. Già, alcuni mesi or sono, aveva avuto due attacchi cardiaci. Poi si era ripreso. E, proprio al momento in cui era scoppiata la grossa « grana » del drogaggio per la sua squadra, aveva fatto una ricaduta, la più grave di tutte. Era stato un paio di mesi a letto, poi si era recato a Napoli ed altrove, in cerca di pace e di sole, colla proibizione di occuparsi delle cose del calcio. Se fosse stato presente, forse le cose sarebbero andate diversamente a Bologna in quel frangente. Perché una bella pratica dell'ambiente se la era acquisita nei lunghi anni di presidenza del suo sodalizio e di appartenenza agli enti federali. Allo stadio della sua città non ci era più stato, per lungo tempo. Fu proprio lui, personalmente, che volle andarci domenica scorsa, per l'incontro tra i rossoblu e la Lazio, malgrado il parere contrario della sua signora e del medico curante: i quali avevano finito per accompagnarlo. Quando nello stadio stesso avvenne quel finimondo che avvenne, per l'equivoco insorto fra i termini di « spareggio e di pareggio », noi dicemmo ad un collega: « Chissà se il cuore di Dall'Ara avrà retto ad emozioni così violente e contrastanti! ». Guardammo. Al suo posto non c'era già più. Lo avevano portato via.
Emozioni fatali
Gli telefonammo la sera stessa, e rispose lui medesimo, dicendo che erano tutte esagerazioni e che lui stava benissimo. Per noi, invece, gli sono state fatali proprio le emozioni di quella sera. Tanto che, a notte, incominciammo l'articolo per la seconda edizione di « Stampa Sera » di lunedì, l'altro ieri, scrivendo che i malati di cuore non avrebbero più dovuto presenziare agli incontri calcistici. Era un presagio, il nostro: un triste presagio. Ci incontrammo ancora lunedì sera stesso. Ci raccontò più cose interessanti. Era magro e tirato, ma ci pareva abbastanza rimesso, tanto che ci disse: « Forse domenica prossima sarò a Roma per la finalissima ». E' caduto, come un soldato. Facendo il suo dovere. Passava un po' per tirchio nell'ambiente. Ma, effettivamente, per il suo Bologna aveva speso un patrimonio. Rispettava il danaro, che, in gioventù, aveva sudato a guadagnare, e, quando spendeva era perché era indispensabile spendere. Ci conoscevamo da più di una trentina d'anni, e ci aveva dato prove di vera e schietta amicizia. Non aveva figli, ma aveva una moglie che lo adorava ed in ogni dove lo seguiva. Come tutti i dirigenti sportivi che sono soliti pagare di persona, ha avuto dalla sua squadra, e dalla sua società, gioie e dolori, soddisfazioni e disinganni. Schiettamente, sinceramente, la sua morte ci ha colpito, ci ha addolorato nel modo più vivo e le condoglianze che noi rivolgiamo alla sua signora ed ai parenti ed amici suoi sgorgano direttamente dal cuore. Perché noi non apparteniamo a quella schiera dilagante di persone alle quali lo sport ha saputo e potuto insegnare l'odio per coloro che la pensano diversamente da loro. Noi amiamo dire e scrivere la verità, senza odiare né svergognare nessuno. Di uomini parliamo meno che possiamo: preferiamo parlare di fatti e di cose. E ci teniamo lontani il più possibile da chi, per abitudine, esagera. Per questo, preferiamo tenere per noi la nostra commozione. La morte di Dall'Ara ha turbato il campionato mentre questo stava avviandosi al suo momento culminante. Diciamo questo, perché conosciamo bene il Bologna. Il colpo che esso ha subito è grave. La pietà — quella che qualcuno proclamava fosse morta — ha ridotto lo slancio e ridotto anche le forze morali di quella creatura che egli tanto amava: la squadra bolognese.
Un rimpianto nella felicità dei bolognesi
Hanno portato lo scudetto sulla tomba di Dall'Ara
di Enzo Masi
Bologna, lunedi sera. Due auto si sono fermate nelle prime ore di questa mattina davanti alla sede della società rossoblu. Silenziosamente, quasi con circospezione, sono scesi due uomini, i quali sono entrati dal portone contrassegnato con il n. 8. DI li a poco ne sono usciti con un involto. Poi le vetture sono scivolate via silenziosamente come erano venute, senza dare nell'occhio e si sono confuse con il traffico. La città riecheggiava ancora dell'entusiasmo di ieri e della nottata. Alle finestre erano ancora molte bandiere rossoblu, molti drappi. Sulle nere vetture erano alcuni consiglieri del Bologna: ieri, durante la partita, avevano preso impegno solenne che nel caso di vittoria dei rossoblu avrebbero portato lo scudetto a Renato Dall'Ara, perché lo scudetto era anche suo. La Certosa era ancora deserta sotto la calura di un sole inflessibile: il fatto si sarebbe consumato nel silenzio, nel raccoglimento e, soprattutto, sommessamente. Ecco la tomba di Renato Dall'Ara, ancora circondata di fiori, di corone C'era nell'aria un profumo acuto, un sentimento di rimpianto per l'uomo che è scomparso a così breve tempo dal trionfo cui avrebbe voluto partecipare. Quando è stato aperto il cancelletto della tomba di famiglia, una sorpresa ha fermato il gruppetto di consiglieri: all'interno, alla rinfusa, giacevano una catasta di bandiere rossoblu. Certamente le avevano gettate ignoti tifosi, entrati poco prima della chiusura. Soltanto così, lo scomparso presidente ha potuto avere il suo scudetto. Se fosse stato in vita avrebbe certamente assistito — perché a Roma non lo avrebbero lasciato andare — all'esplosione delia sua città. La signora Nella, infatti, rimasta lassù in villa, ad ascoltare l'incontro di Roma ha voluto tenere accanto a sé la poltrona di Renato, quella che il presidentone prediligeva. « Sarà come se lo avessi vicino per ascoltare quello che fanno i suoi ragazzi » aveva detto con Giorgio Neri, consigliere del Bologna, amico di famiglia dei Dall'Ara, che più di altri è stato vicino alla signora Nella durante la giornata di ieri, in cui tante cose vive le ricordavano il marito scomparso.
La voce di Bologna
Dopo la vittoria dei rossoblu, dopo l'esaltante partita la signora Nella si è affacciata al balcone della villa, dove si può scorgere tutta la città: un brusio enorme, che aumentava d'intensità, il clamore dei clacson si fondeva con le grida di gioia, saliva verso le, colline. « Sente, Giorgio, ecco la voce di Bologna che festeggia la sua squadra. Per me è una gioia, e sono fiera ed orgogliosa, vorrei potere abbracciare Bernardini e i ragazzi. Ma sono anche disperata perché Renato non c'è più, non può partecipare alla grande felicità di questa giornata indimenticabile che lui aveva tanto sognato, che aveva costruita pazientemente per anni e anni ». Così ha detto la signora Nella, quando la radio ha annunciato la seconda rete del Bologna. Il Bologna doveva vincere, soprattutto doveva vincere per regalare il titolo al suo grande presidente. Continuano intanto a pervenire a Bologna telegrammi di felicitazione da ogni parte d'Italia, da società calcistiche, da privati e sconosciuti tifosi. Il presidente della Repubblica Segni ha voluto partecipare alla gioia dei petroniani inviando un messaggio al sindaco Dozza, compiacendosi per la vittoria del rossoblu e per lo scudetto così limpidamente conquistato sul campo. Frattanto a Bologna si incomincia a parlare di successione a Dall'Ara. Si sono fatti troppi nomi, a poche ore dall'inumazione del presidente, forse si sono fatti anche troppo frettolosamente. Tuttavia si pensa che tre persone abbiano maggiori probabilità degli altri candidati: la signora Nella, moglie di Renato Dall'Ara, il comm. Goldoni e lo stesso Giorgio Neri, ex c. t. della Federtennis. Si ha ragione di credere che da questi tre nomi uscirà il nuovo presidente del Bologna Football Club.
In ricordo di Dall'Ara
Un anno fa, il 3 giugno, moriva il presidente del Bologna, sportivo sincero, uomo retto - L'emozione per la sua squadra, che doveva poi vincere il campionato, aveva contribuito all'improvvisa fine.
di Vittorio Pozzo
Esattamente un anno fa, il 3 giugno 1964, moriva a Milano, il presidente del Bologna, Renato Dall'Ara. Soffriva di cuore da parecchio tempo, ed i dottori, affinché evitasse le emozioni, gli avevano proibito di assistere agli incontri calcistici. Al divieto si era adattato per qualche mese, ma la domenica 1° giugno non aveva saputo resistere alla tentazione. La squadra che egli dirigeva con passione ed amore da alcuni lustri, era in lotta per il primato, ed egli non poteva rimanere lontano da essa nei momenti decisivi della lotta. Era venuto allo stadio, accompagnato dalla sua signora, cheto seguiva amorevolmente passo per passo, e dal medico curante. Al termine della partita, una notizia, risultata poi falsa, aveva gettato in subbuglio i sostenitori del Bologna. I rivali diretti del petroniani, si diceva, erano usciti sconfitti dal loro incontro di campionato, e così il Bologna era passato al primo posto della classifica. Ricordo come se fosse ieri la scena alla quale la notizia diede luogo quella sera. Tutti attorno a Dall'Ara, tutti a congratularsi, ad abbracciarlo, a baciarlo. Poi, smentito e macchina indietro: l'annuncio era stato opera di uno spiritoso che aveva voluto fare uno scherzo. Ero a due passi, e pensai al gran male che dovevano fare al suo cuore sofferente, quelle due emozioni violente e contrastanti. A sera, Dall'Ara mi invitò a cena a casa sua, su nella magnifica villa dove era andato ad abitare in collina. Attese che avessi finito di lavorare per ricevermi. Quella sera, a tavola, non finiva più di parlare. « Hai fatto bene a venirtene via! Ti ricordi il mio consiglio ! ». Era stato lui, anni prima, a raccontarmi cosa si tramava a danno mio. Ad un dato punto mi disse: « Dopodomani vado a Milano, in Lega, per un appuntamento importante ».
Era un brav'uomo
Finito che ebbe di parlare, io, di mia iniziativa, ma anche su un cenno della signora e del dottore, seduti di fronte a me, lo sconsigliai di fare il viaggio. Mi rispose: « Lo so che " quelli " non vogliono, ma io ci devo andare, altrimenti non sarei degno di fare il Presidente ». Andò e morì. Reclinò il capo sulla spalla di chi gli stava vicino, e finì di essere il Presidente e l'Uomo che era. E non vide la sua squadra — che allora marciava veramente forte — vincere lo spareggio ed il campionato della stagione. Ai suoi funerali c'era tutta Bologna. E' passato un anno intero, ed io quegli avvenimenti li ho davanti agli occhi ed al cuore con contorni nitidi e precisi, come se ogni cosa fosse avvenuta ieri. Eravamo amici. Non nel senso che si attribuisce al termine al giorno d'oggi. In quello vero e sincero invece. Lui mi aveva reso, moralmente, tanti servizi, durante la mia lunga carriera di Commissario. Ed io avevo aderito al suo desiderio, accorrendo una volta per settimana, per lunghi mesi, ad aiutare la sua squadra, quell'anno in cui essa non ne imbroccava una e minacciava di cadere in B. Come avevo fatto, anni prima, col marchese Ridolfi — stessa morte repentina — quando la Fiorentina venne a salire dalla B in A. Aveva un mucchio di nemici, Dall'Ara, ma era un brav'uomo. Non era tirchio, ma era nemico delle spese pazze. Rispettava il soldo, e voleva che esso fosse rispettato. Non era un impulsivo, amava riflettere sulle cose. Ma, quando agiva, lo faceva con risolutezza. Volutamente, non faceva del male a nessuno. Conosceva gli uomini, e ne diffidava. Chi lo ha conosciuto da vicino, lo ha apprezzato. E non può dimenticarlo. lo appartengo alla schiera di coloro che non lo hanno dimenticato e non lo dimenticheranno.
Miracolo a Bologna
Dopo i rischi dello scorso anno Dall'Ara ha varato una squadra forte - L'acquisto di Giorcelli e Greco
di GIORGIO MARTINELLI, mercoledì 13 agosto 1952.
A mali estremi, estremi rimedi: questo deve essere stato il primo pensiero formulato dal comm. Renato Dall'Ara, presidente del Bologna, dopo l'incontro finale dello scorso campionato. Un campionato, in verità, assai fortunoso per i rossoblu, che, per numerose domeniche del girone di ritorno, anzi, fino all'ultimo minuto del torneo, avevano visto pregiudicare da una serie di risultati negativi la sicurezza di poter restare in serie A. Cessato l'allarme per la retrocessione Dall'Ara si è buttato nella campagna acquisti con una foga e un entusiasmo e una volontà di rifare la squadra, con energie nuove anche per far ricredere chi aveva ritenuto immutabile il motto dell'anno prima « il miglior acquisto è non vendere » motto che come si era visto non aveva portato troppa fortuna al rossoblu. Il presidente del Bologna ha iniziato in sordina, lasciando cuocere i tifosi nel fuoco lento del dubbio e delle speranze precocemente deluse; ha lasciato che i grossi calibri sparassero a volontà (e spesso a salve), poi ha persino rivolto un pubblico appello al buon cuore (e al portafogli) del più danarosi sostenitori del sodalizio (appello rimasto senza risposta, come era logico prevedere) e alla fine, da astuto stratega, ha cominciato a lanciare i suoi comunicati di nuovi acquisti con una frequenza e una serietà d'intenti degne della massima fiducia. A tutto però bisogna premettere anche le enormi difficoltà create dalla squalifica a vita di « capitan Cappello », squalifica che, anche se sarà mitigata nella misura, il 24 agosto prossimo, dalla Commissione d'Appello Federale, specie dopo la piena assoluzione emessa in istruttoria dall'autorità giudiziaria, ben difficilmente permetterà di allineare presto il padovano al centro dell'attacco.
Più di settanta milioni spesi nel calcio-mercato
Lancia in resta, perciò, Dall'Ara ha aperto i cordoni della borsa ed ecco assicurato, per prima cosa, un buon allenatore, un uomo serio, capace, preparato. Prima intanto era già diventato rossoblu, per quattro milioni, il ventiquattrenne Domenico La Forgia, ala sinistra proveniente dalla Salernitana. E poi, di seguito, il terzino destro Nello Cattozzo, di 27 anni, acquistato dal Treviso per 20 milioni; Fedele Greco, centromedlano, di 23 anni, ceduto dal Legnano, e Lucchese che lo avevano in comproprietà per 32 milioni; Francesco Rendon, di 27 anni, interno sinistro, proveniente dal Catania, per 14 milioni; e ancora il valido portiere del Monza, il ventiquattrenne Anselmo Giorcelli, ottenuto dal Monza per scambio più 17 milioni. Infine, contratto stipulato proprio nelle ultime ore, poco prima della chiusura della campagna acquisti, è stato assicurato anche l'interno Giancarlo Bacci, di 21 anni, ceduto a metà dalla Roma per 10 milioni. A tutti questi nuovi nomi (nuovi per Bologna, s'intende) va aggiunto il rientro dal Napoli per fine prestito, dell'attaccante Stefano Mike. In quanto alle partenze, invece, le cose sono state assai più modeste e solo le reiterate sonanti offerte per Cervellati offerte peraltro sempre respinte, hanno gettato l'allarme a più riprese nel « clan » rossoblu. Per il resto v'è stata solo la cessione dell'ala Livio Flliput al Bari per 2 milioni, del mediano Luigi Cingolani per 3 milioni e del portiere Glauco Vanz, entrambi pure al Bari. In definitiva, salvo modifiche dell'ultima ora, dopo cioè che Viani avrà saggiato i suol atleti nei primi allenamenti, lo schieramento che il Bologna dovrebbe presentare sul campo, all'Inizio dell'imminente campionato, potrebbe, in linea di massima, essere il seguente: Giorcelli; Cattozzo, Ballacci; Pilmark, Greco, Jensen; Cervellati, Garcia. Mike, Bacci, Randon.
LE ORIGINI DEL "CALCIO-MERCATO"
da "La Stampa", 14 giugno 1977.
Iniziò con la stravaganza di un principe palermitano. Un nobile siciliano, il principe Raimondo Lanza di Trabia, stravagante ed intelligente uomo di mondo, un giorno accolse nel suo appartamento dell'Hotel Gallia di Milano un dirigente calcistico. Avvolto in un accappatoio, scambiò i convenevoli con l'invitato, poi si denudò per calarsi in una vaporosa vasca da bagno. Con poche battute concluse un buon affare calcistico a danno dell'imbarazzatissimo ospite, costretto dal disagio ad accelerare i tempi dell'operazione. Siamo negli Anni 50, nasceva un mito, il calciomercato, una campana di vetro, privilegio di pochi mecenati, come Paolo Mazza, Renato Dall'Ara, il comandante Achille Lauro e il primo grande « general manager » e tecnico del calcio, Gipo Viani. Nacque un costume, una abitudine che divenne una simpatica e molto colorita norma di vita calcistica. Il mercato dei giocatori diventò sempre più un « ortus conclusus », limitato ad un giro tradizionalmente ristretto di operatori, dirigenti e mediatori che possedevano del Gallia le chiavi d'oro. Tutto sommato, eravamo ancora alla bella epoca del calcio-mercato romantico, l'aspetto commerciale era di là da venire con tutte le sue complicazioni e sovrastrutture. I prezzi, frattanto, lievitavano.
Dal Gallia all'Hilton
Achille Lauro, che da sempre e invano sognava una « grande Napoli » pedatoria, acquistò dalla Svezia il famoso asso Jeppson, lungagnone riccioluto e lentigginoso, che costò l'allora sbalorditiva cifra di 105 milioni. Siamo nel 1952, forse va in frantumi un'intercapedine e s'inizia l'era del calcio come commercio nel vero senso della parola. Al « Gallia » le operazioni si svolgevano in maniera circospetta e caotica ad un tempo. Le halls erano sovraffollate, i tifosi in attesa ingenua e molto naïve se ne stavano a bocca spalancata sulla soglia del lussuoso hotel di Milano, per conoscere il campione che avrebbe rinforzato la squadra del cuore. Un vero valzer di milioni, ma forse più chiacchierati che effettivamente versati a questa oppure a quella società. Passavano gli anni, i costumi non venivano ossidati dal tempo. Ci fu solo un cambiamento di dimora. Mercato calcistico non più al « Gallia » ma all'Hilton. L'organizzazione non cambiava le strutture; mutavano i mezzi perché i dirigenti potessero comunicare. L'Hilton somigliava più ad un centro fieristico che ad uh hotel di lusso. Siamo nel '72. Quattro stagioni e la « fiera calcistica » cambia indirizzo: il «Leonardo da Vinci» diventa il nuovo centro operativo. Cambiano i corridoi, gli androni, ma restano i mediatori e i miliardi. L'avv. Campana si agita, proclama scioperi ed agitazioni. Finalmente viene assecondato da Carraro, il quale, dopo un'assemblea con i rappresentanti di tutte le società di A, B, C e D, dichiara che il mercato è morto, che le contrattazioni non si svolgeranno più in una sede fissa ma telefonicamente oppure nelle sedi delle società interessate ad uno scambio di giocatori. 13 giugno 1977: una data storica, come quella ormai remota del '50, quando Raimondo Lanza di Trabia riceveva i dirigenti calcistici mentre era immerso in una vasca da bagno.
Il Bologna per Cappello
chiede risarcimento dei danni
Deficit dei rossoblu: oltre 55 milioni
Bologna, mercoledì sera, 30 luglio 1952. Si è svolta ieri sera l'annunciata riunione sociale della squadra rossoblu. Erano presenti 32 soci su 58. Fra le personalità del Bologna vi erano il presidente Dall'Ara, il vice-presidente Salderini, i consiglieri Goldoni e Carozzi, il segretario del Consiglio avv. Roffeni, il revisore del conti dott. Canepele e i sindaci dott. Nanni e rag. Babina. L'aw. Roffeni ha letto la relazione sportiva, riconoscendo le varie ragioni collegate alla cattiva prestazione del Bologna in questo campionato, ragioni che vanno fatte risalire agli errori di impostazione e all'eccessiva fiducia data a una squadra che nel torneo precedente si era comportata abbastanza brillantemente. Ha poi elogiato i sostenitori e i tifosi che sono stati vicini alla squadra e ringraziato i cinque ex-giocatori del Bologna che hanno dato il loro appoggio. Ha poi chiarito la sostanza di un appello ufficiale rivolto su un foglio sportivo bolognese dalla presidenza del Bologna al tifosi, ove si chiedevano contatti diretti con persone che potessero aiutare il Consiglio, specialmente per la campagna acquisti. Il relatore ha sostenuto che l'appello era del tutto sincero, ma che tuttavia nessuno si è fatto avanti. Si è poi parlato della situazione giocatori, argomento primo le cessioni: vi è difatti un programma di sfoltimento, ma per ora non vi è niente di concluso. Vi è poi da segnalare il rientro di Mike, che potrà forse tornare utile alla squadra se Cappello si troverà in difficoltà per la nota squalifica. Al proposito di Cappello, in Consiglio è stato annunciato che la società si riserva di adire in sede giuridica a carico di coloro che hanno avuto responsabilità nel far giocare Cappello nel noto torneo. Si è poi accennato agli acquisti cioè a Cattozzo, il salernitano La Forgia e il centromedlano Greco, senza contare naturalmente il nuovo allenatore Viani. L'avvocato Roffeni ha poi annunciato che sono in corso trattative per l'acquisto di un'ottima mezz'ala di serie B (si pensa si tratti di Randon). E' seguita quindi la relazione finanziarla del dott. Canepele, in seguito alla quale si appreso che il deficit ammonta L. 55.996.443. Dopo una serie di brevi interventi, è stato riconfermato il Consiglio direttivo che comprende le persone citate all'inizio e in più gli ex-giocatori Schiavio, Dalla Valle e Badini. Infine sono state approvate all'unanimità tutte le relazioni.
Il Bologna finalista della Coppa Europa
s'è rafforzato all'attacco e mira alle più alte conquiste
di Nino Maggi, "La Stampa" 30 agosto 1934.
Bologna, 29 notte. La squadra del Bologna scenderà per prima a combattere in partite ufficiali, poiché, com'è noto, dovrà avanti l'inizio del Campionato, incontrare la squadra austriaca dell'Admira nella duplice finale per il possesso della Coppa Europa. Fu appunto in seguito alla conoscenza delle date fissate per il 5 a Vienna e il 9 settembre a Bologna che dirigenti stabilirono senz'altro di interrompere le vacanze estive e di far riprendere ai giocatori l'allenamento. E poiché tutti questi si trovavano sulla riva adriatica, cosi furono tutti radunati a Rimini, dove, sotto le cure dell'allenatore dott. Kovacs, ritornato immediatamente dall'Ungheria, hanno incominciato il 16 scorso gli allenamenti. Dapprima si è trattato di un lavoro atletico leggero, poi si è intensificata a preparazione sul pallone, e giovedì scorso è stato compiuto un vero allenamento fra la prima squadra e gli uomini di rincalzo, mentre domenica scorsa i rosso-blu sono scesi sullo stesso campo sportivo per incontrarvi la giovane compagine della Libertas di quella città, che si appresta a sostenere un ruolo dì prim'ordine nel Campionato di prima Divisione. La squadra rosso-blu ha fatto quindi ritorno a Bologna e ieri s'è allenata. Giocherà il 2 settembre una partita di allenamento di due tempi di mezz'ora ciascuno con la Spal o con la Pistoiese, per partire poi il giorno successivo immediatamente alla volta della Capitale austriaca. Come si vede, il Bologna entra nel vivo delle competizioni molto sollecitamente, e con altrettanta premura ha lavorato con intensità per raggiungere il miglior grado di forma nell'intento di poter conquistare nuovamente all'Italia il prezioso trofeo messo in palio per le migliori squadre d'Italia, Austria, Ungheria e Cecoslovacchia.
Dall'Ara Presidente del Bologna Sezione Calcio
Ma quale sarà la formazione della squadra che nel dopoguerra si è sempre classificata ai primi posti nella scala dei valori nazionali? I nuovi dirigenti della sezione calcio della Bologna Sportiva, con a capo il cav. Dall'Ara, non hanno creduto di scostarsi notevolmente dall'inquadratura degli ultimi anni, inquadratura che, per vero, ha soddisfatto anche gli ammiratori rosso-blu. La difesa rimarrà immutata; quella difesa che in tante occasioni ha al completo indossato la maglia azzurra per sostenere anche i più duri confronti contro formidabili nazionali estere, sarà inalberata al suo posto di battaglia, decisa ad affermarsi ancora fra le migliori. Così in porta sarà sempre Gianni, mentre terzini saranno Monzegllo e Gasperi. Come sostituto portiere è ancora Roggero e sostituto dei terzini Fiorini, giovane promettentissimo che già nella decorsa stagione si mise in buona luce. La seconda linea pure non vedrà cambiamenti. Montesanto manterrà il suo ruolo di mediano destro e sarà ancora una delle colonne rosso-blu; alla sinistra, dopo le scorribande in prima linea, ritornerà al suo posto Corsi, che è tenace e combattivo. Al centro si contendono il posto Occhiuzzi e Donati. Occhiuzzi trovasi attualmente nell'America del Sud e sarà di ritorno alla metà di settembre, per cui allora soltanto si verificherà l'incertezza della scelta. La Coppa Europa sarà disputata da Donati, che già nelle eliminatorie e nelle semifinali si distinse per la sua combattività e per la sua resistenza. Titolare sarà Occhiuzzi, ma a seconda delle condizioni di forma sarà dall'allenatore preferito l'uno o l'altro dei due atleti. E per la seconda linea sarà anche disponibile Martelli, elemento prezioso e ammirevole.
Intense trattative
I dirigenti hanno rivolto la maggiore attenzione alla linea d'attacco, come quella che necessitava di essere messa nella maggiore efficienza, poiché è stata appunto quella che ha palesato il minore rendimento, ma soprattutto perché non è sempre certo che l'ammirato condottiero Schiavio possa, per le sue occupazioni, partecipare a tutte le battaglie di Campionato. Per questo gli occhi dei dirigenti si sono rivolti sul padovano Spivach, che gioca all'ala destra e può sostenere anche il ruolo di centrattacco. Si profilava anche il problema della mezz'ala destra, problema che non poté essere risolto nella passata stagione e che preoccupava assai. Dopo intense trattative, Sansone ha aderito a riattraversare l'Atlantico ed è arrivato giorni or sono, prendendo immediatamente contatto con i compagni di squadra a Rimini. Sansone, che aveva giocato anche prima di partire e ha continuato la preparazione sul Neptunia, nel primo allenamento ha pienamente soddisfatto e disputerà con i compagni la « Coppa Europa ». Se però non sarà nelle condizioni desiderate, allora i dirigenti del Bologna hanno ottenuto dalla Fiorentina il permesso di allineare Perazzolo, che appunto nelle file del Bologna ha preso parte alle precedenti partite del giugno e del luglio scorso.
Attenzione rivolta ai giovani
All'ala destra giocherà Maini, mentre alla sinistra rimarrà intatto il duo Fedullo-Reguzzoni, che sì è brillantemente comportato in queste ultime stagioni. E per la prima linea sarà pure a disposizione Ottani, che per l'operazione al menisco svolse nello scorso anno un'attività molto ridotta Ora Ottani è completamente guarito e si è anche laureato, per il che non trascurerà gli allenamenti e sarà pronto per ogni evenienza. La prima linea bolognese sarà composta pertanto di Maini, Sansone, Schiavio, Fedullo e Reguzzoni, con in più due eccellenti riserve in Spivach e Ottani. Ecco l'elenco completo dei giocatori che indosseranno la maglia rosso-blu: Portieri: Gianni, Roggero. Terzini: Monzeglio, Gasperi, Fiorini. Mediani: Montesanto, Occhiuzzi, Corsi, Donati, Martelli. Avanti: Maini. Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni, Spivach, Ottani. Abbiamo poi chiesto al presidente cav. Dall'Ara se hanno in cantiere altri atleti, ed egli ci ha cosi risposto: — Abbiamo lasciato ritornare Foglia alla Cremonese, Taddei al Portomaggiore, Porta al Viareggio; abbiamo ceduto Minelli e Biavati alla Pistoiese e Cavazza alla Sampierdarencse; ma possiamo tuttavia contare su Bernardi, che è veramente un buon giocatore, su Frabetti, che abbiamo preso dal Panigale e, nell'eventualità, potremo usufruire di Ottavi e di Becchelli della Fiorentina, che sono attualmente militari a Bologna. Ma la nostra attenzione è particolarmente rivolta ai giovani che cureremo in ogni modo per farne dei campioni. In alcuni c'è veramente della stoffa e speriamo di raggiungere gli scopi che ci siamo prefissi. Non tralascieremo neppure di seguire le partite dei liberi o di altre giovani squadre, perché è insomma nostro concorde desiderio di giungere gradualmente al rinnovamento dei quadri senza ricorrere ai nomi altisonanti e più... cari. « Questo è il nostro programma, non senza sperare fermamente che la nostra prima squadra sappia comportarsi anche meglio dello scorso anno e tener ben alto il gagliardetto rosso-blu. Ed è nostro convincimento che la vessillifera del calcio emiliano non verrà meno alla fiduciosa attesa. N. M.
Emozioni fatali
Gli telefonammo la sera stessa, e rispose lui medesimo, dicendo che erano tutte esagerazioni e che lui stava benissimo. Per noi, invece, gli sono state fatali proprio le emozioni di quella sera. Tanto che, a notte, incominciammo l'articolo per la seconda edizione di « Stampa Sera » di lunedì, l'altro ieri, scrivendo che i malati di cuore non avrebbero più dovuto presenziare agli incontri calcistici. Era un presagio, il nostro: un triste presagio. Ci incontrammo ancora lunedì sera stesso. Ci raccontò più cose interessanti. Era magro e tirato, ma ci pareva abbastanza rimesso, tanto che ci disse: « Forse domenica prossima sarò a Roma per la finalissima ». E' caduto, come un soldato. Facendo il suo dovere. Passava un po' per tirchio nell'ambiente. Ma, effettivamente, per il suo Bologna aveva speso un patrimonio. Rispettava il danaro, che, in gioventù, aveva sudato a guadagnare, e, quando spendeva era perché era indispensabile spendere. Ci conoscevamo da più di una trentina d'anni, e ci aveva dato prove di vera e schietta amicizia. Non aveva figli, ma aveva una moglie che lo adorava ed in ogni dove lo seguiva. Come tutti i dirigenti sportivi che sono soliti pagare di persona, ha avuto dalla sua squadra, e dalla sua società, gioie e dolori, soddisfazioni e disinganni. Schiettamente, sinceramente, la sua morte ci ha colpito, ci ha addolorato nel modo più vivo e le condoglianze che noi rivolgiamo alla sua signora ed ai parenti ed amici suoi sgorgano direttamente dal cuore. Perché noi non apparteniamo a quella schiera dilagante di persone alle quali lo sport ha saputo e potuto insegnare l'odio per coloro che la pensano diversamente da loro. Noi amiamo dire e scrivere la verità, senza odiare né svergognare nessuno. Di uomini parliamo meno che possiamo: preferiamo parlare di fatti e di cose. E ci teniamo lontani il più possibile da chi, per abitudine, esagera. Per questo, preferiamo tenere per noi la nostra commozione. La morte di Dall'Ara ha turbato il campionato mentre questo stava avviandosi al suo momento culminante. Diciamo questo, perché conosciamo bene il Bologna. Il colpo che esso ha subito è grave. La pietà — quella che qualcuno proclamava fosse morta — ha ridotto lo slancio e ridotto anche le forze morali di quella creatura che egli tanto amava: la squadra bolognese.
Un rimpianto nella felicità dei bolognesi
Hanno portato lo scudetto sulla tomba di Dall'Ara
di Enzo Masi
Bologna, lunedi sera. Due auto si sono fermate nelle prime ore di questa mattina davanti alla sede della società rossoblu. Silenziosamente, quasi con circospezione, sono scesi due uomini, i quali sono entrati dal portone contrassegnato con il n. 8. DI li a poco ne sono usciti con un involto. Poi le vetture sono scivolate via silenziosamente come erano venute, senza dare nell'occhio e si sono confuse con il traffico. La città riecheggiava ancora dell'entusiasmo di ieri e della nottata. Alle finestre erano ancora molte bandiere rossoblu, molti drappi. Sulle nere vetture erano alcuni consiglieri del Bologna: ieri, durante la partita, avevano preso impegno solenne che nel caso di vittoria dei rossoblu avrebbero portato lo scudetto a Renato Dall'Ara, perché lo scudetto era anche suo. La Certosa era ancora deserta sotto la calura di un sole inflessibile: il fatto si sarebbe consumato nel silenzio, nel raccoglimento e, soprattutto, sommessamente. Ecco la tomba di Renato Dall'Ara, ancora circondata di fiori, di corone C'era nell'aria un profumo acuto, un sentimento di rimpianto per l'uomo che è scomparso a così breve tempo dal trionfo cui avrebbe voluto partecipare. Quando è stato aperto il cancelletto della tomba di famiglia, una sorpresa ha fermato il gruppetto di consiglieri: all'interno, alla rinfusa, giacevano una catasta di bandiere rossoblu. Certamente le avevano gettate ignoti tifosi, entrati poco prima della chiusura. Soltanto così, lo scomparso presidente ha potuto avere il suo scudetto. Se fosse stato in vita avrebbe certamente assistito — perché a Roma non lo avrebbero lasciato andare — all'esplosione delia sua città. La signora Nella, infatti, rimasta lassù in villa, ad ascoltare l'incontro di Roma ha voluto tenere accanto a sé la poltrona di Renato, quella che il presidentone prediligeva. « Sarà come se lo avessi vicino per ascoltare quello che fanno i suoi ragazzi » aveva detto con Giorgio Neri, consigliere del Bologna, amico di famiglia dei Dall'Ara, che più di altri è stato vicino alla signora Nella durante la giornata di ieri, in cui tante cose vive le ricordavano il marito scomparso.
La voce di Bologna
Dopo la vittoria dei rossoblu, dopo l'esaltante partita la signora Nella si è affacciata al balcone della villa, dove si può scorgere tutta la città: un brusio enorme, che aumentava d'intensità, il clamore dei clacson si fondeva con le grida di gioia, saliva verso le, colline. « Sente, Giorgio, ecco la voce di Bologna che festeggia la sua squadra. Per me è una gioia, e sono fiera ed orgogliosa, vorrei potere abbracciare Bernardini e i ragazzi. Ma sono anche disperata perché Renato non c'è più, non può partecipare alla grande felicità di questa giornata indimenticabile che lui aveva tanto sognato, che aveva costruita pazientemente per anni e anni ». Così ha detto la signora Nella, quando la radio ha annunciato la seconda rete del Bologna. Il Bologna doveva vincere, soprattutto doveva vincere per regalare il titolo al suo grande presidente. Continuano intanto a pervenire a Bologna telegrammi di felicitazione da ogni parte d'Italia, da società calcistiche, da privati e sconosciuti tifosi. Il presidente della Repubblica Segni ha voluto partecipare alla gioia dei petroniani inviando un messaggio al sindaco Dozza, compiacendosi per la vittoria del rossoblu e per lo scudetto così limpidamente conquistato sul campo. Frattanto a Bologna si incomincia a parlare di successione a Dall'Ara. Si sono fatti troppi nomi, a poche ore dall'inumazione del presidente, forse si sono fatti anche troppo frettolosamente. Tuttavia si pensa che tre persone abbiano maggiori probabilità degli altri candidati: la signora Nella, moglie di Renato Dall'Ara, il comm. Goldoni e lo stesso Giorgio Neri, ex c. t. della Federtennis. Si ha ragione di credere che da questi tre nomi uscirà il nuovo presidente del Bologna Football Club.
In ricordo di Dall'Ara
Un anno fa, il 3 giugno, moriva il presidente del Bologna, sportivo sincero, uomo retto - L'emozione per la sua squadra, che doveva poi vincere il campionato, aveva contribuito all'improvvisa fine.
di Vittorio Pozzo
Esattamente un anno fa, il 3 giugno 1964, moriva a Milano, il presidente del Bologna, Renato Dall'Ara. Soffriva di cuore da parecchio tempo, ed i dottori, affinché evitasse le emozioni, gli avevano proibito di assistere agli incontri calcistici. Al divieto si era adattato per qualche mese, ma la domenica 1° giugno non aveva saputo resistere alla tentazione. La squadra che egli dirigeva con passione ed amore da alcuni lustri, era in lotta per il primato, ed egli non poteva rimanere lontano da essa nei momenti decisivi della lotta. Era venuto allo stadio, accompagnato dalla sua signora, cheto seguiva amorevolmente passo per passo, e dal medico curante. Al termine della partita, una notizia, risultata poi falsa, aveva gettato in subbuglio i sostenitori del Bologna. I rivali diretti del petroniani, si diceva, erano usciti sconfitti dal loro incontro di campionato, e così il Bologna era passato al primo posto della classifica. Ricordo come se fosse ieri la scena alla quale la notizia diede luogo quella sera. Tutti attorno a Dall'Ara, tutti a congratularsi, ad abbracciarlo, a baciarlo. Poi, smentito e macchina indietro: l'annuncio era stato opera di uno spiritoso che aveva voluto fare uno scherzo. Ero a due passi, e pensai al gran male che dovevano fare al suo cuore sofferente, quelle due emozioni violente e contrastanti. A sera, Dall'Ara mi invitò a cena a casa sua, su nella magnifica villa dove era andato ad abitare in collina. Attese che avessi finito di lavorare per ricevermi. Quella sera, a tavola, non finiva più di parlare. « Hai fatto bene a venirtene via! Ti ricordi il mio consiglio ! ». Era stato lui, anni prima, a raccontarmi cosa si tramava a danno mio. Ad un dato punto mi disse: « Dopodomani vado a Milano, in Lega, per un appuntamento importante ».
Era un brav'uomo
Finito che ebbe di parlare, io, di mia iniziativa, ma anche su un cenno della signora e del dottore, seduti di fronte a me, lo sconsigliai di fare il viaggio. Mi rispose: « Lo so che " quelli " non vogliono, ma io ci devo andare, altrimenti non sarei degno di fare il Presidente ». Andò e morì. Reclinò il capo sulla spalla di chi gli stava vicino, e finì di essere il Presidente e l'Uomo che era. E non vide la sua squadra — che allora marciava veramente forte — vincere lo spareggio ed il campionato della stagione. Ai suoi funerali c'era tutta Bologna. E' passato un anno intero, ed io quegli avvenimenti li ho davanti agli occhi ed al cuore con contorni nitidi e precisi, come se ogni cosa fosse avvenuta ieri. Eravamo amici. Non nel senso che si attribuisce al termine al giorno d'oggi. In quello vero e sincero invece. Lui mi aveva reso, moralmente, tanti servizi, durante la mia lunga carriera di Commissario. Ed io avevo aderito al suo desiderio, accorrendo una volta per settimana, per lunghi mesi, ad aiutare la sua squadra, quell'anno in cui essa non ne imbroccava una e minacciava di cadere in B. Come avevo fatto, anni prima, col marchese Ridolfi — stessa morte repentina — quando la Fiorentina venne a salire dalla B in A. Aveva un mucchio di nemici, Dall'Ara, ma era un brav'uomo. Non era tirchio, ma era nemico delle spese pazze. Rispettava il soldo, e voleva che esso fosse rispettato. Non era un impulsivo, amava riflettere sulle cose. Ma, quando agiva, lo faceva con risolutezza. Volutamente, non faceva del male a nessuno. Conosceva gli uomini, e ne diffidava. Chi lo ha conosciuto da vicino, lo ha apprezzato. E non può dimenticarlo. lo appartengo alla schiera di coloro che non lo hanno dimenticato e non lo dimenticheranno.
Miracolo a Bologna
Dopo i rischi dello scorso anno Dall'Ara ha varato una squadra forte - L'acquisto di Giorcelli e Greco
di GIORGIO MARTINELLI, mercoledì 13 agosto 1952.
A mali estremi, estremi rimedi: questo deve essere stato il primo pensiero formulato dal comm. Renato Dall'Ara, presidente del Bologna, dopo l'incontro finale dello scorso campionato. Un campionato, in verità, assai fortunoso per i rossoblu, che, per numerose domeniche del girone di ritorno, anzi, fino all'ultimo minuto del torneo, avevano visto pregiudicare da una serie di risultati negativi la sicurezza di poter restare in serie A. Cessato l'allarme per la retrocessione Dall'Ara si è buttato nella campagna acquisti con una foga e un entusiasmo e una volontà di rifare la squadra, con energie nuove anche per far ricredere chi aveva ritenuto immutabile il motto dell'anno prima « il miglior acquisto è non vendere » motto che come si era visto non aveva portato troppa fortuna al rossoblu. Il presidente del Bologna ha iniziato in sordina, lasciando cuocere i tifosi nel fuoco lento del dubbio e delle speranze precocemente deluse; ha lasciato che i grossi calibri sparassero a volontà (e spesso a salve), poi ha persino rivolto un pubblico appello al buon cuore (e al portafogli) del più danarosi sostenitori del sodalizio (appello rimasto senza risposta, come era logico prevedere) e alla fine, da astuto stratega, ha cominciato a lanciare i suoi comunicati di nuovi acquisti con una frequenza e una serietà d'intenti degne della massima fiducia. A tutto però bisogna premettere anche le enormi difficoltà create dalla squalifica a vita di « capitan Cappello », squalifica che, anche se sarà mitigata nella misura, il 24 agosto prossimo, dalla Commissione d'Appello Federale, specie dopo la piena assoluzione emessa in istruttoria dall'autorità giudiziaria, ben difficilmente permetterà di allineare presto il padovano al centro dell'attacco.
Più di settanta milioni spesi nel calcio-mercato
Lancia in resta, perciò, Dall'Ara ha aperto i cordoni della borsa ed ecco assicurato, per prima cosa, un buon allenatore, un uomo serio, capace, preparato. Prima intanto era già diventato rossoblu, per quattro milioni, il ventiquattrenne Domenico La Forgia, ala sinistra proveniente dalla Salernitana. E poi, di seguito, il terzino destro Nello Cattozzo, di 27 anni, acquistato dal Treviso per 20 milioni; Fedele Greco, centromedlano, di 23 anni, ceduto dal Legnano, e Lucchese che lo avevano in comproprietà per 32 milioni; Francesco Rendon, di 27 anni, interno sinistro, proveniente dal Catania, per 14 milioni; e ancora il valido portiere del Monza, il ventiquattrenne Anselmo Giorcelli, ottenuto dal Monza per scambio più 17 milioni. Infine, contratto stipulato proprio nelle ultime ore, poco prima della chiusura della campagna acquisti, è stato assicurato anche l'interno Giancarlo Bacci, di 21 anni, ceduto a metà dalla Roma per 10 milioni. A tutti questi nuovi nomi (nuovi per Bologna, s'intende) va aggiunto il rientro dal Napoli per fine prestito, dell'attaccante Stefano Mike. In quanto alle partenze, invece, le cose sono state assai più modeste e solo le reiterate sonanti offerte per Cervellati offerte peraltro sempre respinte, hanno gettato l'allarme a più riprese nel « clan » rossoblu. Per il resto v'è stata solo la cessione dell'ala Livio Flliput al Bari per 2 milioni, del mediano Luigi Cingolani per 3 milioni e del portiere Glauco Vanz, entrambi pure al Bari. In definitiva, salvo modifiche dell'ultima ora, dopo cioè che Viani avrà saggiato i suol atleti nei primi allenamenti, lo schieramento che il Bologna dovrebbe presentare sul campo, all'Inizio dell'imminente campionato, potrebbe, in linea di massima, essere il seguente: Giorcelli; Cattozzo, Ballacci; Pilmark, Greco, Jensen; Cervellati, Garcia. Mike, Bacci, Randon.
LE ORIGINI DEL "CALCIO-MERCATO"
da "La Stampa", 14 giugno 1977.
Iniziò con la stravaganza di un principe palermitano. Un nobile siciliano, il principe Raimondo Lanza di Trabia, stravagante ed intelligente uomo di mondo, un giorno accolse nel suo appartamento dell'Hotel Gallia di Milano un dirigente calcistico. Avvolto in un accappatoio, scambiò i convenevoli con l'invitato, poi si denudò per calarsi in una vaporosa vasca da bagno. Con poche battute concluse un buon affare calcistico a danno dell'imbarazzatissimo ospite, costretto dal disagio ad accelerare i tempi dell'operazione. Siamo negli Anni 50, nasceva un mito, il calciomercato, una campana di vetro, privilegio di pochi mecenati, come Paolo Mazza, Renato Dall'Ara, il comandante Achille Lauro e il primo grande « general manager » e tecnico del calcio, Gipo Viani. Nacque un costume, una abitudine che divenne una simpatica e molto colorita norma di vita calcistica. Il mercato dei giocatori diventò sempre più un « ortus conclusus », limitato ad un giro tradizionalmente ristretto di operatori, dirigenti e mediatori che possedevano del Gallia le chiavi d'oro. Tutto sommato, eravamo ancora alla bella epoca del calcio-mercato romantico, l'aspetto commerciale era di là da venire con tutte le sue complicazioni e sovrastrutture. I prezzi, frattanto, lievitavano.
Dal Gallia all'Hilton
Achille Lauro, che da sempre e invano sognava una « grande Napoli » pedatoria, acquistò dalla Svezia il famoso asso Jeppson, lungagnone riccioluto e lentigginoso, che costò l'allora sbalorditiva cifra di 105 milioni. Siamo nel 1952, forse va in frantumi un'intercapedine e s'inizia l'era del calcio come commercio nel vero senso della parola. Al « Gallia » le operazioni si svolgevano in maniera circospetta e caotica ad un tempo. Le halls erano sovraffollate, i tifosi in attesa ingenua e molto naïve se ne stavano a bocca spalancata sulla soglia del lussuoso hotel di Milano, per conoscere il campione che avrebbe rinforzato la squadra del cuore. Un vero valzer di milioni, ma forse più chiacchierati che effettivamente versati a questa oppure a quella società. Passavano gli anni, i costumi non venivano ossidati dal tempo. Ci fu solo un cambiamento di dimora. Mercato calcistico non più al « Gallia » ma all'Hilton. L'organizzazione non cambiava le strutture; mutavano i mezzi perché i dirigenti potessero comunicare. L'Hilton somigliava più ad un centro fieristico che ad uh hotel di lusso. Siamo nel '72. Quattro stagioni e la « fiera calcistica » cambia indirizzo: il «Leonardo da Vinci» diventa il nuovo centro operativo. Cambiano i corridoi, gli androni, ma restano i mediatori e i miliardi. L'avv. Campana si agita, proclama scioperi ed agitazioni. Finalmente viene assecondato da Carraro, il quale, dopo un'assemblea con i rappresentanti di tutte le società di A, B, C e D, dichiara che il mercato è morto, che le contrattazioni non si svolgeranno più in una sede fissa ma telefonicamente oppure nelle sedi delle società interessate ad uno scambio di giocatori. 13 giugno 1977: una data storica, come quella ormai remota del '50, quando Raimondo Lanza di Trabia riceveva i dirigenti calcistici mentre era immerso in una vasca da bagno.
Il Bologna per Cappello
chiede risarcimento dei danni
Deficit dei rossoblu: oltre 55 milioni
Bologna, mercoledì sera, 30 luglio 1952. Si è svolta ieri sera l'annunciata riunione sociale della squadra rossoblu. Erano presenti 32 soci su 58. Fra le personalità del Bologna vi erano il presidente Dall'Ara, il vice-presidente Salderini, i consiglieri Goldoni e Carozzi, il segretario del Consiglio avv. Roffeni, il revisore del conti dott. Canepele e i sindaci dott. Nanni e rag. Babina. L'aw. Roffeni ha letto la relazione sportiva, riconoscendo le varie ragioni collegate alla cattiva prestazione del Bologna in questo campionato, ragioni che vanno fatte risalire agli errori di impostazione e all'eccessiva fiducia data a una squadra che nel torneo precedente si era comportata abbastanza brillantemente. Ha poi elogiato i sostenitori e i tifosi che sono stati vicini alla squadra e ringraziato i cinque ex-giocatori del Bologna che hanno dato il loro appoggio. Ha poi chiarito la sostanza di un appello ufficiale rivolto su un foglio sportivo bolognese dalla presidenza del Bologna al tifosi, ove si chiedevano contatti diretti con persone che potessero aiutare il Consiglio, specialmente per la campagna acquisti. Il relatore ha sostenuto che l'appello era del tutto sincero, ma che tuttavia nessuno si è fatto avanti. Si è poi parlato della situazione giocatori, argomento primo le cessioni: vi è difatti un programma di sfoltimento, ma per ora non vi è niente di concluso. Vi è poi da segnalare il rientro di Mike, che potrà forse tornare utile alla squadra se Cappello si troverà in difficoltà per la nota squalifica. Al proposito di Cappello, in Consiglio è stato annunciato che la società si riserva di adire in sede giuridica a carico di coloro che hanno avuto responsabilità nel far giocare Cappello nel noto torneo. Si è poi accennato agli acquisti cioè a Cattozzo, il salernitano La Forgia e il centromedlano Greco, senza contare naturalmente il nuovo allenatore Viani. L'avvocato Roffeni ha poi annunciato che sono in corso trattative per l'acquisto di un'ottima mezz'ala di serie B (si pensa si tratti di Randon). E' seguita quindi la relazione finanziarla del dott. Canepele, in seguito alla quale si appreso che il deficit ammonta L. 55.996.443. Dopo una serie di brevi interventi, è stato riconfermato il Consiglio direttivo che comprende le persone citate all'inizio e in più gli ex-giocatori Schiavio, Dalla Valle e Badini. Infine sono state approvate all'unanimità tutte le relazioni.
Il Bologna finalista della Coppa Europa
s'è rafforzato all'attacco e mira alle più alte conquiste
di Nino Maggi, "La Stampa" 30 agosto 1934.
Renato Dall'Ara. |
Dall'Ara Presidente del Bologna Sezione Calcio
Ma quale sarà la formazione della squadra che nel dopoguerra si è sempre classificata ai primi posti nella scala dei valori nazionali? I nuovi dirigenti della sezione calcio della Bologna Sportiva, con a capo il cav. Dall'Ara, non hanno creduto di scostarsi notevolmente dall'inquadratura degli ultimi anni, inquadratura che, per vero, ha soddisfatto anche gli ammiratori rosso-blu. La difesa rimarrà immutata; quella difesa che in tante occasioni ha al completo indossato la maglia azzurra per sostenere anche i più duri confronti contro formidabili nazionali estere, sarà inalberata al suo posto di battaglia, decisa ad affermarsi ancora fra le migliori. Così in porta sarà sempre Gianni, mentre terzini saranno Monzegllo e Gasperi. Come sostituto portiere è ancora Roggero e sostituto dei terzini Fiorini, giovane promettentissimo che già nella decorsa stagione si mise in buona luce. La seconda linea pure non vedrà cambiamenti. Montesanto manterrà il suo ruolo di mediano destro e sarà ancora una delle colonne rosso-blu; alla sinistra, dopo le scorribande in prima linea, ritornerà al suo posto Corsi, che è tenace e combattivo. Al centro si contendono il posto Occhiuzzi e Donati. Occhiuzzi trovasi attualmente nell'America del Sud e sarà di ritorno alla metà di settembre, per cui allora soltanto si verificherà l'incertezza della scelta. La Coppa Europa sarà disputata da Donati, che già nelle eliminatorie e nelle semifinali si distinse per la sua combattività e per la sua resistenza. Titolare sarà Occhiuzzi, ma a seconda delle condizioni di forma sarà dall'allenatore preferito l'uno o l'altro dei due atleti. E per la seconda linea sarà anche disponibile Martelli, elemento prezioso e ammirevole.
Intense trattative
I dirigenti hanno rivolto la maggiore attenzione alla linea d'attacco, come quella che necessitava di essere messa nella maggiore efficienza, poiché è stata appunto quella che ha palesato il minore rendimento, ma soprattutto perché non è sempre certo che l'ammirato condottiero Schiavio possa, per le sue occupazioni, partecipare a tutte le battaglie di Campionato. Per questo gli occhi dei dirigenti si sono rivolti sul padovano Spivach, che gioca all'ala destra e può sostenere anche il ruolo di centrattacco. Si profilava anche il problema della mezz'ala destra, problema che non poté essere risolto nella passata stagione e che preoccupava assai. Dopo intense trattative, Sansone ha aderito a riattraversare l'Atlantico ed è arrivato giorni or sono, prendendo immediatamente contatto con i compagni di squadra a Rimini. Sansone, che aveva giocato anche prima di partire e ha continuato la preparazione sul Neptunia, nel primo allenamento ha pienamente soddisfatto e disputerà con i compagni la « Coppa Europa ». Se però non sarà nelle condizioni desiderate, allora i dirigenti del Bologna hanno ottenuto dalla Fiorentina il permesso di allineare Perazzolo, che appunto nelle file del Bologna ha preso parte alle precedenti partite del giugno e del luglio scorso.
Attenzione rivolta ai giovani
All'ala destra giocherà Maini, mentre alla sinistra rimarrà intatto il duo Fedullo-Reguzzoni, che sì è brillantemente comportato in queste ultime stagioni. E per la prima linea sarà pure a disposizione Ottani, che per l'operazione al menisco svolse nello scorso anno un'attività molto ridotta Ora Ottani è completamente guarito e si è anche laureato, per il che non trascurerà gli allenamenti e sarà pronto per ogni evenienza. La prima linea bolognese sarà composta pertanto di Maini, Sansone, Schiavio, Fedullo e Reguzzoni, con in più due eccellenti riserve in Spivach e Ottani. Ecco l'elenco completo dei giocatori che indosseranno la maglia rosso-blu: Portieri: Gianni, Roggero. Terzini: Monzeglio, Gasperi, Fiorini. Mediani: Montesanto, Occhiuzzi, Corsi, Donati, Martelli. Avanti: Maini. Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni, Spivach, Ottani. Abbiamo poi chiesto al presidente cav. Dall'Ara se hanno in cantiere altri atleti, ed egli ci ha cosi risposto: — Abbiamo lasciato ritornare Foglia alla Cremonese, Taddei al Portomaggiore, Porta al Viareggio; abbiamo ceduto Minelli e Biavati alla Pistoiese e Cavazza alla Sampierdarencse; ma possiamo tuttavia contare su Bernardi, che è veramente un buon giocatore, su Frabetti, che abbiamo preso dal Panigale e, nell'eventualità, potremo usufruire di Ottavi e di Becchelli della Fiorentina, che sono attualmente militari a Bologna. Ma la nostra attenzione è particolarmente rivolta ai giovani che cureremo in ogni modo per farne dei campioni. In alcuni c'è veramente della stoffa e speriamo di raggiungere gli scopi che ci siamo prefissi. Non tralascieremo neppure di seguire le partite dei liberi o di altre giovani squadre, perché è insomma nostro concorde desiderio di giungere gradualmente al rinnovamento dei quadri senza ricorrere ai nomi altisonanti e più... cari. « Questo è il nostro programma, non senza sperare fermamente che la nostra prima squadra sappia comportarsi anche meglio dello scorso anno e tener ben alto il gagliardetto rosso-blu. Ed è nostro convincimento che la vessillifera del calcio emiliano non verrà meno alla fiduciosa attesa. N. M.