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Giacomo Bulgarelli nel 1964. |
"Al Bologna ho dato il cuore e l'intera carriera. Anche i ginocchi, malandati negli ultimi tempi, nel tentativo di raggiungere, a trentacinque anni, il record di presenze con la maglia rossoblù. E il Bologna mi ha dato i momenti piu belli, la parte più importante della mia vita. Sono nato lì, nel mio Bologna, a 13 anni, e per ventidue campionati sono rimasto, nonostante le offerte e le tentazioni. Come quando Fulvio Bernardini non mi faceva giocare e io mi arrabbiai talmente da prendere in considerazione l’offerta di Nereo Rocco che mi voleva al Padova. Poi per fortuna rimasi, anche perché scoprii che quello di Bernardini era soltanto un modo per mettere alla prova il mio carattere, per conoscermi e capire chi ero e che cosa potevo fare. È stato uno dei miei maestri uno dei più importanti nella mia carriera. L’altro è stato Edmondo Fabbri, un uomo unico ma troppo moderno per il calcio di quegli anni: il suo gioco e il suo carattere non erano in sintonia con il resto del mondo calcistico. In più, era troppo emotivo e sono state queste le cose che non gli hanno permesso di emergere come avrebbe meritato. Sono anche stato fortunato, nella mia vita di calciatore. Il Bologna di quegli anni era fortissimo. Momenti importanti, emozionanti, che rimangono nei ricordi perché hanno qualche cosa di incredibile: la spareggio scudetto a Roma nel 1964, le due Coppe Italia del 1970 e del 1974, anni che non si sono più ripetuti, che restano un ricordo entusiasmante per me che li ho vissuti da protagonista. Avrei voluto rimanere, anche se non ho mai pensato a una carriera di allenatore: con il mio carattere impulsivo non sarei proprio adatto! Avrei preferito aver a che fare con le scartoffie, vedere quel mondo da un’altra prospettiva ma oggi rimango comunque legato a quella squadra, alla scelta di non cambiare mai. Da tifoso, come da giocatore: quando mi richiese il Milan — e in ballo c'erano un bel po' di soldi per la squadra e per me — ci pensai soltanto un attimo, poi consigliai Fogli. Io rimasi e non mi sono mai pentito di questa decisione. Il calcio è rimasto nella mia vita, lo racconto in televisione, mi piace viverlo in modo calmo, razionale, ragionando seriamente sulle cose che succedono. Certo il calcio dei miei tempi era un’altra cosa. Esordii nel 1958 e, quell’anno, ero anche impegnato nella maturità classica: mio padre mi disse che andava bene il calcio ma che se non riuscivo a inserirmi subito nella squadra, a giocare con continuità, sarebbe stato meglio che abbandonassi tutto, che mi dedicassi seriamente agli studi, perché quella era la cosa davvero importante. Erano anni in cui ho giocato con Sergio Campana, quello che gli studi li ha proseguiti e che adesso è presidente dell'Associazione Italiana Calciatori. In Nazionale ho avuto meno fortuna, mi sono infortunato nei momenti più delicati ma il mio amore per la maglia azzurra è stato enorme e tutte le volte che l’ho indossata mi sono sentito orgoglioso di essere stato scelto, di rappresentare l’Italia nel mondo. A questa Bologna, nella quale ho vissuto momenti unici, ai tifosi, a tutti i palloni che volano e rotolano all’ombra delle torri".
Giacomo Bulgarelli
Giacomo Bulgarelli nacque a Portonovo di Medicina, in provincia di Bologna, il 24-10-1940. Entrò a far parte della famiglia rossoblù quando aveva appena 13 anni, su segnalazione del campione ungherese all'epoca in forza al Bologna Istvan "Stefano" Mike e di Gyula Lelovich, il grande allenatore magiaro della prima Coppa Europa del Bologna, nel 1932. Esordì in prima squadra il 19 aprile 1959 in Bologna - L.R.Vicenza 1-0, gol di Marino Perani. Dopo un inizio da mezza punta con senso del gol, divenne un centrocampista classico, con grande duttilità tattica. Vero uomo-squadra, con un gioco intelligente e dinamico dava ordine nel centrocampo. Fu un giocatore di classe autentica, una delle migliori mezzali "vere" che il calcio italiano abbia mai avuto in assoluto, Giacomo Bulgarelli non ha mai voluto "tradire" la sua città, i suoi affetti, quei colori che l'hanno fasciato fin da ragazzino e che lui ha costantemente onorato con un impegno e una dedizione ammirevoli. Eppure non gli mancarono le opportunità, molti club avrebbero voluto averlo; ma lui preferì inseguire col "suo" Bologna certi traguardi prestigiosi, riuscendovi però una sola volta. "
Ecco, quello di aver vinto un solo scudetto può essere il mio rammarico principale -- ammetteva Bulgarelli --, ma forse il prezzo per certi traguardi sarebbe stato troppo alto sul piano della tranquillità, della mia dimensione di vita, delle mie soddisfazioni più intime. Dispiace semmai di non aver vinto di più con quel magnifico Bologna che Dall'Ara e Bernardini avevano costruito. Avremmo potuto dar vita ad un esaltante ciclo, ma già sollevammo un tal putiferio con quello scudetto che non potevano consentirci di continuare...". Sempre pungente, sottilmente polemico, Bulgarelli mostrò fin da ragazzino una spiccata personalità, oltre a doti tecniche non comuni. L'una e le altre gli consentirono di divenire ben presto il tipico uomo-squadra, la guida insostituibile di un Bologna che nel bene e nel male si attaccava a lui con estrema fiducia. E per un certo periodo anche la Nazionale lo elesse a fulcro, dimenticandosene poi forse nel suo momento migliore, quando alla freschezza di gioco aveva saputo unire un'intelligenza tattica di prim'ordine. Fu il solo infatti (oltre a Fabbri...) a pagare duramente la famosa Corea, messo da parte a 27 anni, quando ancora avrebbe potuto dare tanto a quella maglia azzurra che ha indossato appena (per uno come lui!) 29 volte. E allora lui si è sbizzarrito con quella rossoblù vestendola in partite ufficiali per ben 486 volte risultando ovviamente il "fedelissimo" per eccellenza. Fu un puro prodotto di casa, l'ultimo grande calciatore di razza uscito dalla città di Bologna, la quale per 16 lunghi anni si è identificata in lui.
Da "Angeli e Diavoli rossoblù". Il Bologna nei racconti dei suoi Campioni
Di Fabrizio Calzia e Francesco Caremani
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Bulgarelli con l'ex rossoblù Humberto Maschio. |
"Avrebbe dato l’anima pur di toccare quota 400 presenze con la ”sua” maglia del Bologna. Un ginocchio ballerino e malandrino glielo ha impedito e così Giacomo Bulgarelli da Portonovo di Medicina, classe 1940 e classe da vendere, ha dovuto fermarsi a un soffio dal traguardo. I suoi 392 gettoni (con 43 gol segnati) gli valgono in ogni caso il primato di presenze in rossoblù, un record destinato comunque a durare ”in eterno”, considerati i tempi di bandiere arnmainate. Per contro lui, bandiera lo e stata davvero: con il Bologna ha iniziato giovanissimo, a soli 13 anni, arrivando a esordire in prima squadra nel 1959. Eppure... Eppure Bulgarelli rischiò seriamente di non arrivare mai al calcio “vero”: colpa proprio di quell'esordio che, secondo suo padre, tardava troppo ad arrivare.”In quel 1959 dovevo anche sostenere l’esame di maturità classica al collegio San Luigi, ricorda oggi Bulgarelli, ”e mio padre mi diede un ultimatum: ’se non ti fanno giocare di qui a un mese ti tolgo dal Bologna’. Sapevo che faceva sul serio. Finalmente il giorno dell'esordio arriva. In piena zona Cesarini, mi verrebbe da dire: era il 19 aprile 1959, giocavamo in casa centre il Lanerossi Vicenza, vincemmo 1-0 ma giocai male. D’altra parte all’epoca non era facile esordire in prima squadra, non c'era l'organizzazione attuale, con le giovanili, la Primavera eccetera. Si giocava tra le riserve, sperando nel grande salto.”Emozione? ”Comprensibile. In tribuna c'erano tutti i miei compagni di scuola. Venne addirittura il preside, a vedermi.
L'esordio in prima squadra
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"Il borghese Bulgarelli", di Italo Cucci. |
Quando seppi dell'esordio concordai inoltre con il prefessore di latino e greco che non mi interrogasse, il lunedì successivo. Era un insegnante all'antica, tutto di un pezzo, con tante di pizzetto bianco che lo rendeva un po' simile a Pirandello e a Giuseppe Mazzini. In quell'occasione si mostrò pure molto comprensivo..."Mantenne la parola? “No. Ma la colpa fu soltanto mia, che commisi un clamoroso autogol. Il premio che intascai per la partita con il Vicenza era superiore al suo stipendio. Feci la fesseria di dirglielo. E non per fare le sbruffone o per prenderlo in giro, semplicemente così, quasi a volergli dire: ’Guarda un po’ come va il mondo'. Lui evidentemente se ne ebbe a male e il giorno dopo chiamò proprio me, nonostante le mie proteste e il mio richiamo alla parola data. Mi rifilò un votaccio, poi mi mandò a posto con un commento del tipo: ’Prenderai anche tanti soldi, ma per me resti un asino'. Comunque si trattava di una persona corretta, tanto che, dopo avermi impartito quella lezione di vita, mi promosse come meritavo. ”All'esame venni rimandato solo in italiano, ma rimediai in ottobre."Chiusa in bellezza la carriera scolastica, il giovanissimo Bulgarelli ha finalmente modo di mettersi in luce anche nelle fila rossoblù: nel successivo torneo 1959-60 colleziona 13 presenze fino a esplodere nel 1961-62, con ”Fuffo” Bernardini alla guida di un Bologna che minacciava di diventare grande. La classifica finale saluta i felsinei al quarto posto mentre Giacomino, con la maglia numero 10 sulle spalle, si rivela mezzala di puro talento e sicuro rendimento: in 26 partite troverà la via della rete per otto volte e a fine stagione si schiuderanno per lui le porte della Nazionale ”Feci parte della sfortunata spedizione in Cile e il mio eserdio in azzurro coincise con l'ormai inutile vittoria 3-0 contro la Svizzera.
In cabina di regia
Per il settoscritto, tuttavia, la soddisfazione fu immensa. ”Anche perchè si trattò di un esordio col botto...”Dopo il gol di Mora riuscì proprio al sottoscritto di segnare una doppietta. Mi sembrava impossibile: non avevo ancora 22 anni..."In quello stesso torneo intanto, sulla sponda tedesca, emergeva definitivamente il talento di Helmut Haller...”Il nostro presidente Dall’Ara lo aveva di fatto già acquistato l'anno prima, quando ’il biondo' militava in serie B nell'Augsburg. Era un grande presidente, Dall’Ara, con grande senso per gli affari e notevole fiuto in ambito calcistico. L'affare Haller lo sta a dimostrare."L'arrivo del tedesco, però, le creò qualche problema di ’convivenza'... ”Subito risolto da Bernardini che mi arretrò in cabina di regia. Lì per lì la cosa un po' mi dispiacque, dovevo in pratica rinunciare ad andare a rete cosa che mi riusciva abbastanza facile e — ovviamente — mi dava soddisfazione. Capii però velocemente che il 'dottore' aveva azzeccato anche quella mossa ". Era ancora un Under 23 eppure era già diventato il leader di questa squadra che si apprestava a ridiventare una "Grande..." ”Fu una sorta di secondo esame di maturità, questa volta nel calcio. In quel ruolo ero come costretto a prendere la squadra per mano, anche se ero attorniato e coadiuvato da fior di compagni: lì in mezzo c'erano Fogli e Perani, poco più avanti lo stesso Haller che garantiva il genio e la fantasia per l'ultimo passaggio alle punte. Era una gran bella squadra...”Tanto che l'anno dopo, sistemata la difesa, arrivò il titolo. Fu un successo programmato? ”Come no! Furono ’gli altri' a programmare le cose in maniera che lo scudetto non arrivasse a Bologna. Si sa, però, che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, tanto che l’inghippo del doping fu infine smascherato. Grazie anche alle ottime e numerose penne del giornalismo sportivo bolognese, che fecero il diavolo a quattro per portare a galla la verità". Ha nominato due volte il diavolo...”Si sa: in quella faccenda lo zampino non fu dell’Inter, nostra rivale numero uno.”
Il dopo scudetto
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Bulgarelli e Vavassori. |
Ci fu poi l'improvvisa morte di Dall'Ara, pochi giorni prima dello scudetto di Roma. Ouel tragico episodio contribuì a darvi ulteriore carica? ”In parte sì, anche se ricordo soprattutto, specie una volta conquistato lo scudetto, la grande tristezza che dilagò in molti di noi: avevamo compiuto un'impresa unica e il nostro presidente non era li con noi, a godersi il suo meritato trionfo."Un trionfo che fra l’altro rischiò di saltare..."Sì. Perché la Lega, a seguito della morte di Dall'Ara, propose di non giocare quello spareggio e di assegnare lo scudetto ex-aequo a entrambe le contendenti. La provvisoria dirigenza del Bologna, in pratica, accettò. Fu poi Bernardini, montando su tutte le furie, a farli desistere. Potemmo dimostrare così, sul campo, di meritare davvero quello scudetto, anche se l’Inter vi arrivò cotta per la faticaccia di una settimana prima contro il Real Madrid e per il gran caldo di quel pomeriggio a Roma."Purtroppo la morte di Dall'Ara avrebbe segnato il lento declino di quel Bologna. Lei però decise di rimanere fedele a quella sua maglia nonostante le tentazioni...”In effetti, di lì a qualche anno, arrivò l'offerta del Milan.
Milan ? No, grazie
Nereo Rocco, che già ai tempi del Padova mi avrebbe voluto con sé, mentre a quei patavini-rivelazione andò in prestito il solo Perani. Tornò alla carica per farmi giocare in coppia con Rivera e ancora a fianco di Fogli. A dirla tutta fu mia moglie a farmi desistere: ’la nostra vita è qui mi diceva, 'stiamo bene a Bologna, cosa ci trasferiamo a fare?’ Fu convincente. Anche perchè Bologna era e resta una città bellissima e tutta da vivere."Tanto che molti dei suoi compagni campioni nel 1964 sono rimasti all’ombra delle Due Torri..."Certamente. In quegli anni Sessanta poi, il clima era stupendo. Ci si conosceva tutti, e non solo fra calciatori. Con Gianni Morandi mi frequento da una vita, siamo in pratica coetanei, e lo stesso discorso vale per Lucio Dalla, che addirittura studiava nel mio stesso collegio; quindi ancora con Guccini, con Andrea Mingardi..."Cosa rende Bologna cosi unica? "Uno strano mix, forse quasi paradossale, di vivacità e tranquillità. Qui, per dirla in gergo, c'è sempre vita: puoi andartene a passeggio in centro all’una di notte e incontrare gente, amici, fermarti a chiacchierare. In più non esiste lo stress della metropoli. Anche nel calcio è cosi: la gente ti segue ma non insegue il risultato a tutti i costi. Tutte cose importanti. Determinanti direi. D’altra parte se ci sono persone, e cito a esempio Diego Abatantuono, che compiono il percorso inverso e da Milano si trasferiscono qui, a Bologna, vuol dire che un motivo ci sarà...”.
Scelta di vita
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Bulgarelli capitano, prima di Cagliari - Bologna. |
La sua scelta di vita, però, le costò pure il posto in Nazionale...”In quel caso ebbi la sfortuna di farmi male nei momenti sbagliati. Contro la Corea, prima di tutto: il mio infortunio lasciò la squadra in dieci dato che allora non c'erano le sostituzioni. Successe quel che successe e l'epurazione fu inevitabile. Io mantenni in realtà il posto in azzurro, poi un nuovo infortunio al ginocchio, durante una partita di Coppa delle Fiere (arrivammo fino alla semifinale con il Ferencvaros) mi costò la partecipazione agli Europei del 1968. ln quell'occasione si misero in luce i vari De Sisti, Juliano, e il sottoscritto passò in secondo piano."Tanto che per i Mondiali in Messico non venne neppure convocato. Eppure sarebbe stato interessante vedere in azzurro quella coppia Bulgarelli-Rivera che Rocco avrebbe voluto per il suo Milan...”Mah, come dicevo, nel frattempo si era affermato De Sisti, molto bravo nel ’mio’ ruolo. Senza contare che andavo ormai verso la trentina e in quel 1970 chi aveva passato i 28 anni veniva considerato troppo vecchio, per la Nazionale. Basti pensare lo scherzo che fecero a Giovanni Lodetti, prima convocato e poi rispedito a casa insieme all'infortunato Anastasi.”La cosa però non le impedì di togliersi ancora qualche soddisfazione con il suo Bologna...”Due coppe Italia, nel 1970 e nel 1974.”In quest'ultima il suo zampino fu decisivo..."In un certo senso. Mi fecero fallo da rigore proprio al 90'. Eravamo sotto di un gol contro il sorprendente Palermo, e quel pareggio in extremis ci permise poi di vincere il torneo con i tiri dagli undici metri."Per Giacomo Bulgarelli però, non è ancora giunto il momento dell’addio: il capitano rimane ancora la stagione successiva: nel 1974-75 disputerà "solo" 18 partite, troppo poche per toccare l’agognata quota 400."Dovetti smettere, il mio ginocchio ormai era in sciopero costante. Appendere le scarpe al chiodo non è mai piacevole, credo però di avere avuto la fortuna di avere giocato in un Bologna prima fortissimo, poi comunque degno. Dopo quel 1975 iniziò lo smantellamento (proprio quell'estate vennero ceduti Pecci e Savoldi) che gradualmente avrebbe condotto il Bologna in serie B e addirittura in serie C. Mentre il ’mio’ Bologna risultava ancora fra le quattro squadre (insieme a Milan, Juve e Inter) mai retrocesse".
Da "60 anni di eroi - 30 grandi del Bologna del dopoguerra" di Giorgio Montebugnoli
"Frequentava il liceo classico San Luigi quando,nell’aprile 1959, Alfredo Foni, allenatore di un deludente Bologna, lo fece esordire contro il Vicenza: 1-0 per i rossoblù e parole d’elogio del burbero tecnico friulano. Bulgarelli era un bel ragazzo, longilineo, dagli occhi azzurri: "il bel bracco" lo definiva il grande Gianni Brera, falso tifoso genoano, in realtà interista verace. Giacomo nasce come mezzala di punta, come si diceva allora, ma l’intelligenza, il senso tattico non comune, la decisione nel tackle, ne fanno un centrocampista completo, "cerebrale" e di movimento. Nel 1959-60 lo vede partire riserva dei due nuovi acquisti del centrocampo, l’uruguaiano Hector De Marco e il classico ma poco dinamico Sergio Campana, attuale presidente dell’Associazione Calciatori: a metà torneo De Marco, non dotato di grandi mezzi tecnici, cala vistosamente e Campana segna qualche rete ma gioca a ritmi troppo lenti. C’è bisogno di mordente, di forze fresche: così l’allenatore Allasio lancia in pianta stabile Bulgarelli a centrocampo e in difesa dà spazio ai due coriacei friulani Tumburus e Furlanis, future colonne della retroguardia dello scudetto.
Esordio in Nazionale
A fine stagione, assieme ad altri giovani di talento quali Rivera e Trapattoni, Bulgarelli e Tumburus saranno convocati da Rocco e Viani per la Nazionale Olimpica di Roma ’60. È fatta. Nel ’60-61 Giacomo è titolare nel Bologna: accanto a lui giocano Vinicio, Campana, il redivivo Perani, rientrato dal prestito al Padova, e il leccese Mimmo Renna, definito poi "Garrincha dei poveri" per il dribbling e per le frenetiche discese palla al piede. Bulgarelli giocherà nella Nazionale giovanile, l’allora Under 23, con buoni risultati. Nel 1961 Bernardini lo schiera mezzala di punta perche a centrocampo c’e anche il nuovo acquisto Franzini, cremonese di pelo rosso che ballerà per una sola estate nonostante non sia davvero male, ma e in arrivo tale Helmut Haller per cui... Buonanotte! 26 le partite (e 8 le reti) di Giacomo e a fine stagione la convocazione, insieme con l’amico Pascutti, Janich e Tumburus, per il mondiale cileno dove debutta contro la Svizzera, realizzando due belle reti. Nel ’62-63 il Bologna gioca "come solo in Paradiso" dice Fulvio Bernardini dopo un 7-1 al Modena: 30 presenze (e 7 reti) per il ragazzo di Medicina, che nel frattempo e passato in cabina di regia perche Haller è più portato alle scorribande, fantasiose e imperiose, in avanti e molto meno a contrastare gli avversari. Il Bologna si conferma quarto, ma comincia a delinearsi la squadra campione nel ’64. Manca un portiere di classe e Dall’Ara acquista "Carburo" Negri, numero uno del Mantova e della Nazionale.
Un gol capolavoro
Nell’anno magico dello scudetto, Giacomo segna una splendida rete alla Fiorentina alla quarta giornata: parte come un treno da centrocampo, evita mezza difesa viola e fulmina Albertosi nella porta sotto la curva Andrea Costa. Un gol capolavoro. Un altro, splendido, lo realizza il 29 dicembre 1963 contro la Juventus (2-1 per i rossoblù), involandosi, invano tallonato da Leoncini e Castano, un po’ come aveva fatto in occasione della rete alla Fiorentina. Mattrel è inesorabilmente battuto. Bulgarelli diventa un punto fermo anche della Nazionale, affidata a Edmondo Fabbri; Giacomo gioca accanto a campioni come Mazzola, Rivera, Mora e, quasi sempre, Pascutti. Archiviato il vittorioso spareggio del ’64 contro l’Inter, il successivo campionato dei rossoblù venne condizionato dalla sfortunata eliminazione in Coppa dei Campioni contro i belgi dell’Anderlecht, promosso per sorteggio nel campo neutro di Barcellona. Sulla scia di quella batosta, raramente in quella stagione la squadra esprimerà tutto il potenziale tecnico di cui era in possesso. Nel ’65-66 il Bologna di Carniglia arriva secondo dietro la solita, potentissima, Inter. Giacomo, insieme con Janich, Fogli, Perani e Pascutti, partecipa ai Mondiali d’Inghilterra, quelli della famigerata Corea del Nord, gara nella quale proprio Bulgarelli deve uscire anzi tempo per via di un incidente al ginocchio già malandato: non sono ammesse le sostituzioni, l’Italia perde 1-0 e va a casa tra fischi e pomodori. Nel 1967 Giacomo collezionerà l’ultimo dei suoi 29 gettoni azzurri (7 le reti), mentre in campionato le sue presenze saranno in tutto 392 (43 gol), tutte in Serie A. All’inizio del torneo ’67-'68 viene operato al menisco del ginocchio "coreano" e il Bologna, che ha le riserve contate, accusa il colpo. Poi c’e Clerici, che accusa la pressione psicologica di dover sostituire Nielsen nel cuore dei tifosi, mentre Haller è ormai in rotta con la tifoseria e vuole andarsene. I rossoblù termineranno quinti e il grande Bologna di Bernardini che era nato nel 1961 chiuderà i battenti proprio nel ’68, anno di grandi tensioni un po’ dappertutto. Giacomo ritrova, nel ’69, EdmondoFabbri, chiamato alla guida del Bologna: i rapporti tra i due sono ottimi e per "Mondino" il medicinese è l’allenatore in campo, l’uomo di cui si fida di più e che deve far "girare" la squadra.
Cessione sventata
Nel 1970 arriva per il Bologna la prima Coppa Italia, vinta in finale sul Toro (2-0, doppietta di Savoldi). Poi, durante l’estate, la ventilata cessione di Bulgarelli al Milan è sventata dal precipitoso ritorno di Fabbri, furibondo, dalla Romania: il presidente rossoblù Venturi rinuncia — obtorto collo — alla cessione e di lì a poco gli altri azionisti lo sostituiscono con il giovane Patrizio Filippo Montanari. Bello il campionato ’70-71 per il Bologna che sulla maglia porta la coccarda tricolore della Coppa Italia: la squadra e molto buona grazie ai nuovi acquisti Rizzo, Fedele e soprattutto Liguori, giocatore dai grandi mezzi tecnico-atletici nel quale molti vedevano, nel tempo, l’erede designato di Bulgarelli. Purtroppo, il 10 gennaio 1971 avrà la carriera stroncata da un durissimo scontro con il milanista Romeo Benetti. Nel 1972 arriva Pesaola, sotto la cui sagace guida Giacomo vincerà un’altra Coppa Italia nel 1974, a spese del Palermo che al 90’ si vedrà raggiungere su rigore per un fallo proprio ai danni di Giacomo. Ai rigori poi il Bologna conseguirà — un po’ fortunosamente, diciamolo pure -- la vittoria contro gli scatenati rosanero. La lunga carriera di Bulgarelli volge all’epilogo: alle sue spalle preme il giovane romagnolo Eraldo Pecci, bel tipo di guascone, di cui colpevolmente il Bologna si sbarazzerà troppo presto salvo ricomprarlo “usato" a fine carriera. Per le ultime giocate del Nostro, Pesaola inventa il ruolo di libero, un libero sui generis, che gioca davanti la difesa. È il 1975 e Giacomo lascia il calcio giocato: da quel momento noi bolognesi ci siamo sentiti tutti più soli. D'altra parte, a 35 anni e con le ginocchia martoriate, Bulgarelli preferisce lasciare il suo Bologna in serie A nel piacevole e grato ricordo di chi l'ha visto indossare con cuore e orgoglio la nobile divisa rossoblù".
Giacomo Bulgarelli e lo stadio "Renato Dall'Ara"
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Campione d'Italia 1963-1964. |
Bulgarelli, l'icona del calcio bolognese non vuole perdere la sua storia: "Sono romantico, il cuore è al Dall'Ara". "Ma c'era proprio bisogno di costruire un nuovo stadio? Avrò anche una visione un po' romantica del calcio, ma personalmente non avvertivo la necessità di abbandonare il vecchio impianto. Giacomo Bulgarelli non vuol sentir parlare di parchi tematici, centri commerciali e norme Uefa. Per lui transitare in via Andrea Costa e sapere che lì, un giorno, rischia di non giocare più il Bologna, è un colpo al cuore. "Capisco tutte le esigenze del calcio moderno -- argomenta Bulgarelli -- ma io di stadi in giro per il mondo ne ho visti tanti, da calciatore e da commentatore televisivo: belli come il Dall'Ara ne ho trovati davvero pochi". Terreno stupendo, gradinate accoglienti, il portico di San Luca sullo sfondo, la possibilità di vedere giocare la tua squadra nel cuore della città: tutto questo andrà perduto. Ma forse sono io che debbo rassegnarmi. L'attenzione alla tradizione non esiste più, travolta dalla voglia di fare sempre qualcosa di innovativo". Il no al futuro che bussa è racchiuso in una considerazione: "Chi realizzerà il nuovo stadio ragiona sulla base di un preciso investimento economico. Ma allo stadio ci vado per vedere la partita, non per mangiare al ristorante". Rischia di calare la saracinesca su un mondo d'affetti che Bulgarelli condensa nei flash del suo infinito rapporto d'amore col vecchio Comunale. "Ci ho messo piede per la prima volta quando avevo dodici anni. Allora facevo il raccattapalle e ricordo come se fosse ora l'educazione di Boniperti: ogni volta che gli riconsegnavo il pallone uscito dal rettangolo, diceva grazie. E poi tante partite, tante vittorie: impossibile sceglierne una". Sceglie invece di rievocare la scena-simbolo di un pezzo di città del calcio: "Noi entravamo in campo e sapevamo che lassù, sotto la torre di Maratona, c'era il megafono di Gino Villani. Per lui ero l'Onorevole Giacomino. Ma secondo me Villani toccava l'apice quando scandiva il suo 'Riparatelo subito!' ogni volta che un giocatore s'infortunava e i medici gli prestavano i soccorsi". C'è anche lo spazio per rievocare il valore della naturale estensione emotiva dei frequentatori del Dall'Ara: "La Madonna di San Luca". Il tifoso la vede lì, a due passi dal campo, e si sente più protetto. Non so quante volte nella mia vita di calciatore, e anche dopo, sono andato a chiederle una grazia. Debbo dire che con me è sempre sata generosa". Massimo Vitali.
Classifica dei migliori calciatori di tutti i tempi secondo Aldo Agroppi
"I migliori secondo Aldo Agroppi: "Le mie classifiche? Eccole. Tra gli stranieri di tutti i tempi: Pelè, poi Van Basten e poi Platini. Gli italiani: Rivera, unico, a seguire Bulgarelli, centrocampista completo come pochi e Gigi Riva. Ma pure Pulici è stato un fenomeno".
Giudizio di Gigi Simoni sulle migliori squadre dal dopoguerra ad oggi
"A livello di bel calcio, il Bologna di Bernardini, la Roma di Eriksson e il Milan di Sacchi rientrano tra le squadre più spettacolari. Se proprio devo indicare una preferenza, dico il Bologna dello scudetto nel 1964. Era il calcio alla playstation: sfiorava la perfezione". Gigi Simoni.
Fabio Capello all'indomani della scomparsa di Giacomo Bulgarelli
"Capello ricorda l'amico Bulgarelli 'Una persona sensibilissima e un leader in campo e fuori' (ANSA) - ROMA, 13 FEB 2009 - 'E' stato il miglior centrocampista che l'Italia abbia avuto'. Fabio Capello ricorda cosi' 'l'amico' Giacomo Bulgarelli. 'Sono molto turbato - ha detto il tecnico friulano a Sky Sport24 -, ho lavorato con lui in televisione, ed era una persona sensibilissima. Tra noi c'era amicizia, ma anche stima reciproca'. Sul piano calcistico poi 'era il piu' completo perche' sapeva stare in campo, recuperare palloni, arrivare al gol e soprattutto era un leader in campo e fuori'.
Gigi Riva su Giacomo Bulgarelli
"Gigi Riva ricorda Bulgarelli: "Un amico" 14.02.2009. La Nuova Sardegna: "Un vero leader, uno che non mollava mai. Me lo ricordo anche ai mondiali in Inghilterra prima della partita con la Corea: aveva una distorsione al ginocchio, ma volle essere in campo a tutti i costi. Provò a corricchiare prima dell’ingresso sul terreno di gioco. "E’ solo un dolorino", disse. Tempra da uomo che voleva sempre combattere. Era uno che in campo, ma anche fuori, cercava di darti sempre una mano: un incoraggiamento, una parola buona, magari quando eri un po’ giù". Gigi Riva ricorda l’ex compagno di nazionale Giacomo Bulgarelli (erano in campo insieme anche il giorno dell’esordio in azzurro di Rombo di Tuono in Ungheria nel 1965). Per l’ex bomber azzurro, Bulgarelli era bravo con le parole, ma anche con il pallone tra i piedi: "Un giocatore essenziale. Pochi fronzoli e molta sostanza. Un regista classico che teneva la squadra unita e compatta per tutta la partita". Tanti incontri, anche dopo aver appeso le scarpette al chiodo, al seguito della nazionale, Riva come dirigente e Bulgarelli come opinionista. "Mi ricordo per i mondiali del 1990 una grande mangiata insieme a Bologna: mi portò in un ristorante tipico emiliano ad assaggiare le specialità locali. Bravo anche come opinionista, Giacomo: non cercava mai lo scandalo. Ma, da profondo conoscitore di calcio, guardava al dettaglio tecnico. Essenziale e concreto come era stato da calciatore".
Josè Altafini parla di Bulgarelli
"CALCIO: ALTAFINI, BULGARELLI UN AMICO IN CAMPO E FUORI Roma, 13 feb. - (Adnkronos) - "Giacomo Bulgarelli aveva due anni meno di me, abbiamo vissuto insieme non solo il calcio giocato, ma anche quello da commentatore televisivo, abbiamo lavorato tantissimi anni insieme, un grande amico. Con lui abbiamo fatto tanti Mondiali come telecronista, ultimamente soffriva, dopo l'intervento al fegato, mi dispiace moltissimo per la sua scomparsa". Sono le parole di Jose' Altafini, a Sky Sport24, sulla scomparsa di Giacomo Bulgarelli, ieri sera all'eta' di 68 anni. "Il Bologna di Bulgarelli giocava il miglior calcio di quel tempo, quella squadra era uno spettacolo -- aggiunge Altafini --, giocava come il Milan di Sacchi o la Roma di oggi. Io chiamavo Bulgarelli affettuosamente 'tortellino' e 'tortellino' se ne e' andato".
Corriere dello Sport - Stadio
"Il Bologna ha perso la sua bandiera. Giacomo Bulgarelli è morto giovedì sera, a 68 anni, nella casa di cura Villa Negrisoli, assistito fino all’ultimo dalla moglie Carla e dai tre figli Andrea, Stefano e Annalisa. Era ammalato da tempo. Nato a Portonovo di Medicina, a pochi chilometri da Bologna, il 24 ottobre 1940, aveva esordito in serie A il 19 aprile 1959, a soli diciotto anni. Veniva da una famiglia borghese, in quegli anni fu uno dei pochi calciatori ad aver frequentato e finito il liceo, il San Luigi. Poi si iscrisse a giurisprudenza. Con lui il calcio perde un giocatore-simbolo. Il Bologna perde il figlio più amato: Giacomino aveva giocato tutta la sua carriera nella squadra rossoblù, mettendo assieme 486 presenze ufficiali, 392 in serie A, con 43 gol. Aveva lasciato il calcio a 34 anni, il 4 maggio del 1975, dopo molti anni da capitano del Bologna. Nelle ultime due stagioni giocò da libero dietro la difesa, lui che era stato uno di centrocampisti più intelligenti del nostro calcio, il più classico dei registi in mezzo al campo. E’ stato uno degli ‘eroi’ dell’ultimo scudetto del Bologna, vinto nel 1964 nello spareggio contro l’Inter all’Olimpico di Roma. Era il Bologna di Fulvio Bernardini, quello che "Così si gioca solo in Paradiso". Vinse poco altro, due Coppe Italia, una Mitropa Cup e una Coppa di Lega italo-inglese. In Nazionale non fu fortunato. Totalizzò 29 presenze segnando 7 gol. Debuttò con due gol ai Mondiali del Cile del ’62, poi fu coinvolto nel disastro del ’66 in Inghilterra (la sconfitta con Corea a lui costò un ginocchio). Fece parte della rosa che vinse gli Europei nel ’68. Per anni seconda voce delle telecronache di calcio, prima a Telemontecarlo poi anche a Rai e Mediaset. Il funerale si svolgerà lunedì alle 11.45 nella cattedrale di San Pietro a Bologna per permettere una massiccia affluenza. La cerimonia sarà celebrata da monsignor Ernesto Vecchi".
Se n’è andato il migliore (di Gianfranco Civolani)
"Se n’è andato il migliore, si dice sempre così. Ma questa volta è assolutamente vero, se n’è andato il migliore tra quei quattrocento o cinquecento giocatori del Bologna che dall’immediato dopoguerra ad oggi sono passati sotto i miei occhi. Sì, Giacomo Bulgarelli più bravo di tutti, anche di campionissimi come Pascutti, Haller, Cappello, Pivatelli, Fogli e altri ancora. E mi ricordo benissimo quando a metà degli anni ’50 mi fu segnalato un ragazzino della provincia di Bologna che aveva il fosforo nei piedi. Era proprio un bravo giovanotto, bravo a scuola (faceva il liceo al San Luigi), bravo a parlare, bravo a curare il suo aspetto (i capelli divisi da un’impeccabile riga) e bravo a costruire calcio per sé e soprattutto per gli altri. Poi l’esplosione, il debutto con un ex campione del mondo (Alfredo Foni) che lo volle saggiare ed assaggiare e con un altro allenatore (Federico Allasio) che gli fece spazio e con un sublime maestro di calcio (Fulvio Bernardini) che gli regalò la consacrazione cambiandogli poi ruolo perché Bulgarelli era partito come trequartista e quindi arretrò proprio in mezzo al campo per consentire al fantasmagorico Helmut Haller di proiettarsi e di piroettare come più gli piaceva. E poi ben presto la Nazionale e un esordio col botto negli infausti mondiali cileni del ’62, infausti per tutti ma non per lui, capace a 21 anni di fare quello che nessuno più fece in un campionato del mondo e cioè due gol (contro la Svizzera) all’esordio assoluto.
Onorevole Giacomino, salute!
Giacomo Bulgarelli ribattezzato poi Giacomino e così cantato dal capo-tifoso Gino Villani ("Onorevole Giacomino, salute!" declamava al megafono Villani dai distinti centrali prima di ogni partita e Giacomino gli rispondeva sempre con il braccio alzato) passo a passo si era formato un carattere di ferro in campo. Buono e generoso – troppo buono e troppo generoso – nella vita privata, maturo come l’acciaio quando qualcuno in campo provava a colpirlo contropelo. E restano memorabili anche certe sue battute contro gli arbitri e contro lo strapotere niente affatto occulto di certe società ("Quando si gioca a Milano – diceva –sai già che potresti risparmiarti il viaggio) e contro chi decise che all’età di 28 anni Bulgarelli doveva essere emarginato dalla Nazionale semplicemente perché il Bologna e i bolognesi (lui Giacomo, Pascutti, Fogli, Janich e Perani) non erano più di moda. Poi i rapporti con la gente e con i giornalisti più o meno amici, il rapporto di una bandiera con chi tutto sommato quella bandiera voleva poi sventolarla a suo modo. E quando nel 1970 il presidente del Bologna Raimondo Venturi disse a quelli del Milan che Bulgarelli in rossonero si poteva anche fare, Giacomo non ci mise molto a dire di no. Eravamo insieme in Romania, arrivò la notizia della probabile cessione e Giacomo subito dichiarò: "A Milano troverei l’amico Rivera, ma a Bologna ci sono le due torri e i tortellini e io da qui non mi muoverò mai". E quando una cinquantina di tifosi lo inseguirono dopo una partita persa contro gli ungheresi del Ferencvaros e gli gridarono di andare a letto un po’ prima la sera? "A letto dovete andarci voi – disse di brutto – sennò le vostre signore poi si arrangiano con qualcun altro". Ecco, Giacomo era così, diretto e sempre capace di smorzare anche i peggiori umori stemperandoli nell’ironia. Mai rifiutava un’intervista e se qualcuno scriveva sul suo conto qualcosa di storto lui semplicemente diceva: "Ho letto la firma, quelle parole si commentano da sole".
Un centrale di centrocampo
Era – come si dice oggi – un centrale di centrocampo capace di interdire e di ripartire e di suggerire sempre a tempo debito. E ricordo anche la settimana trascorsa a Fregene nel ’64 prima dello spareggio che diede al Bologna il settimo sigillo. Là a Fregene – eravamo di giugno – sculettavano nel bikini fanciulle dalle carni molto fragranti e Giacomo sospirava: "Io mi carico così, guardando e riguardando questi capolavori della natura". Il dopo-calcio di Giacomo fu un turbinio di altre esperienze: dirigente del suo Bologna (ma furono tutte esperienze troppo fugaci) e di altri club (Modena, Pistoiese, Palermo) e poi provetto commentatore in tv, provetto perché sempre così preciso e pertinente e mai minimamente saccente. Era malato da tempo. Un trapianto, una bella ripresa, le amene tavolate con gli amici, le soste la mattina presto in quell’osteria di vicolo Ranocchi. Poi altri problemi, una ricaduta, il suo largo e accattivante sorriso che non si apriva più e solo un lieve battito di ciglia per la moglie e per i tre figli che avevano capito tutto. Cari William, Carlo, Johnny, Mirko, Paride, Francone, Romanino, Marino, Helmut, Harald, Ezio e Mimmo, cari e indelebili eroi di quell’avvampante pomeriggio del ’64, piangiamo insieme questo grandissimo che ha allietato le vostre vite e che ha ingrassato la mia giovinezza".
E’ stato l’orgoglio di Bologna
"Era un calcio corsaro, ci si riconosceva dagli sguardi. Le bandiere erano un valore, la fedeltà era una scelta di vita. Giacomo Bulgarelli nelle foto d’epoca ha le labbra sottili, appena increspate in una linea dolce, gli occhi intelligenti che lasciano balenare lo scintillio di un sorriso, ma di quei sorrisi volutamente distratti che lasciano sempre immaginare che ci sia dell’altro, dietro la foto. C’era molto altro, dietro la figurina da leggenda dell’onorevole Giacomino, il ‘Pelè de nueter’, schiena dritta, fascia da capitano e gagliardetto in mano quando entrava al Dall’Ara in certi pomeriggi di un sole che non c’è più. Si stava nei Sessanta, Bulgarelli era il Bologna, e il Bologna si riconosceva in lui. La diversità di un campione, l’unicità di un uomo. Rivera, Mazzola, Riva, Bulgarelli. Una faccia, una razza. Spesso poesia, sempre prosa, quella prosa lieve di chi gioca a calcio con la testa alta, e ogni passaggio è una storia da raccontare. L’esordio in A il 19 aprile del 1959, Foni allenatore, 1-0 contro il Vicenza, quell’anno Fidel Castro entra all’Havana con le sue truppe, Salvatore Quasimodo vince il Nobel per la letteratura, l’America è pazza di Marilyn Monroe. L’addio il 4 maggio 1975, contro l’Ascoli, giocando da libero, alle spalle di tutti, come volesse prendere le distanze dall’ultima volta. Era ancora un calcio a misura d’uomo, un calcio di uomini. Renato Dall’Ara lo chiamava il "mio ragassolo", per Bologna Bulgarelli era l’orgoglio di sentirsi speciali, la consapevolezza di sapersi provincia ricca e diversa. Rinunciò al Milan, e nel farlo si consegnò alla Storia, come tutti quelli che vivono per l’idea più pulita che hanno di se stessi. Questo era, una persona pulita. Li chiamavano ‘interni’, quelli come lui, uomini squadra che facevano della geometria la loro cifra stilistica, eleganti come lo è stato Bulgarelli, in campo e pure dopo, quando cominciò – era l’alba della rivoluzione televisiva – la sua carriera da opinionista, seconda voce arguta e sobria, prima che la marmellata della mediocrità investisse di rimando il palinsesto della televisione e delle nostre vite.
In azzurro
In azzurro aveva avuto meno di quello che avrebbe potuto dare, 29 presenze e 7 reti, due Mondiali certo, Cile ’62 e Inghilterra ’66, quelli della Corea, i ‘Ridolini’ come li aveva definiti il vice ct Valcareggi, con Bulgarelli in campo dolorante, c’era Mondino Fabbri a supplicarlo. Era un’Italia in bianco e nero. E’ quella l’Italia che Bulgarelli ha attraversato col passo della mezzala sapiente, l’Italia del pallone raccontata anche da Pier Paolo Pasolini in una sua celebre inchiesta televisiva sul sesso: quella volta chiamarono Giacomino davanti alle telecamere perché sapeva parlare, aveva studiato da avvocato, lui, perché nel mondo c’era aria di rivoluzione e il ragazzino aveva la faccia giusta. Giacomo Bulgarelli ci lascia la bellezza di chi è riuscito a celebrare la poesia del calcio, cantare il gesto singolo, fissare l’istante inimitabile di un lancio o un dribbling, e sottrarlo per sempre ai danni del tempo e della memoria. Così si gioca solo in Paradiso, disse Fuffo Bernardini dopo un Bologna-Modena 7-1. Da quelle parti, paradisi di nuvole a rincorrersi e cieli larghi come campi silenziosi prima del calcio d’inizio ha sempre giocato Giacomo Bulgarelli da Portonovo di Medicina, che fece di se stesso una bandiera, e la lasciò sventolare a lungo nel vento di Bologna, per tutto il tempo che è stato e per quello che verrà, l’onorevole Giacomino entrerà in campo col gagliardetto in mano, la fascia da capitano e la schiena dritta, strizzando appena gli occhi per la frustata secca di un sole che non c’è più".
"Lo scudetto? Mai visto" (di Giacomo Bulgarelli – da ‘Così si gioca solo in paradiso’)
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Bologna - Inter 2-1, 7-6-1964. Bulgarelli e Pascutti. |
"Non è un’immagine, perché in quel momento avevo gli occhi chiusi. Quel che mi resta del 7 giugno 1964, del mio 7 giugno, è una sensazione paradossale, un brivido freddo: l’arbitro Lo Bello ha appena fischiato la fine ed è il migliore dei finali possibili. Il Bologna è campione d’Italia: abbiamo vinto – una presa di coscienza tutt’altro che istantanea – al termine di una stagione irripetibile, esaltante e terribile al tempo stesso. Siamo sopravvissuti alle accuse infamanti di doping, abbiamo lottato sul campo, ma anche nei tribunali, sui giornali, nelle piazze. Nemmeno la morte del presidente Dall’Ara, appena quattro giorni prima dello scudetto, ci ha piegato: sarebbe stato ridicolo – come sosteneva Bernardini – accettare la proposta dell’Inter e della Federazione di uno scudetto ex aequo. "Ex cosa?" avrebbe riso il presidente, che amava i compromessi solo quando convenivano a lui. Ora era finita per davvero e c’era chi piangeva; chi correva senza meta, perché non sapeva che cos’altro fare; chi cercava con gli occhi la moglie in tribuna; chi voleva l’abbraccio dei tifosi. Bernardini si teneva una mano sul cappello, quasi fosse l’ultimo disperato tentativo di non spiccare il volo.
Cercavo di essere felice
E io? Io non trovai di meglio che abbandonarmi a terra. Così, sdraiato sulla schiena, gli occhi socchiusi, ascoltavo il frastuono e cercavo in tutti i modi di essere felice. Ancora oggi non so se ci riuscii, ma so che a un certo punto si fece strada in me quella sensazione fredda, forse stonata, col senno di poi sicuramente premonitrice."Non vivrò mai più un momento così", ecco cosa pensavo, mentre Bernardini si ancorava al cappello e i miei compagni si abbracciavano, cantavano e piangevano. Mai più: chissà perché certi pensieri sbucano quando non dovrebbero e, soprattutto, perché il tempo non si premura di smentirli. Da allora il Bologna non è più arrivato tanto in alto, né con me né dopo di me. Nel frattempo è radicalmente mutata la portata del fenomeno calcio, sono cambiati gli investimenti e le prospettive. E le piccole imprese non possono più competere con le multinazionali. Ma nemmeno allora il Bologna si confrontava con circoli dopolavoristici e pie confraternite. Gli avversari erano l’Inter di Moratti, il Milan di Rizzoli e poi di Felice Riva, la Juve degli Agnelli. E la vittoria del Bologna – difficile e pericolosa come l’incursione di un ragazzino nel sistema informatico del Pentagono – avvenne sotto il segno della competenza, non certo del denaro. Quella squadra irripetibile era stata forgiata sui migliori elementi del settore giovanile, ai quali nel corso degli anni erano stati affiancati autentici campioni del calibro di Haller, Nielsen, Negri, Fogli, Perani, secondo un preciso disegno tattico. Dall’Ara e Bernardini, i protagonisti assoluti di quell’impresa, ci lasciano non solo tanti ricordi felici, ma anche una lezione che non andrebbe dimenticata.
"Era il leader, era il più grande di tutti noi"
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Con Janich e Juliano, Londra, 1966. |
"Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti. E’ l’undici che chi ha il rossoblù nel cuore non può mai dimenticare. Scudetto 1964, l’ultimo del Bologna, una formazione tipo diventata una poesia da recitare a memoria. Ai protagonisti di quell’impresa ieri è toccato piangere il loro leader. Su tutti Romano Fogli, compagno di reparto di Bulgarelli: "Da quando ho saputo la notizia non sono ancora riuscito a smettere di piangere. Per me e Perani era il nostro bimbo, debuttò con noi nel ’59. In campo c’era un’intesa perfetta". Un commosso Ezio Pascutti ricorda: "Quel Bologna era una squadra di undici leader, ma Giacomo aveva qualcosa di speciale. Era grande, grande, grande. L’anno dello scudetto ci davano dei drogati: con la Samp io e Giacomo reagimmo, a cazzotti, e fummo espulsi. Ma avevano ragione: assolti. Dentro avevamo dell’acqua, al massimo del vino". La mente di Marino Perani va anche all’azzurro: "Se in Inghilterra nel 1966 contro la Corea Giacomino non si fosse fatto male, sarebbe stata tutta un’altra storia. So cos’ha passato, ha combattuto la malattia con lo spirito di un grande uomo". Il Bologna dello scudetto sarà presente pressoché al completo lunedì ai funerali, con una corona di fiori ‘I tuoi amici del ‘64’. Nielsen, che tre settimane fa lo aveva incontrato all’ospedale, ha già confermato la sua presenza e probabilmente ci sarà anche Helmut Haller: "Cercherò di essere presente. Mi mancherà tanto la sua simpatia, mi prendeva sempre in giro, era un giocatore ed un uomo eccezionale".
I ragazzi del ’64: "Ci mancherai splendido architetto del pallone"
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Se ne va un ragazzo del ’64: peccato che di quella squadra fosse l’anima, il simbolo, la bandiera. Non si dà pace Helmut Haller, che al telefono dalla sua casa di Augsburg racconta il dolore per una perdita lacerante: "Giacomo non perdeva mai occasione per prendermi bonariamente in giro: la sua simpatia mi mancherà. Mi sto organizzando per essere presente lunedì ai funerali: spero di farcela". Da Haller a Marino Perani, compagno inseparabile di Bulgarelli anche dopo che sulle rispettive sfolgoranti carriere erano passati i titoli di coda. "Giacomo ha lottato fino all’ultimo contro la malattia come faceva quando era in campo – dice l’ala destra dell’ultimo scudetto – e ha combattuto sempre con il sorriso. Era al corrente dell’avanzare della malattia, ma cercava di sdrammatizzare.
Regista e intedittore
Il Bulgarelli calciatore, per Perani, è racchiuso in una definizione: "Un architetto del pallone. Era bravissimo a recuperare palloni e a impostare il gioco. Interdittore e regista allo stesso tempo: era in questo la sua modernità". C’è anche un flash sul naufragio azzurro con la Corea ai Mondiali di Inghilterra del ’66: "Giacomo si infortunò dopo un quarto d’ora e rimanemmo in dieci perché allora non c’erano le sostituzioni. Ho sempre pensato che se non fosse uscito di quella partita oggi avremmo un altro ricordo". Ricordi. Sono quelli che si affastellano nella mente di Harald Nielsen, per tutti ‘Dondolo’: "Sono venuto a Bologna tre settimane fa e sono andato a trovarlo in ospedale – racconta Nielsen – faceva fatica a reggere la conversazione, era molto provato, ma almeno ho la piccola soddisfazione di essermi potuto congedare da lui". Non ce l’ha fatta ad incontrarlo, invece, Franco Janich, il possente libero della squadra di Fulvio Bernardini: "Sapevo che stava male, avevo programmato di venire a salutarlo ma non ho fatto in tempo". E prosegue: "Con lui se ne va un pezzo della mia vita. Il suo umorismo mi resterà dentro per sempre. E poi a lui devo essere grato per un altro motivo: negli undici anni in cui abbiamo giocato assieme mi ha fatto fare un sacco di belle figure, calcisticamente parlando". "Un ragazzo solare, cordiale, sempre pronto a darti una mano", lo dipinge Mirko Pavinato, che di quel Bologna era il capitano: "Giacomo era così anche due mesi fa, quando ancora faceva dei tressette con gli amici in vicolo Ranocchi, dietro il Pavaglione. A lui mi legano tanti ricordi. Uno su tutti? Dopo il suo esordio, a fine partita, lo presi da parte e gli dissi: ragazzino, te diventerai buono…".
Simbolo di una grande squadra, figlio prediletto della città
"Ha giocato come in paradiso. Adesso Giacomo è davvero in paradiso e chissà che tra poco, senza acciacchi, senza assilli, non ricominci lo spettacolo. Pensarlo, fa venir voglia di esserci. Te lo immagini? Gino Villani giovane, senza megafono, che grida: "Onorevole Giacomino…salute", la voce che scende dalla torre di Maratona, arriva a centrocampo, Giacomo che con un cenno della mano ringrazia e la partita che inizia. Mai nessun arbitro o nessuna voce fuori campo ha osato turbare il rito. Giacomo non solo giocava, Giacomo, sacerdote del pallone, officiava. Il calcio non ha mai offerto nulla di più sacro e di coinvolgente di questa simbiosi perfetta fra una città, i suoi umori e le sue contraddizioni e il suo campione. I bolognesi lo hanno molto amato e un po’ detestato, comunque lo volevano lì, come tanti mariti insofferenti che, in realtà, senza moglie si sentirebbero persi. E Giacomino, ricambiando i sentimenti contradditori, mai se n’è andato, neppure quando nel ’72, presidenza Venturi, il Milan avrebbe ricoperto di soldi lui e il club. E’ stato giocatore del Bologna dal 1958 fino al 1975, una carriera intera a prendere applausi e insulti, a vincere lo scudetto del 1964 (il più bello della storia del calcio, l’unico assegnato allo spareggio) e a sognare di vincerne un altro che non è mai arrivato e che chissà mai quando arriverà. Scivolò da mezzala a libero, per allungarsi la carriera. In molti pensavano che la sua ingombrante presenza fosse un ostacolo sulla strada del rinnovamento e delle nuove baldorie e lo contestavano. E lui: "Io i bolognesi proprio non li capisco". Non li capiva, ma li amava così com’erano: "Ormai non ci faccio più caso. Meno male che ogni tanto fischiano anche Haller, un altro molto tristo, così mi lasciano in pace. Perché di bello c’è che qui non se la prendono mai con quelli scarsi". Quando Bulgarelli smise di giocare, niente, i tifosi gli fecero una festicciola in un ristorante della periferia, i dirigenti in sede appesero una delle sue foto e buona notte onorevole Giacomino. Si volta pagina. Era cronaca, in fondo. Storia è diventata poi. Non molto dopo. Il tempo che il calcio si trasformasse in uno sport commerciale, frenetico, che si ammalasse di schizofrenia e che raccontasse mille storie di opportunismo. E’ stato allora che i bolognesi hanno iniziato a penarci su: ma quando mai ricapiterà di vivere una storia di successi e di fedeltà, di attaccamento alla maglia, che vuol dire mettersi addosso una città, la sua gente, gli amici e le abitudini. Giacomo non ha mai tradito: "Oh, andare al Milan allora significava trovare tutto, successi, di nuovo la Nazionale e tanti soldi". E non andare? "Significava stare qui, a casa, prendere il caffè con chi ti pare, non con chi ti capita". Erano stati Rivera e Lodetti, testimoni delle sue nozze con Carla, a spianare la strada che né Venturi né Giacomo ebbero mai il coraggio di imboccare. Trecentonovantaquattro furono alla fine le partite (in campionato) di una storia irripetibile.
All'oratorio di Portonovo
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Italia - Brasile 3-0. Bulgarelli - primo accosciato da
sinistra - segnò la rete del 3-0 al Brasile di Pelè. |
Quella decisiva non è sugli almanacchi. E’ nella memoria dei bambini che giocavano all’oratorio di Portonovo, il paesino della ‘Bassa’, tremila anime sì e no venti chilometri da Bologna. Lì era nato Giacomino il 24 ottobre 1940. Vita serena e agiata, nonostante la guerra. Nessuno dei Bulgarelli era stato attivo in politica e quando le ronde dei partigiani passarono per quelle campagne a presentare conti spesso eccessivi, nessuno con fare minaccioso arrestò i giochi nel cortile dove Giacomo già si esercitava a guidare una squadra. Di instancabili distruttori, quella. Fu un film, è proprio il caso di dirlo, a far scoccare la scintilla del pallone. Tutti ne parlavano estasiati, così Giacomino e un suo amichetto, alla bella età di sei anni, si mettono a giocare a "L’inferno a Chicago": appiccano il fuoco a due baracche di legno e si appostano per vedere l’effetto che fa. Arrivano tutti gli abitanti del Paese: lì a due passi sono sepolte chissà quante mine. L’amichetto prende quattro cinghiate dal padre, mentre Giacomo si nasconde braccato da papà Leando: "Me la cavai con due mestolate nel sedere", raccontava con gli occhi lucidi. Fu così, come ha scritto Sergio Perbellini, che papà Leandro e Don Dante Barbiani, entrambi alle prese con i ragazzini terribili, decisero che era arrivato il momento di dare un senso a tanta esuberanza. E un senso poteva darlo solo una squadretta di calcio. Fu amore a prima vista, amore vero, sconfinato. Giacomino non faceva altro e sai come sono i padri: senza pallone non andava bene, con troppo pallone non andava bene lo stesso. E’ che il dottore, sottovoce, aveva detto a mamma e papà che Giacomino doveva andarci piano: aveva il soffio al cuore! Va ricordato: in quegli anni di diagnosi al buio, la metà dei bambini ha il soffio al cuore. Giacomo se ne infischiò e fece bene. La guerra aveva tolto il suo tappo, le famiglie di modernizzavano. Quella di Giacomo si trasferì a Bologna per stare vicina alla sorella Luigina che voleva studiare. Quando il ragazzino compì undici anni, il padre lo iscrisse alle medie al "San Luigi", retto dai padri Barnabini, scuola per rampolli di buona famiglia.
István Mike Mayer
Giacomo con i suoi abitava in via Montanari, zona Mazzini e quando si dice il destino: dalla finestra di casa sua Stefano Mike detto Pista, ungherese, prima giocatore poi passato alla guida del settore giovanile del Bologna, vede i cinnazzi giocare a pallone. Si accorge di quel mingherlino che li semina tutti e che fa gol quando ne ha voglia. Lo dice al capo allenatore, un altro ungherese che ha lasciato il segno (Coppa dell'Europa Centrale del 1932 e salvezza miracolosa del 1952), Giulio Lelovich. Primavera del 1953: è l’ora del provino. Il Bologna dà appuntamento a Bulgarelli al campo dei Ferrovieri. Giacomo usa solo il destro e non è veloce, neppure per i tempi di allora. Ma sta a testa alta e, dice Lelovich, "nessuno alla sua età gioca senza guardare il pallone. Prendiamolo". E’ un’impresa. Giacomo, come la Cinquetti di Sanremo, non ha l’età. Per un anno è un giocatore clandestino del Bologna. Il 24 aprile del 1954, giorno del suo quattordicesimo compleanno, Giacomo Bulgarelli è a tutti gli effetti un membro della famiglia Bologna Football Club. Ne farà parte per oltre vent’anni, conquistando il record di presenze, 486 in tutto, fra campionato e coppe. Al secondo posto c’è Tazio Roversi (455), che in classifica è entrato dopo e che gioca già da terzino destro nella squadra del Paradiso. Giacomo fece la sua gara su Carlo Reguzzoni (417) e non si ritirò finché non l’ebbe vinta. All’inizio giocava all’ala, ruolo che impone la velocità che gli mancava. E segnava tanto. Ma era nato per giocare in mezzo al campo e si sentiva a disagio. In più il padre non voleva che diventasse professionista. Voleva che passasse l’esame di maturità e che si iscrivesse a legge. Quindi Giacomo debutta (e vince, 1-0) con il Vicenza nel 1958, poi c’è e non c’è. Fa una partita sì e tre no, fa come vuole suo padre. Sarà per tutta la vita uno studente di legge ‘fuori corso’. Sarà presto titolare nel Bologna che getta le basi per la leggendaria impresa del ’64. Prima partono Maschio, Pivatelli e Vukas ed entrano Giacomino, Perani, Pascutti, Bonafin e Fascetti (lui, Eugenio) che in quattro non fanno cent’anni. Poi Bernardini arriva al Bologna, mentre Fabbri è in Nazionale e insieme stabiliscono che Bulgarelli debba fare il regista. Finalmente. Lì in mezzo darà il meglio di sé per una decina d’anni, continuerà a fare gol (49, alla fine) e a dettare legge. La legge del migliore, del più completo. La legge di un grande campione".
La disavventura azzurra
"Uno scempio, una vergogna. E’ con l’esclusione di Giacomo Bulgarelli dalla nazionale, dopo la Corea, che si apre la prima crepa fra la Federcalcio e il Bologna. Il palazzo decise: fuori Edmondo Fabbri e fuori Giacomo Bulgarelli, il disastro di Middlesbrough aveva bisogno di colpevoli. Il calcio italiano avrebbe tollerato l’invasione degli "alieni" rossoblù, a patto che Fogli, Bulgarelli, Perani e Pascutti avessero vinto. Non vinsero, non ai mondiali d’Inghilterra e la Figc decise di fare una nazionale su misura a Rivera, Mazzola e Corso. Non erano tre qualsiasi, e c’era poco da obiettare, ma ce ne volevano tre così, di alto livello, per contare tutte le qualità tecniche custodite da un Bulgarelli. Il 19 luglio del 1966 Giacomo uscì prima del gol di Pak Doo Ik. Aveva giocato con un ginocchio che ballava, come avrebbe poi fatto Baggio nel ’94 a Pasadena contro il Brasile. Stesso retroscena. Il ct che chiede al suo giocatore più rappresentativo: te la senti? E quello, pur consapevole di non essere al meglio, che risponde "Sì, certo". L’Italia rimase in dieci e non riuscì a recuperare. Edmondo Fabbri silurato. Giacomo avrebbe ancora avuto spazio se, per riconoscenza, non si fosse apertamente schierato con il ct. Lo difese allora e continuò a difenderlo per tanti anni. "Fabbri è l’uomo che conosce il calcio meglio di chiunque altro – diceva – anche di Bernardini. Nessuno è bravo come Fabbri dal punto di vista tattico e nessuno lo è come Bernardini nella gestione di una squadra". Fu coerente, fu fatto fuori. Dolcemente. Dopo la Corea, l’Italia giocò tre partite, contro Urss, Romania e Cipro, e Bulgarelli non c’era.
Ventottesima partita in azzurro
Giocò la sua ventottesima partita contro il Portogallo (1-1) e la sua ventinovesima a Bucarest contro la Romania, per le qualificazioni all’Europeo. L’Italia vinse per 1-0 (gol di Bertini, Fiorentina) e di quel giorno di Bulgarelli non ne volle sapere più nulla. Questo, almeno in parte, spiega la tentazione che Giacomino ebbe poi di andare al Milan: la forza di un grande club gli avrebbe riaperto le porte della nazionale. Era un silurato speciale, Giacomino. Aveva 27 anni, era il miglior centrocampista d’Italia e forse anche del mondo, aveva segnato già otto gol. Aveva debuttato nella nazionale maggiore il 7 giugno del ’62 a Santiago del Cile, segnando due gol nel giro di tre minuti, ma l’Italia uscì male e sue prodezze non furono celebrate. Nessuno sapeva leggere le partite come lui. Gli altri grandi giocatori di allora lo temevano, ma lo stimavano. Perché Giacomo potesse esprimersi al meglio, bastava che Mazzola giocasse centravanti, un po’ come gioca Totti oggi. Il suo avanzamento lasciava a Bulgarelli (regista) e a Rivera (mezzala) la gestione del centrocampo. Andò così finché non arrivò Riva e Mazzola dovette tornare ‘indietro’. Nessuno, per molti anni, ha giocato nel suo ruolo con altrettanta naturalezza. Giacomo ha atteso tanti anni prima di vedere un regista degno della sua eredità: "Finché non vidi giocare Albertini. Allora mi misi l’anima in pace".
Bologna, il suo infinito Amore (di Stefano Biondi)
"Due gol alla Svizzera, segnati in maglia azzurra. Estate del ’62, Giacomo torna dal Cile e corre a regalare la maglia che indossava a Walter Bicocchi, il Mago. Chi conosce la storia del Bologna conosce il Mago Bicocchi. Era un signore alto, severo e tenero allo stesso tempo, uno che ha sempre saputo prendere i giovani calciatori per il verso giusto. Il Bologna quelli bravi li ha affidati a lui per mezzo secolo. L’ultimo in grado di parlarne come di un secondo padre è Roberto Mancini. Non è un caso che il Mago finisse alle calcagna di quelli con un avvenire sicuro. Era un tutor professionista, una figura scomparsa dai club ma capace di valorizzare gli investimenti. L’aria è sempre stata scanzonata e quasi assente, ma l’anima di Giacomo era sensibile e lo induceva all’attenzione, alla generosità. Allora come oggi. Due anni fa seppe dell’infarto che aveva steso Helmut Haller (per lui il Tudasc) e chiamò subito Francone Janich, della loro compagnia il più razionale, il più quadrato (l’armeri, l’armadio, infatti) per organizzare una macchina e andare in Germania a trovare il compagno all’Ospedale. Con il passare degli anni i ragazzi del ’64 sono diventati più amici di quanto non lo fossero da giocatori. A unirli è stato l’affetto della gente, la sensazione di essere amati e rimpianti ogni giorno di più. Irripetibile anche questo matrimonio indissolubile, che si avvia a festeggiare le nozze d’oro, fra la gente di Bologna e i suoi ‘eroi’. Due gol alla Svizzera, il bambino che diventa campione e l’ingaggio di Giacomo che di botto passa da trentamila lire al mese a trecentomila. Il presidentissimo Renato Dall’Ara, in quella circostanza, capì che margine di manovra non ce n’era tanto. Con il denaro Giacomo non ha avuto un rapporto facile: non se li è divorati, i suoi quattrini, ma qualcuno lo ha investito male. Fa eccezione la terra di Portonovo, che il padre gli lasciò in eredità. Non è mai stato in bolletta, ma neppure ricco. Sensibile sì. Ai bisogni della famiglia, che negli ultimi anni si è allargata, con l’arrivo dei nipotini: Ramon Giacomo, Raul e Guia sono i figli di Stefano; Riccardo glielo ha dato Annalisa, mentre Andrea non è ancora sposato. Poi si sa. Con i soldi di allora si campava bene, ma non è come per i campioni di oggi che possono stare senza lavorare loro e tutte le generazioni che verranno. Giacomo ha sempre lavorato, dopo aver smesso di giocare. Un po’ la terra di casa sua e molto nel mondo del pallone.
Era (è) la bandiera del Bologna
Era (è) la bandiera del Bologna e subito Luciano Conti e Tommaso Fabbretti lo vollero come garante di una società che imbarcava molta acqua e pochi bravi giocatori. Bulgarelli si lasciò male con Conti, tanto male che finirono in tribunale; ci riprovò con Fabbretti e si ritrovò presto a governare una barca senza timone e una squadra senza uno spiccato criterio professionale. Profeta in patria, Giacomo, proprio no. A Modena fece un ottimo lavoro, così come a Pistoia, ma da commentatore tv ha dato il suo meglio. Lo incontrammo, giovani cronisti, metà degli anni Ottanta, un’estate a Milanofiori, sede allora del calciomercato. Era di fianco a Massimino, presidente del Catania e ci invitò alla sua tavola. Il presidente si arrotolò la manica della camicia e continuando la conversazione come se nulla fosse, si infilò l’ago nel braccio. Insulina, spiegò. Uno schizzo di sangue macchiò la tovaglia. Giacomo si voltò verso il cronista e chiese: "Secondo te per quanto ci posso stare io qui?". Il cronista: "Qualche giorno?". Lui: "Qualche secondo. Andiamo". Mi prese sottobraccio e mi disse: "Andiamo a mangiare alla bolognese, senza siringhe e senza sangue". E’ sempre stato così: quando, lontano da casa, vedeva una faccia bolognese, Giacomo si illuminava. E Massimo Caputi, il suo compagno di viaggio più fedele, diceva che Giacomo gli aveva trasmesso il senso dell’appartenenza. Gli veniva naturale: era nato capitano, anche se la fascia nella stagione dello scudetto era al braccio di Mirko Pavinato, il più discreto e il più silenzioso fra quello che a Bologna hanno piantato le tende. Giacomo ha amato lo sport, non solo il calcio. Uno dei suoi più cari amici è Toro Rinaldi, campione del baseball, terza base della Montenegro che vinceva gli scudetti e della Nazionale che, come "I duellanti" di Kubrick aveva un conto perennemente aperto con il nemico, allora gli olandesi. Tifoso della Fortitudo, anche. Come Pecci. Il ragazzo romagnolo, simpatico e impertinente, aveva agli occhi di Giacomo, che pure era geloso del suo posto e di mollarlo non di pensava neanche, un grande pregio: era simpatico e leale. E se amici non lo sono stati subito, non quando Eraldo entrò nello spogliatoio dicendo: "Fuori i vecchietti e largo ai giovani", lo sono stati sempre di più con il passare degli anni e delle partite di maraffone da Ivo alla Braseria o da Fenara all’Osteria della Chiesa o nel salotto di E’-tv.
Chiacchierare, non autocelebrarsi
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Ancora con "Kaiser Franz" prima della partita. |
Ovunque andasse, Giacomo un tavolo lo trovava sempre, anche di virtussini. Per chiacchierare, non per autocelebrarsi. Memoria delle sue prodezze non ne ha mai avuta. Chiedergliun riferimento statistico significava sbagliare. Se andava a ruota libera era uno spasso. Raccontava di quella volta che in ritiro, a Fregene, prima dello spareggio, arriva Pier Paolo Pasolini, gran tifoso del Bologna, che vuole arricchire il suo documentario sulle abitudini sessuali degli italiani. Gli interessa l’aspetto della clausura cui sono soggetti i calciatori. Parla con Giacomo, impara un po’ di cose e alla fine gli dice: "Ho capito, è stata una lezione molto utile. Tu dovresti lavorare con me nel Decameron, non stare qui in ritiro". Bulgarelli declinò l’invito. Ma se la sua presenza poteva fare felice qualcuno, nei limiti del possibile Giacomo andava. Sempre in compagnia, sempre in mezzo alla gente con i suoi amici. Fra questi Giorgio Guazzaloca che, da sindaco, gli ha consegnato il Nettuno d’oro, un premio che si dà a chi ha saputo onorare la città. Giacomo Bulgarelli per tanti anni, anche da telecronista, anche da commentatore del "Carlino" ha offerto divertimento ed è stato ripagato con l’affetto. Questo lo ha intenerito e, lo vogliamo credere, gli ha anche addolcito gli anni della malattia. Solo non è mai stato. Nessuna voce contro durante questa partita. Anzi: una città intera ha fatto il tifo per lui. Sereno e realista, scaramantico solo verso i sorteggi: "Ne ho persi tre. Uno alle Olimpiadi in Turchia in semifinale contro la Jugoslavia; un altro in Coppa Campioni con l’Anderlecht, poi anche in Uefa (Coppa delle Fiere ndr.) con il Leeds. Quando vedo una monetina per aria mi metto il casco". E’ stato simpatico anche durante la nostra ultima chiacchierata: "Ho sventolato per più di quarant’anni come un bandierone. Mi sa che stavolta ho preso un brutto raffreddore. Ciao e cerca di stare bene". Anche tu, Giacomo, amico di tutti noi".
‘Spallone’ d’oro in tv
"Non è stato solo un esempio di destrezza, correttezza ed educazione applicate al calcio: Bulgarelli sapeva far correre la lingua con la stessa leggiadra eleganza con cui in campo faceva correre il pallone. E così, dopo una vita passata a farsi giudicare dagli altri, chiusa la carriera di calciatore e dirigente Giacomo aveva saltato la rete passando nella schiera dei ‘giornalisti’ Aveva esordito proprio nelle colonne del Carlino, dove per qualche tempo fu titolare di una rubrica che era un giro d’orizzonte su fatti e misfatti del pallone. Ma lo affascinava di più quella scatola ricca di opportunità che si chiama televisione. Nel 1980 nacque la fortunata avventura catodica a Telemontecarlo. Lui e Luigi Colombo – felicissimo connubio – insegnarono in breve tempo agli italiani un modo diverso di approcciarsi al calcio, dove la sobrietà non soffocava la passione e l’ironia (specie quella di Bulgarelli) era un contrappeso che aiutava a non prendere la faccenda troppo sul serio. Giacomo inaugurò una lunga stagione da travet del pallone con la valigia sempre pronta, catapultato da un angolo all’altro dell’Europa calcistica e anche oltre: ovunque ci fosse un evento calcistico da raccontare in presa diretta c’era l’inconfondibile imprinting della sua ‘esse’ bolognese. Insieme all’inseparabile Colombo, dagli schermi di Tmc l’ex bandiera del Bologna tenne compagnia agli italiani nelle notti magiche di Italia ’90. Poi cambiò partner senza cambiare antenna: da Luigi Colombo a Massimo Caputi. Fu l’inizio di un altro memorabile sodalizio televisivo, che corroborò la fama di Bulgarelli commentatore misurato, ironico e intelligente.
Corre come un saiano
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Bulgarelli e Amedeo Biavati. |
I Mondiali di Usa ’94 e Francia ’98, la saga di Galagoal, gli speciali sulla Coppa America: Giacomo non s’è fatto mancare niente. A cominciare dall’invenzione di un lessico che in qualche modo ha fatto storia. Memorabile la frase "Corre come un saiano", che il nostro pronunciava ogni volta che s’imbatteva in un calciatore dalle poderose virtù atletiche. Aveva pure coniato la definizione di saiano: "uccello palustre delle valli di Comacchio, così veloce che quando sfreccia nel cielo se ne può intravvedere a malapena l’ombra". Va da sè che il saiano non è mai esistito, se non nella fervida fantasia di un uomo che sapeva comunicare come pochi. E’ esistito, invece, un Bulgarelli prestato alla playstation: da ‘Fifa ‘98’ a ‘Fifa 2002’, videogame di punta del colosso Ea Sports, la sua voce, in coppia con quella dell’inseparabile Caputi, ha fatto da colonna sonora alle peripezie virtuali di un’intera generazione di calciofili della consolle. Nel 2002 arrivò lo sbarco in Rai come spalla del totem Bruno Pizzul a commentare le partite della Nazionale. I Mondiali di Corea e Giappone arrivarono nelle case degli italiani filtrati dalla sua voce. Poi le avvisaglie della malattia, che pur senza spegnergli mai il sorriso lo allontanarono dal video. Ci tornò due anni fa, nei panni di commentatore delle reti Mediaset per le partite di serie A trasmesse sulla piattaforma del digitale terrestre. La sua ultima voce l’ha prestata – in una rimpatriata con l’amico Colombo – alla telecronaca di Groningen-Fiorentina, il 20 settembre del 2007, debutto in Coppa Uefa dei viola trasmesso su Conto Tv. Mezzi tecnici spartani da era pionieristica della tv. Ma la solita, inconfondibile, passione da eterno innamorato del calcio".
Articolo di Mario Sconcerti, dal "Corriere della Sera"
"Addio Eterno «ragassolo» legato alla sua città, in azzurro fu sfortunato Bulgarelli, quel genio gentile che fece grande il Bologna". Campione ironico e mai banale, è morto a 68 anni. "Piedi buoni". Bernardini vide in lui i piedi buoni e lo trasformò nel primo regista italiano del dopoguerra"."Giacomo Bulgarelli è morto giovedì sera a 68 anni dopo una lunga malattia. Lo ha reso noto ieri il Bologna sul proprio sito internet. «Tutto il Bologna Fc 1909, presidente, dirigenti, tecnici, giocatori e dipendenti si stringe alla famiglia nel ricordo di Giacomo, la più grande bandiera rossoblù». Era inevitabile che Bulgarelli diventasse calciatore, aveva troppe doti per fare altri mestieri, ma che ci fosse in serbo per lui qualcosa di eccezionale fu subito chiaro fin da quando era un bambino. Giocava nel cortile di casa sua, in via Montanari a Bologna, la città di tutta la vita. Giocava benissimo, la differenza balzava agli occhi, ma i cortili italiani sono sempre stati pieni di differenze che hanno finito poi per fare gli impiegati. Sullo stesso cortile di via Montanari si affacciavano però anche le finestre di due signori ungheresi, Stefano Mike e Gyula Lelovich. Uno era stato un buon attaccante del Bologna, l' altro ne era stato l' allenatore e dirigeva in quel momento il settore giovanile. A Lelovich bastò scendere un pomeriggio le scale e dire a quel ragazzino che era tempo si desse da fare. Tra i pulcini del Bologna c' era una maglia per lui. Bulgarelli debuttò in A a 18 anni e mezzo. Giocava mediano, aveva un buon fisico per essere del Quaranta, generazione di guerra. Era veloce, capitava spesso che a qualcuno venisse voglia di vederlo all' ala, perché aveva anche grande tecnica e facilità nel saltare l' uomo. Ma quello che lo mise al passo con se stesso fu Bernardini. Erano gli anni di Foni, Viani e Rocco, si dava molta importanza alla difesa, Bernardini amava però il calcio tecnico, quelli che lui battezzò «i piedi buoni». E Bulgarelli aveva qualità da vendere. Lo avanzò fin quasi a fare il trequartista, poi tra una spinta e l'altra gli trovò il suo ruolo, divenne regista. Il primo vero, grande regista italiano del dopoguerra. Se Valentino Mazzola era stato l'uomo ovunque, il protagonista, Bulgarelli fu l'uomo d'ordine, il riferimento e soprattutto il leader. Il Bologna di Bulgarelli naviga tra il quarto e il quinto posto in anni molto importanti. Nel ' 61 Rocco ha preso il Milan e ha vinto subito lo scudetto. La risposta dell'Inter fu l' ingaggio di Helenio Herrera e della sua lunga lista di preferenze. Non è facile trovare spazio per le vecchie squadre emarginate dal grande calcio metropolitano. Ma il Bologna di Bulgarelli ha la diversità di Bernardini e una mescolanza di giocatori straordinari: Nielsen, Pascutti, Haller, Perani, Janich, Fogli.
Il padre della squadra
Bulgarelli ha 23 anni in quel tempo ma sembra già il padre della squadra. Mette insieme le indoli un po' burrascose di Pascutti e Perani, le mischia con la tecnica di Haller, l' ordine di Fogli, la facilità a far gol di Nielsen. È l'allenatore in campo e porta quel Bologna a vincere il campionato. È la primavera del 1964. L' arrivo di Edmondo Fabbri in nazionale lo porta al centro del progetto mondiale in Inghilterra. Ma Fabbri non è mai stato un fortunato e Bulgarelli meno ancora. Il giorno della partita contro la Corea, a Middlesbrough, non solo l' Italia di Bulgarelli perde e viene eliminata, ma Bulgarelli si rovina un ginocchio ed è costretto a uscire (non c' erano sostituzioni, finimmo in dieci). Molte le polemiche, Bulgarelli era già malconcio prima di entrare, erano fuori molti milanisti e interisti illustri. Bulgarelli prese su di sé le responsabilità, portò via il suo ginocchio rovinato (da allora non fu più esattamente lui) e lasciò il ruolo di regista a Giancarlo De Sisti. Lui giocò ancora tanto tempo nel Bologna (smise a 35 anni) e chiuse da libero su idea di Bruno Pesaola. Poi ha fatto Bulgarelli per il resto della vita. Opinionista televisivo certo, molto bravo, il primo anche lì, ma restò soprattutto il «ragassolo» eterno della sua città. Lo trovavi nei bar sotto i portici a discutere di calcio, per strada con moglie e figli ad essere ossequiato, l' ultima bandiera che non si era mai voluta muovere. Aveva un' ironia gentile e spontanea, un' intelligenza tranquilla, sempre moderna. Una diversità naturale, la piccola impossibilità di essere banale. Aveva una debolezza, non le donne, ma la femmina in quanto tale. Amava l' amore. Ne ha dato e avuto molto. E chissà, forse non è ancora finita. Buon viaggio, Giacomo. Mario Sconcerti * * * Una bandiera Sempre rossoblù Giacomo Bulgarelli era nato a Portonovo di Medicina (Bo) il 24 ottobre ' 40. Regista del Bologna, è stato uno dei pochi calciatori a non aver mai cambiato club: dal 19 aprile 1959, esordio in A, al 4 maggio 1975, ultima partita (da libero). I suoi successi Con il Bologna Bulgarelli ha conquistato lo scudetto nel ' 63-' 64 (nello spareggio di Roma contro l' Inter), due Coppe Italia (' 69-' 70 e ' 73-' 74), una Mitropa Cup (' 61) e una Coppa di Lega italo-inglese (' 71). In totale: 486 presenze, primatista del Bologna (392 e 43 gol in campionato). In nazionale: 29 presenze e 7 gol dal ' 62 al ' 67. Era nella rosa dell' Italia campione d' Europa 1968, ma non scese mai in campo". Sconcerti Mario.
I grandi avversari, alcuni compagni e il Bologna di oggi
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In azione contro l'Inter. |
"EZIO PASCUTTI compagno in rossoblù.
«E’ una brutta giornata. Io ho perso un amico Bologna ha perso un grandissimo giocatore e soprattutto un signore».
MASSIMO MORATTI presidente dell’Inter.
«Uno stile inconfondibile un grande campione della storia del calcio. A lui e al Bologna mi lega un ricordo bellissimo».
DINO ZOFF ex capitano azzurro.
«In serie A ci siamo scontrati per quasi quindici anni. Straordinario uomo squadra a centrocampo. Cosa sapeva fare? Semplicemente tutto».
ROMANO FOGLI compagno in rossoblù.
«Non riesco a smettere di piangere. Era il nostro bimbo, mio e di Perani. Ma sapeva farsi rispettare, ci proteggeva».
HARALD NIELSEN compagno nel Bologna.
«Se ne va un gentiluomo L’ho incontrato tre settimane fa in ospedale. Almeno gli ho parlato un’ultima volta».
GIANNI RIVERA compagno in azzurro.
«Con lui ho condiviso non solo il campo, ma anche l’attenzione per l’aspetto sociale e la difesa dei più deboli».
GIGI RIVA compagno in azzurro: «Pochi fronzoli e molta sostanza: un giocatore essenziale. Era uno che non mollava mai. E ti dava sempre una mano».
FABIO CAPELLO ct dell’Inghilterra: «Il miglior centrocampista che abbia avuto l’Italia. Un leader in campo e fuori. Fra noi c’erano amicizia fiducia e stima reciproca».
SANDRO MAZZOLA compagno in azzurro: «Uno dei centrocampisti più completi della storia del calcio: sapeva difendere costruire e all’occorrenza anche fare gol».
SINISA MIHAJLOVIC allenatore del Bologna.
«Ora ho uno stimolo in più per fare di tutto per salvare questa squadra. Voglio riuscirci per lui, so che sarebbe contento».
MARCELLO CASTELLINI capitano del Bologna.
«E’ stato il più grande giocatore del Bologna di tutti i tempi, la nostra bandiera. Da oggi siamo tutti più soli».
GIANNI MORANDI artista e tifoso.
«E’ un simbolo, nel mio cuore e nel cuore di tutti i bolognesi. Uno di quei rari uomini che non dovrebbero lasciarci mai».
MARINO PERANI compagno in rossoblù.
«Se c’era da combattere si combatteva, se c’era da giocare si giocava: ha creato lo spirito di squadra Ha lottato fino in fondo».
I TIFOSI DEL CENTRO BOLOGNA CLUBS.
«Ciao, simbolo di un calcio che non c’è più. Non muore mai chi resta nel ricordo di chi gli vuol bene e noi ti vogliamo bene».
SERGIO CAMPANA presidente Aic.
«Se n’è andato un grande, un uomo esemplare e un amico per sempre, uno dei fondatori del sindacato dei calciatori».
Giacomo Bulgarelli era nato a Portonovo, frazione di Medicina, in provincia di Bologna, il 24-10-1940. Dal 1959 al 1975, 486 presenze ufficiali con la maglia del Bologna, record assoluto di tutti i tempi. 391 presenze in serie A con il Bologna (escluso lo spareggio con l’Inter all’Olimpico), 17 stagioni consecutive in maglia rossoblù e 58 reti ufficiali. Il 19 aprile 1959 esordio in Serie A: Bologna-Vicenza 1-0, rete di Perani. Il 4 maggio 1975 la sua ultima partita: Bologna-Ascoli 1-1. 29 presenze in Nazionale A con 7 gol segnati. Il 7 giugno 1962 esordio in Nazionale A ai Mondiali del Cile: Italia-Svizzera 3-0 con 2 suoi gol. Nel 1967 l'ultima partita in maglia azzurra a Bucarest: Romania - Italia 0-1. Palmarès: 1 scudetto (1963-64), 2 Coppa Italia (1969-70 e 1973-74), 1 Mitropa Cup (1961-62), e 1 Coppa di Lega Italo-Inglese (1969-70).
Notizia della scomparsa del grande Giacomo data da AS, giornale spagnolo
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Bologna - Inter 2-0, 7-6-1964. Bulgarelli e Tagnin. |
"Murió Bulgarelli, histórico futbolista del Bolonia y de la selección italiana Bulgarelli murió en la noche de este jueves después de una larga enfermedad en la clínica "Villa Nigrisoli" de la ciudad de Bolonia, y su funeral tendrá lugar el lunes próximo 13/02/2009. Giacomo Bulgarelli, histórico futbolista del Bolonia y de la selección italiana de los años 60 y 70, murió anoche a los 68 años tras una larga enfermedad, se informó hoy en la página web del club boloñés. Bulgarelli jugó durante toda su vida deportiva para este equipo, con el que disputó 486 partidos oficiales desde 1959 a 1975, y al que llevó a lograr su último campeonato liguero, en 1964 y también ganó dos copas de Italia. Jugó 29 partidos con la selección italiana, en la que debutó durante el Mundial de Chile (1962) en un partido contra Suiza en el que marcó dos goles, dando a su equipo una victoria que, no obstante, no sirvió para clasificarse para la siguiente ronda. Fue miembro de la selección que conquistó la Eurocopa de 1968 contra Yugoslavia, aunque no jugó ningún partido de la fase final. También participó en el Mundial de Inglaterra (1966), donde Italia fue eliminada por Corea del Norte después de que Bulgarelli sufriera una lesión en la rodilla, y en las Juegos Olímpicos de Roma de 1960, cuando los anfitriones se quedaron muy cerca de las medallas, con un cuarto puesto.
Un simbolo para el equipo de Bolonia
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Con Cesare Maldini |
Bulgarelli ha sido un símbolo para el equipo de Bolonia y para la ciudad, donde, después de retirarse en 1975, siguió viviendo y actuando como comentarista para diversas televisiones, e incluso puso voz a un vídeo-juego de fútbol. Centrocampista de gran calidad y visión de juego, pasó casi toda su carrera como media punta, a excepción de las dos últimas temporadas, cuando jugó como líbero, pero su capacidad goleadora hacía que el histórico entrenador del Bolonia, Fulvio Bernardini, lo alineara en algunas ocasiones como delantero centro. Fue el cerebro y el alma del que seguramente fue el mejor Bolonia de la historia, un equipo del que se decía que jugaba como si estuviera "en el Paraíso", y mantiene todavía el récord de partidos jugados con esta camiseta. De hecho, marcó 43 goles en la Serie A italiana y otros siete en partidos internacionales. El comunicado remitido hoy por el Bolonia FC afirma que toda la familia del club, "presidente, dirigentes, técnicos, jugadores y dependientes está con la familia en el recuerdo de Giacomo, la más grande bandera "rossoblú". Publicado en As.com en la sección de Fútbol. 1 Comentarios 1 anterior siguiente Página 1 de 1. 1 Giovanna - 13-02-2009 - 15:28:01h. Giacomo Bulgarelli pertenece a la larga historia del fútbol italiano : su estrella brillará, en el cielo, como las cuatros estrellas mundiales de la "Azzurra"... ¡ Descansa en paz, Amigo !
Claudio Colombo su "Tuttosport"
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Cimeli di Bulgarelli. |
"Artefice dello scudetto nel 1964, campione d’Europa in azzurro: aveva 68 anni Addio, onorevole Giacomino. È morto Bulgarelli, la storia del Bologna. Il soprannome gli venne dato da un tifoso. Era il regista della squadra «che giocava come si gioca in Paradiso». CLAUDIO COLOMBO. Giacomo Bulgarelli, simbolo del Bologna e d’un certo calcio che non esiste più, è morto ieri dopo lunga malattia. Avrebbe compiuto 69 anni in ottobre, se n’è andato uno dei più grandi giocatori italiani di sempre. Una bandiera rossoblù com’era stato Angelo Schiavio, la leggenda degli anni Trenta. L’onorevole Giacomino, come lo "convocava" a ogni inizio di partita lo storico super-tifoso Gino Villani, era il cervello di una squadra "che giocava come si giocava in Paradiso", in gioiosa contrapposizione con quella "che tremare il mondo faceva", quando dopo il favoloso quinquennio tramontò la grande Juventus. La squadra paradisiaca aveva un demiurgo, il dottor Fulvio Bernardini, che fu giocatore estetico e allenatore da estasi. Quel Bologna favoloso ne era la proiezione sul campo, seppe andare oltre la prima onnipotente Inter morattiana (di papà Angelo ed Helenio Herrera), vinse lo scudetto del 1964 in un dolce crepuscolo romano, primo e sinora unico spareggio per il titolo nel nostro campionato: Bulgarelli non segnò, ispirò i due gol di Perani e Harald Nielsen. Trionfo splendido e tragico, dedicato al presidente Dall’Ara, l’uomo che creò quel miracolo, morto alla vigilia del barrage. Giacomo era di Portonovo di Medicina, bassa bolognese. Al Bologna aveva dedicato la sua vita di giocatore dall’esordio nel 1959 sino all’addio nel 1975 per 486 partite (e 43 gol) più i 27 match e i 7 gol in Nazionale e oltre allo scudetto ha regalato alla causa rossoblù due Coppe Italia, una Mitropa Cup, una Coppa di Lega Italo Inglese e una euro laurea azzurra, 1968, senza aver giocato una partita di quella fase finale. Avrebbe potuto vincere molto di più, magari in una squadra più grande. Lo voleva il Milan, per formare la magnifica coppia di mezze ali azzurre: lui e Rivera. All’epoca, il massimo. Aveva trovato l’accordo, a malincuore, la moglie lo convinse a restare a Bologna: «Una bandiera non si sposta...» L’onorevole Giacomino già giocava nel futuro, magnifico interprete di un ruolo fondamentale: il regista. Carisma ed eleganza, classe e una spruzzata di cattiveria. Sapeva farsi rispettare, lo Schiaffino italiano, conquistava palla e si fiondava in area. Adesso s’usa dire che aggrediva lo spazio, sapeva dare profondità all’azione e segnare gol pesanti. Piedi buoni, ma ginocchia fragili. Capitano dell’Italia ai nefasti Mondiali d’Inghilterra 1966 si sacrificò nella partita che mai avrebbe dovuto giocare, si ruppe dopo un quarto d’ora, uscì in barella urlando per il dolore. L’Italia in dieci si consegnò alla vergogna. Senza Bulgarelli fu Corea, la prima. Con il capitano in campo sarebbe stata un’altra cosa. Non l’avrebbe permesso... Giacomo Bulgarelli in campo al Dall’Ara. E i tifosi impazzivano.
"Four Four Two", mensile di calcio britannico, dà la notizia della scomparsa di Bulgarelli
"Four Four Two - Former Italy midfielder Bulgarelli dies Reuters - Yesterday, 10:10 ROME - Former Italy and Bologna midfielder Giacomo Bulgarelli has died aged 68 after a long illness. "So now he'll only play in heaven," read a statement on the Serie A club's website. "Giacomo Bulgarelli passed away yesterday. He was 68 and our standard bearer."Bulgarelli collected 29 caps for Italy between 1962 and 1967, scoring seven goals. He was the captain of the side that suffered a humiliating 1-0 defeat to North Korea to crash out of the 1966 World Cup, although he came off injured with the score at 0-0. He was also part of Italy's 1968 European Championship winning squad, although he did not feature in any of the matches in the tournament finals. Bulgarelli played the whole of his career, which spanned from 1958 to 1975, for Bologna. He helped them to their seventh Serie A title in the 1963-64 season and holds the club record for appearances with 486, 391 of which were in the top flight.
"France Football", settimanale di calcio francese, annuncia sul suo sito internet la scomparsa di Giacomo Bulgarelli
"Bulgarelli s'est éteint 13/02/2009 10:44. Milieu de terrain emblématique de Bologne avec lequel il a été champion d'Europe en 1968, Giacomo Bulgarelli, 68 ans, est décédé ce vendredi des suites d'«une longue maladie» annonce un communiqué du club. Cet ancien capitaine duFC Bologne, qu'il n'a jamais quitté durant sa carrière,a disputé 392 matches de Serie A (43 buts) et compte 27 sélections (7 buts) avec l'équipe nationale italienne. Réactions (2 commentaires)mauxdetete le 13 février à 12:33. Exact : pas champion d'europe des club mais avec la squadra azzurra en 1968. de plus il a aussi gagné avec Bologne le scudetto en 1964. Il était devenu aussi un des meilleur commentateur sportif que l'Italie à connu. Dylààn-OM le 13 février à 10:48. Repose en paix.
Il prestigioso quotidiano newyorkese "Herald Tribune" annuncia la scomparsa del grande Bulgarelli
"ROME: Former Italy and Bologna midfielder Giacomo Bulgarelli has died aged 68 after a long illness. "So now he'll only play in heaven," read a statement on the Serie A club's website (www.bolognafc.it). "Giacomo Bulgarelli passed away yesterday. He was 68 and our standard bearer." Bulgarelli collected 29 caps for Italy between 1962 and 1967, scoring seven goals. He was the captain of the side that suffered a humiliating 1-0 defeat to North Korea to crash out of the 1966 World Cup, although he came off injured with the score at 0-0. He was also part of Italy's 1968 European Championship winning squad, although he did not feature in any of the matches in the tournament finals. Today in Sports: Bulgarelli played the whole of his career, which spanned from 1958 to 1975, for Bologna. He helped them to their seventh Serie A title in the 1963-64 season and holds the club record for appearances with 486, 391 of which were in the top flight. (Reporting by Paul Virgo, editing by Justin Palmer).
"Another king is dead" -- da un sito di calcio italiano
"ANOTHER KING IS DEAD: GIACOMO BULGARELLI BOLOGNA - Giacomo Bulgarelli è morto ieri sera a 68 anni dopo una lunga malattia. Il calcio italiano perde una delle sue storiche bandiere. Commenti #1 13 Febbraio 2009 - 11:24. 486 partite ufficiali sempre e solo con la maglia del Bologna ("che tremare il mondo fa"). Un'altra bandiera ammainata, un altro eroe di un calcio che non c'è più! R.I.P. Il Modernista #2 13 Febbraio 2009 - 16:49. Essere preso per nostalgico è un qualcosa che inizia a piacermi... forse sarà perchè in tutto questo materialismo di oggi non trovo nulla di interessante. Giacomo Bulgarelli in fondo per uno della mia generazione era forse una figurina, ma di quelle che sapevi di trovare sempre alla stessa pagina. Lo associavi al Bologna per militanza ed accento, ma era più popolare del giornalista che leggeva il TG. La popolarità oggi è quella che ti spacciano per i fatidici 15 minuti a cui tutti dovremmo aver diritto... ma noi su quell'album di figurine ci abbiamo passato mesi a guardare date di nascita, anni di militanza in una squadra, numero di gol e presenze, espressioni del viso, capigliature, paesaggi dietro i busti dei giocatori. Un mondo che è esistito solo nella nostra immaginazione, mai reale quanto un reality. O forse tanto più reale di un reality. Ecco ciò che oggi rappresenta la popolarità: gente che finge la realtà su uno schermo in cui è tutto vero, tutto si muove come se fosse a casa nostra. E che bisogno c'è? Io sono stato in tutti i ritiri precampionato degli anni '80 con la sola immaginazione, guardando delle figurine statiche su un album!"
|
Bulgarelli con il dott. Fulvio Bernardini. |
Corriere dello Sport - Stadio"
BOLOGNA, 13 febbraio - È morto ieri sera Giacomo Bulgarelli, da tempo malato. Aveva 68 anni ed era stato la bandiera del Bologna, con cui ha vinto lo scudetto nel 1964. Ne dà notizia il sito della squadra rossoblù sotto il titolo «Così si gioca solo in Paradiso». Bulgarelli era nato a Portonovo di Medicina, in provincia di Bologna, il 24 ottobre 1940. Campione europeo con la Nazionale italiana nel 1968. LUNEDI' I FUNERALI - Lunedì i funerali di Giacomo Bulgarelli. La cerimonia si terrà alle 11.45 nella chiesa della Certosa di Bologna.
Il ricordo del Bologna F.C. 1909
«La più grande bandiera rossoblù». Così il Bologna ha ricordato sul proprio sito Giacomo Bulgarelli, morto ieri sera. «Tutto il Bologna F.C. 1909 - si legge nella nota - presidente, dirigenti, tecnici, giocatori e dipendenti, si stringe alla famiglia nel ricordo di Giacomo, la più grande bandiera rossoblù».
Menarini: «Grave perdita»
«Una grave perdita per Bologna». Così Francesca Menarini ha commentato la scomparsa di Giacomo Bulgarelli. «Mi dispiace non possa partecipare alla festa del Centenario - ha detto il presidente rossoblù a Sky - Proprio lui che è stato la bandiera storica del Bologna, lui che ha giocato tutta la sua carriera solamente con questa società e detiene il record di presenze. Oltre ad avere vinto l'ultimo scudetto, quello storico del 1964. Sono molto triste. Adesso penseremo e appoggeremo qualsiasi iniziativa per ricordarlo».
Cazzola: «Dedichiamogli una strada»
La notizia della morte di Giacomo Bulgarelli, giocatore simbolo del Bologna, raggiunge l'ex presidente rossoblù, Alfredo Cazzola, oggi candidato sindaco, nel corso di un'intervista su Punto Radio. «Noi dovremmo subito, immediatamente - reagisce - proporre di dedicare almeno una strada o una piazza a Bulgarelli, uno sportivo, bandiera della nostra città. Credo tutto sommato che la prima azione che l'amministrazione deve fare è intitolargli un punto di ricordo».
Abete: «Grande signore»
«Con Giacomo Bulgarelli scompare un grande signore del calcio, in campo e fuori. Un giocatore che è stato anche una bandiera, legato tenacemente al suo Bologna per tutta la carriera, protagonista con la maglia azzurra del successo della Nazionale agli Europei del 1968, in una squadra di grandi campioni e di grandi personaggi». Con queste parole il presidente della Figc, Giancarlo Abete, ricorda il centrocampista del Bologna e della Nazionale deceduto a 68 anni dopo una lunga malattia. «A cavallo degli Anni 60 e 70 - si legge ancora nella nota - Bulgarelli è stato un protagonista assoluto del campionato italiano, collezionando 486 partite ufficiali con la maglia rossoblù del Bologna. In Nazionale, 29 presenze e 7 gol, il suo esordio porta la data del 31 maggio 1962 per Italia-Germania. Fece parte del gruppo degli azzurri che nel 1968 vinsero il Campionato europeo (tra gli altri, Zoff, Facchetti, Burgnich, Domenghini, Mazzola, De Sisti, Riva) sotto la guida del commissario tecnico Ferruccio Valcareggi».
Gianni Rivera: «Grande uomo e ottimo giocatore»
«Un ottimo giocatore e una grande persona. Con lui ho condiviso non solo il campo, ma anche l'attenzione per l'aspetto sociale e la difesa delle categorie più deboli». Gianni Rivera torna indietro agli anni '60 per ricordare Giacomo Bulgarelli, rivale con la maglia sempre onorata del Bologna, ma compagno di squadra in Nazionale, a partire dall'Olimpica ai Giochi di Roma '60. «Quella fu solo la prima di tante esperienze vissute insieme - racconta l'ex golden boy del pallone - siamo stati tanti anni insieme, anche se alla fine ci vedevamo solo sul campo e in ritiro. Del resto lui era a Bologna e io a Milano».
Chi era Bulgarelli
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Passaggi "da paradiso" tra Bulgarelli e Fogli. |
E' stato campione del Bologna e della Nazionale negli anni '60 e '70. Nel calcio di quegli anni dire Bulgarelli era come dire Bologna perchè nessuno ha vestito tante volte come lui, 486, quella maglia rossoblù che non si è mai tolto dall'esordio all'addio al calcio e perchè per molti anni aveva anche la fascia da capitano. Ma dire Bulgarelli faceva (e per i meno giovani fa) anche pensare subito a Mazzola e Rivera, gli altri due talenti che fecero la storia di quel periodo (anche loro sempre Inter e Milan) e che con lui giocarono in azzurro. Le statistiche ricordano quelle 486 partite ufficiali (392 in serie A, con 43 gol), le sue 27 gare in nazionale (sette reti), soprattutto quell'unico scudetto vinto nel 1964 all'Olimpico nello spareggio contro l'Inter con la squadra "che giocava come in paradiso", pilotata da Fulvio Bernardini, ma non possono ricordare che Bulgarelli per la Bologna del calcio è stato per molto tempo un simbolo, qualcosa di intoccabile come le Due Torri. La sua guida in campo era come una piacevole abitudine. Quando la squadra si schierava a centrocampo, arrivava puntuale la voce dal megafono del vecchio capotifoso Gino Villani (uno che in tutta la vita non gridò un insulto e non lanciò neppure una palla di carta) dalla torre di Maratona: "Onorevole Giacomino, salute!". Lui rispondeva alzando il braccio e a quel punto si poteva cominciare a giocare. Da Bologna non si mosse mai, anche quando la squadra a fine anni '60 cominciò a declinare e le offerte dei grandi club furono ripetute. Soprattutto quelle del Milan che con Rivera avrebbe riprodotto la coppia che Bulgarelli aveva fatto con Helmut Haller in rossoblù.
"Il Messaggero", quotidiano di Roma
"Addio a Bulgarelli, bandiera del Bologna e signore del calcio italiano. Una vita in rossoblù e lo scudetto con Bernardini. Capello: «Diverso dagli altri. Una bellissima persona». BOLOGNA (13 febbraio) - Giacomo Bulgarelli è morto ieri sera a 68 anni dopo una lunga malattia. Lo ha reso noto questa mattina il Bologna sul proprio sito internet. «Tutto il Bologna Fc 1909, presidente, dirigenti, tecnici, giocatori e dipendenti si stringe alla famiglia nel ricordo di Giacomo, la più grande bandiera rossoblù», si legge sul sito. Dopo il ritiro, Giacomo Bulgarelli era diventato un apprezzato commentatore televisivo. Visto il grande numero di persone che si prevede parteciperanno ai funerali di Giacomo Bulgarelli, lunedì alle ore 11,45, la cerimonia non si svolgerà alla Certosa, bensì presso la Cattedrale Metropolitana di San Pietro in via dell'Indipendenza a Bologna. Celebrerà la funzione Monsignor Ernesto Vecchi, Vescovo Ausiliare di Bologna. La carriera. Nel calcio di quegli anni dire Bulgarelli era come dire Bologna. Le statistiche ricordano quelle 486 partite ufficiali (392 in serie A, con 43 gol), le sue 27 gare in nazionale (sette reti), soprattutto quell'unico scudetto vinto nel 1964 all'Olimpico nello spareggio contro l'Inter con la squadra «che giocava come in paradiso», pilotata da Fulvio Bernardini, ma non possono ricordare che Bulgarelli per la Bologna del calcio è stato per molto tempo un simbolo, qualcosa di intoccabile come le Due Torri. Da Bologna non si mosse mai, anche quando la squadra a fine anni '60 cominciò a declinare e le offerte dei grandi club furono ripetute. Soprattutto quelle del Milan che con Rivera avrebbe riprodotto la coppia che Bulgarelli aveva fatto con Helmuth Haller in rossoblù. L'estate scorsa, quando il Bologna giocò la partita decisiva per tornare in serie A, Bulgarelli, già molto malato, era al Dall'Ara. In controtendenza con i calciatori di quegli anni, veniva da una famiglia della agiata borghesia ed era uno dei pochi ad aver frequentato e finito il liceo. Capiva in anticipo dove sarebbe arrivato il pallone e lo sapeva giocare come pochi, facendo girare la squadra e coprendo la difesa. Insomma il più classico dei registi che aveva l'intuito per arrivare a fare anche qualche gol. L'ultima partita la fece nel maggio 1975 contro l'Ascoli. Aveva debuttato nell'aprile 1959 col Vicenza.
Lo scudetto
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Contro la Finlandia a Genova, il 4-11-1964. |
Storico scudetto a parte, ha vinto poco (due Coppe Italia, una Coppa di lega italo-inglese) e in Nazionale non fu fortunato. Debuttò alla grande (due gol) nei Mondiale del Cile del '62 ma in un inutile 3-1 alla Svizzera con gli azzurri già eliminati e soprattutto fu coinvolto nel disastro-Corea del '66 in Inghilterra. In panchina c'era Mondino Fabbri che del suo regista non voleva assolutamente fare a meno e che lo mandò in campo nella decisiva partita con gli asiatici nonostante un precedente infortunio. Bulgarelli obbedì, provò a fare la sua parte, ma un'entrata robusta gli costò un ginocchio. Italia in dieci (le sostituzioni sarebbero arrivate molti anni dopo), tanti gol sbagliati e vittoria della Corea del Nord con rete del poi famoso Pak Do Ik. Un'onta per il calcio italiano che pesò tanto su Fabbri ma anche su molti di quelli che erano in campo. Ma non a Bologna dove molti di quelli che hanno più di 50 anni recitano ancora a memoria la formazione di quella squadra di Bernardini. Cominciava con William Negri e finiva con Ezio Pascutti. A farla giocare «da paradiso» ci pensava, soprattutto, Giacomo Bulgarelli. Il cordoglio. Unanime il cordoglio del mondo dello sport e non solo. Il presidente della Federcalcio Abete lo ricorda come «un gran signore». Il leader dell'Udc e tifoso del Bologna Casini parla di lui come di «un campione della mia giovinezza rimasto nel cuore di tutti gli italiani». Altafini commenta: «Mi dispiace moltissimo. Abbiamo vissuto insieme il calcio giocato e i commenti in tv. Il suo Bologna giocava il miglior calcio di quel periodo, come la Roma di oggi e il Milan di Sacchi. Chiamavo Bulgarelli tortellino ed ora tortellino se ne è andato». Per Azeglio Vicini, ex ct della Nazionale, Bulgarelli è stato «una bella figura del nostro calcio». Sandro Mazzola lo ricorda come uno dei centrocampisti più completi della storia del calcio: «sapeva difendere, sapeva costruire e all'occorrenza anche fare gol. Siamo stati avversari in tante battaglie, Inter, Bologna, scudetto a loro, scudetto a noi: era un rivale duro, ma sempre corretto». Fabio Capello giudica Bulgarelli come «il migliore centrocampista italiano di sempre. Con lui ra piacevole parlare, era diverso da tante persone che frequentano l'ambiente del calcio. Ho perso un amico e una bellissima persona".
Da "La Gazzetta dello Sport"
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Bologna - Lazio 2-0, '65. |
"L'ex calciatore e popolare commentatore, in tv e sulla Gazzetta, è stato campione europeo con la Nazionale nel 1968 e ha legato la sua carriera alla squadra emiliana, di cui è stato a lungo capitano e con la quale ha vinto il campionato nel 1964. Lunedì il funerale. BOLOGNA, 13 febbraio 2009 - L'Onorevole Giacomino se n'è andato. Così lo chiamava il super-tifoso Gino Villani. A poche settimane dall'inizio dell'anno del centenario, il Bologna perde il più grande giocatore della sua storia (insieme ad Angelo Schiavio), sicuramente il più amato. Giacomo Bulgarelli è morto ieri sera a causa di un male incurabile che lo aveva già prostrato da tempo. Un recente intervento chirurgico lo aveva rimesso in sesto, poi la nuova ricaduta, il coma e il decesso. Era nato nella bassa bolognese, a Portonovo frazione di Medicina il 24 ottobre 1940. Una carriera, la sua, tutta in maglia rossoblù: 486 partite, di cui 391 in campionato in 17 stagioni (58 reti). LO SCUDETTO '64 - L'esordio, a 18 anni, nel 1958 in Bologna-Vicenza 1-0. Il ritiro nel maggio '75 dopo un Bologna-Ascoli 1-1. L'apice della sua avventura calcistica nel 1964, l'anno del settimo scudetto, conquistato nell'indimenticabile spareggio di Roma contro l'Inter. Bulgarelli fu regista e anima di quella squadra straordinaria: recitarne la formazione a memoria per il tifoso bolognese è un obbligo.
Con la maglia della Nazionale
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Bulgarelli e Faustino Turra. |
Con la maglia della Nazionale partecipò a due mondiali: Cile '62 e Inghilterra '66. Era il capitano di quell'Italia che perse a Middlesbrough contro la Corea del Nord, ma, sullo 0-0, fu costretto ad uscire per un problema al ginocchio lasciando i suoi in 10 (non c'erano sostituzioni). Sempre in azzurro vinse l'Europeo nel 1968, sebbene non sia mai sceso in campo in quel torneo. Chiusa la carriera da giocatore provò quella da dirigente (Modena, Bologna, Catania, Pistoia e Palermo) senza troppo successo. Fu invece un apprezzato opinionista tra gli anni '80 e '90, sia in televisione (guarda un video con il suo commento a un gol di Batistuta), sia sulla carta stampata, in particolare sulla Gazzetta, per la quale fu per un periodo "giudice" sui gol più belli. Ci lascia uno dei giocatori più talentuosi e intelligenti che l'Italia abbia mai avuto, mentre l'abbraccio più grande va alla moglie Carla e a Stefano, Andrea e Annalisa. LUNEDÌ I FUNERALI - I funerali di Giacomo Bulgarelli si svolgeranno lunedì prossimo alle 11.45 nella chiesa di San Girolamo presso la Certosa di Bologna, mentre da domani alle 10 sarà allestita la camera ardente nella bolognese Villa Nigrisoli. Lo ha fatto sapere la società rossoblù, il cui sito web questa mattina - non appena la notizia della scomparsa del campione si è diffusa in città - è stato cliccato da moltissimi tifosi, con conseguenti difficoltà di accesso alla home page. Il Bologna ha chiesto di poter ricordare Bulgarelli con un minuto di raccoglimento prima del fischio d'inizio della gara di sabato 21 contro l'Inter, mentre domani giocherà con il lutto al braccio. Vincenzo Di Schiavi.
Il sito della U.E.F.A.
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Bulgarelli con la Coppa Italia, 1974. |
"Bologna and Italy icon Bulgarelli dies Friday 13 February 2009. Italian football is mourning the loss of "a real gentleman of football" after former Azzurri and Bologna FC midfield player Giacomo Bulgarelli died aged 68. He had been suffering from a long-term illness."He was an extraordinary player, a fantastic midfield schemer with great skills and a good sense of where the goal was. I don't think there are many players like him now," said AC Milan legend José Altafini, who worked alongside Bulgarelli as a television pundit. "He was also great off the pitch as he was a figurehead for footballers throughout his career. He was a terrific servant of the game. 'An icon'. Bulgarelli won 29 caps for Italy, representing the side at the 1962 and 1966 FIFA World Cups, and he was a member of the squad that claimed the 1968 UEFA European Championship. Yet it is his association with Bologna for which Bulgarelli will perhaps be most remembered, the one-club man making 392 appearances for Rossoblu, scoring 43 goals, in a career that spanned 16 years. "Our thoughts are with the family of Giacomo, an icon in the history of Bologna FC," the club said in a statement.'Great loss'. Born in Portonovo di Medicina on the outskirts of Bologna, Bulgarelli captained the side to their seventh – and as yet last Scudetto – in 1964, the title race famously going down to a play-off against FC Internazionale Milano which the Rossoblu won 2-0. He hung up his boots in 1975 and went on to work as a television commentator. "We have lost a real gentleman of football, a stalwart," said Italian Football Federation president Giancarlo Abete. "He remained close to his beloved Bologna for his entire career and was a principal character in the Italian national team for years, including the group of great champions that won the European Championships in 1968. It's a great loss for Italian football".
E’ morto Giacomo Bulgarelli, il “prosatore realista”.
Con queste parole Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi scritti - dal titolo “Il calcio secondo Pasolini” dove lo scrittore spiegò a suo modo il gioco del pallone - definì il Giacomo Bulgarelli in pantaloncini e scarpette. Lo era anche fuori dal campo, nella sua vita privata e negli abiti di commentatore televisivo e della “Gazzetta dello Sport”. Giacomo Bulgarelli è morto nella serata di ieri dopo una lunga malattia. Era nato a Portonovo frazione di Medicina, in provincia di Bologna, il 24 ottobre 1940. L’ex regista del Bologna ha legato tutta la sua carriera alla maglia rossoblù: 486 partite, di cui 391 in campionato in 17 stagioni realizzando 58 reti. L’esordio, a 18 anni, nel 1958 in Bologna-Vicenza (1-0), il ritiro nel maggio del 1975 dopo un Bologna-Ascoli (1-1). Anima del centrocampo felsineo, Bulgarelli raggiunse il culmine della sua carriera nella stagione 1964-1965, quando il Bologna vinse lo scudetto nell’indimenticabile spareggio contro l’Inter. Più tardi arriveranno anche due successi in Coppa Italia. Significativo anche il percorso di Bulgarelli in nazionale dove nel 1968 gli azzurri conquistarono il titolo di campioni di Europa. Con la maglia della nazionale, il regista dalla tecnica quasi perfetta e dalle movenze eleganti collezionò 29 presenze realizzando 7 gol. Una volta appese le scarpette al chiodo, avviò la sua carriera di commentatore. I funerali si svolgeranno lunedì nella chiesa di San Girolamo vicino la Certosa di Bologna".
Poesia su Giacomo Bulgarelli tratta dal libro: "La solitudine dell'ala destra" -- storia poetica del calcio mondiale. Di Fernando Acitelli.
"Felsinea scheggia di genio,
movenze alla Bernardini,
con "paterni" consigli alla palla,
erudito tocco alla Pizziolo.
Sorriso da fuoriclasse.
E così, in te e su te,
elegante pur diviene il fango
d'un campo in nuvolo
e lo scarpino di cuoio vero
(e non di vero cuoio!)
Lo scarpino a lacci bianchi,
con ampio fiocco sopra il nodo.
Sei il ginocchio fasciato
in Inghilterra, quei passaggi
del tardo Skoglund, lirico
a oltranza, e le "rifiniture"
di Raggio di Luna, belle anche
a gioco fermo.
Giacomo Bulgarelli (1940). Mezzala del Bologna. Con i rossoblù conquistò nel 1964 lo scudetto. Più volte nazionale, fu uno dei più classici giocatori italiani degli anni sessanta e settanta. Il "Raggio di Luna" evocato nella poesia è il grande centrocampista svedese Arne Selmonsson (1931).
Stagione
|
Squadra
|
Campionato
|
Coppe
naz.
|
Coppe
euro.
|
Altre
coppe
|
Totale
|
Com |
Pres |
Reti |
Com |
Pres |
Reti |
Com |
Pres |
Reti |
Com |
Pres |
Reti |
Pres
|
Reti
|
1958-1959
|
Bologna
|
A
|
2
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
2
|
0
|
1959-1960
|
Bologna
|
A
|
13
|
0
|
CI
|
1
|
0
|
-
|
-
|
-
|
CA
|
1
|
0
|
16
|
0
|
1960-1961
|
Bologna
|
A
|
18
|
1
|
CI
|
1
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
19
|
1
|
1961-1962
|
Bologna
|
A
|
26
|
8
|
CI
|
1
|
0
|
-
|
-
|
-
|
CM
|
4
|
1
|
31
|
9
|
1962-1963
|
Bologna
|
A
|
30
|
7
|
CI
|
1
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
31
|
7
|
1963-1964
|
Bologna
|
A
|
32+1 |
8+0
|
CI
|
3
|
1
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
36
|
9
|
1964-1965
|
Bologna
|
A
|
29
|
5
|
CI
|
1
|
0
|
CC
|
3
|
0
|
-
|
-
|
-
|
33
|
5
|
1965-1966
|
Bologna
|
A
|
29
|
2
|
CI
|
1
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
30
|
2
|
1966-1967
|
Bologna
|
A
|
31
|
4
|
CI
|
1
|
0
|
CdF
|
8
|
1
|
-
|
-
|
-
|
40
|
5
|
1967-1968
|
Bologna
|
A
|
13
|
0
|
CI
|
4
|
0
|
CdF
|
6
|
0
|
-
|
-
|
-
|
23
|
0
|
1968-1969
|
Bologna
|
A
|
24
|
2
|
CI
|
2
|
0
|
CdF
|
4
|
0
|
-
|
-
|
-
|
30
|
2
|
1969-1970
|
Bologna
|
A
|
21
|
0
|
CI
|
11
|
5
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
32
|
5
|
1970-1971
|
Bologna
|
A
|
28
|
2
|
CI
|
1
|
0
|
CdC
|
2
|
0
|
CA-I+
CdLI-I
|
4+2
|
3+0
|
37
|
5
|
1971-1972
|
Bologna
|
A
|
23
|
1
|
CI
|
10
|
2
|
CU
|
2
|
0
|
-
|
-
|
-
|
35
|
3
|
1972-1973
|
Bologna
|
A
|
29
|
1
|
CI
|
7
|
0
|
-
|
-
|
-
|
CA-I
|
4
|
0
|
40
|
1
|
1973-1974
|
Bologna
|
A
|
25
|
1
|
CI
|
11
|
0
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
-
|
36
|
1
|
1974-1975
|
Bologna
|
A
|
18
|
1
|
-
|
-
|
-
|
CdC
|
1
|
0
|
-
|
-
|
-
|
19
|
1
|
|
391
+1
|
43
+0
|
|
56
|
8
|
|
26
|
1
|
|
16
|
4
|
490
|
56
|
Legenda:
A
– Serie A
32+1
/ 8+0 – Spareggio scudetto 1963-1964
CI
– Coppa Italia
CC
– Coppa dei Campioni
CdF
– Coppa delle Fiere
CdC
– Coppa delle Coppe
CU
– Coppa UEFA
CA
– Coppa dell'Amicizia italo-francese
CM
– Coppa Mitropa
CA-I
– Coppa Anglo-Italiana
CdLI-I
– Coppa
di
Lega Italo-Inglese
|
Giacomo
Bulgarelli (Portonovo di Medicina, 24 ottobre 1940 – Bologna, 12
febbraio 2009). 392 presenze in Serie A e 43 gol nel Bologna,
dall'esordio, 19 aprile 1959, al ritiro, 4 maggio 1975. Per anni
capitano, leader e regista della squadra, con i rossoblù ha
vinto 1 scudetto (1963-64); 2 Coppe Italia (1969-1970, 1973-1974);
1 Coppa Mitropa (1961-1962); 1 Coppa di Lega Italo-Inglese
(1970). Con la Nazionale 29 presenze e 7 reti, e 2 mondiali (Cile
1962; Inghilterra 1966). Per lui anche le Olimpiadi (Roma 1960) e
1 Campionato d'Europa (1968).
|
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