Il primo incontro tra il Bologna e l'altra metà di Genova che non tifa Grifone, risale al doppio confronto del campionato di Prima Categoria 1919-20 (massima serie) contro l'Andrea Doria: i doriani, maglia a quarti bianco-blu con blasone cittadino cucito sul petto, vennero sconfitti nell'inospitale e angusto campo di via Clavarezza, la mitica "Cajenna" – che sorgeva dove ora è edificata la gradinata Nord del tifo genoano –, per 1-4, con doppietta di Emilio Badini e una rete a testa per Giuseppe Della Valle e Bernardo Perin. Era l'8 febbraio 1920. Due mesi dopo si replicò allo Sterlino: 2-0 per i rosso-blu con due reti di Pietro Genovesi. Era l'Andrea Doria di Luigi Burlando, grande centromediano originario del capoluogo ligure, atleta che eccelleva ad alto livello in diverse discipline, dalla pallanuoto alla savate, la boxe francese molto in voga durante la Belle Époque. Nel secondo dopoguerra, le prime partite giocate contro la neonata SampDoria, dopo la fusione avvenuta nel 1946 tra Sampierdarenese e Andrea Doria, videro nuovamente il Bologna affermarsi sia a Marassi (0-1, rete di Ferruccio Valcareggi) che al Comunale per 2-0, con reti di Taiti e Cappello. Proprio il funambolico Gino Cappello – nella foto in alto a destra in splendida acrobazia – fu spesso protagonista di quei primi confronti, a volte anche molto accesi, contro i blucerchiati della Superba. La rivalità tra le due squadre e tifoserie si inasprì nuovamente a fine anni '70 e '90, quando il Bologna inflisse un doppio dispiacere alla Samp. Partite sentite quindi, con un passato che richiama anche alla cessione di Roberto Mancini, il grande rimpianto di una generazione di tifosi bolognesi.
giovedì 28 gennaio 2016
domenica 17 gennaio 2016
Quando Bologna - Lazio si giocava in serie B
Mentre la Nazionale di Bearzot si laureava campione in Spagna e il campionato italiano diventava il più bello del mondo, due squadre storiche e gloriose della serie A vivevano l'oblio della cadetteria: la Lazio, che già negli anni Venti e Sessanta aveva vissuto l'amarezza della retrocessione, vivacchiava ormai dall'inizio degli anni '80 in serie B: retrocessa a tavolino nel 1980 per il calcioscommesse, e poi sul campo nel 1985, faticava a rientrare in pianta stabile nella massima serie. Il Bologna invece affrontava il dramma sportivo della sua prima storica retrocessione: già sfiorata la B diverse volte a fine anni '70, la condanna senza appello arrivò nel 1982: dopo un campionato dalle tante vicissitudini negative, con tanto di presidente finito in carcere a Ferrara e un finale di stagione con la solita compravendita di partite (Napoli - Genoa su tutte, con l'incredibile "passaggio" di mano direttamente in calcio d'angolo di Castellini a favore del grifone e dal quale scaturì poi il gol salvezza genoano di Faccenda, fu uno scandalo in tal senso) che questa volta giocò a sfavore dei rosso-blu felsinei, il Bologna finì mestamente (e meritatamente) in B per la prima volta nella storia, tra le lacrime dei tantissimi tifosi che seguirono la squadra nell'ultimo match ad Ascoli. Fu così che le due squadre si ritrovarono e si incontrarono per una prima e inedita sfida in serie B nel campionato 1985-86: vittoria del Bologna all'andata per 1-0 con rete di Pradella e pareggio per 0-0 nella partita di ritorno all'Olimpico, con una Lazio che schierava gli ex Fabio Poli e Giuliano "Fiore" Fiorini. Furono anni e sfide in cadetteria che però avevano sempre un piacevolissimo sapore di serie A: grande pubblico, grande tifo, trasferte di massa e spesso anche diversi problemi di ordine pubblico tra le tifoserie fuori dal terreno di gioco: domeniche di grande atmosfera e passione, poco importava la categoria. Nel 1987-88, l'anno del brillantissimo Bologna di Gigi Maifredi che diede spettacolo di gioco nel campionato cadetto, entrambe le squadre ritrovarono finalmente l'agognata serie A (i rosso-blu dopo cinque lunghi anni di B e uno di serie C1...): il Bologna arrivò al primo posto al termine di un campionato giocato in maniera strepitosa, mentre la Lazio agganciò la terza posizione utile per la promozione. Bologna - Lazio, una sfida mai banale.
Bologna e Lazio di fronte per un tuffo nel passato.
Da L'Unità, 15 settembre 1985.
La serie «B» mette nel piatto dello spettacolo alcune partite di cartello per buongustai. Inziamo subito con Bologna - Lazio, incontro tra due «stars» intenzionate a risalire la china. I locali di Mazzone sono animati da autentico furore. Si tratta di cancellare il pessimo debutto (sconfitta patita contro il Pescara) e di ribadire le proprie ambizioni dinnanzi ad una squadra indicata come la favorita del torneo. La Lazio domenica scorsa all'Olimpico ha fatto subito vedere di essere avviata a rispettare il ruolo di protagonista assegnatogli alla vigilia. La tifoseria sembra già «calda» al punto giusto, considerata la ressa di gente che accompagna le sedute di allenamento della squadra di Simoni.
La Lazio battuta a Bologna.
I tifosi fan volare il Bologna
Trentamila sugli spalti per la partita con la Lazio, grandi incitamenti come ai vecchi tempi della «A» - Spettacolare gol di Pradella, applausi scroscianti per Marocchino.
di ENZO MASI
BOLOGNA, lunedì 16 settembre 1985 — Dopo lo sgambetto di Pescara il Bologna si rimette al passo a spese di una «vedette». Trafigge la Lazio con uno spettacolare gol di testa dell'ottimo Pradella, dopo un quarto d'ora; avvalora il vantaggio con un gioco concreto e razionale fino al riposo; difende lo stesso vantaggio nella ripresa, a tratti con leggero affanno ma con rari rischi, inevitabili quando si gioca di rimessa: l'ultimo, proprio a 2' dal termine, per un forte fendente di Caso (ben servito da Poli) che accarezza, a portiere battuto, la traversa. Un tempo per parte, dunque; ma successo meritato della squadra di casa che nel primo tiene saldamente le redini e nel secondo contiene efficacemente la costante ma non irresistibile pressione laziale vanificandola a qualche metro dall'area. Gli azzurri perdono la battaglia a centrocampo (dove si gioca a zona: Gazzaneo, De Vecchi, Nicolini contro Vinazzani, Caso, Magnocavallo, con cambio di marcature) poi non sanno approfittare delle piccole ingenuità di giovani terzini rossoblu, come Luppi, nella ripresa. Ma Ottoni appare impeccabile regista della retroguardia, prima annullando Fiorini, lunatico e pasticcione, poi tenendo a bada Poli, senz'altro il più ficcante e insidioso della Lazio, mentre Garlini appare dispersivo concentrandosi solo nell'ultimo quarto d'ora.
Pradella migliore in campo
Il Bologna è brioso e manovriero in avanti, ben disposto a centrocampo con Gazzaneo e De Vecchi costanti punti di riferimento: il primo con un oscuro lavoro di raccordo e di rilancio, il secondo con una svelta regia senza fronzoli. Svetta tuttavia l'attaccante Pradella, il migliore con Nicolini, instancabile in fase di interdizione e anche con Marocchino davvero positivo, applaudito a scena aperta quando esce al 70'. Il centravanti chiama Malgioglio a due grandi parate prima di azzeccare l'incornata giusta; ma è sempre una mina vagante nella difesa laziale anche quando, nel secondo tempo, resta il solo attaccante. Pradella appare volitivo e grintoso pure in fase di alleggerimento; subisce anche un'ammonizione come Gazzaneo, Lancini e Galbiati. L'ex granata è bravo e generoso. I portieri se la cavano bene: Malgioglio è battuto da un tiro a fil di palo, ma prima si esibisce più volte sullo stesso autore, Pradella; Zinetti interviene sul finire del primo tempo, al 41' su tiro da lontano, a sorpresa, di Calisti, al 44' con una bella uscita a pugni chiusi. Registriamo anche un paio di errori per parte: Marocchi all'11' non sfrutta un pallone rubato, in un duello volante con Malgioglio, da Pradella, sparando a lato; Galbiati ai 58', su respinta della difesa, sbaglia lo specchio da posizione favorevole. Per concludere la partita è sufficientemente apprezzata dai trentamila sugli spalti (213 milioni dincasso, tifo rossoblu come al vecchi tempi) che, prima del fischio, hanno applaudito un'altra squadra di casa, la Beca Baseball, recente vincitrice della Coppa dei Campioni.
Bologna, domenica 15 settembre 1985, Stadio Renato Dall'Ara.
BOLOGNA - LAZIO 1-0 (1-0)
BOLOGNA: Zinetti, Lancini, Luppi, Quaggiotto, Ottoni, Nicolini, Marocchino [Bellotto dal 24' st], De Vecchi (cap.), Pradella, Gazzaneo, G. Marocchi [Piangerelli dal 44' st]. A disposizione: Cavalieri, Baldisserri, Bellotto, Piangerelli, Marronaro. — All. Carlo Mazzone.
LAZIO: Malgioglio, Podavini (cap.), Calisti, Galbiati, Filisetti [Fonte dal 28' st], Magnocavallo, Poli, Vinazzani, Fiorini, Caso, Garlini. A disposizione: Ielpo, Calcaterra, Spinozzi, Toti. — All. Luigi Simoni.
Marcatori: Pradella 15' pt
Arbitro: Lamorgese (Potenza).
Ammoniti: Pradella, Gazzaneo, Lancini e Galbiati.
Spettatori: 22.322 paganti per 213.800.000 lire più 4.088 abbonati per una quota partita di £. 40.126.875. Note: giornata estiva, terreno in perfette condizioni. Circa 200 tifosi laziali in curva San Luca.
giovedì 7 gennaio 2016
Milan - Bologna 0-8, 1922 - La vittoria esterna con più ampio scarto della storia rosso-blu
Genova, 19 Ottobre 1924 - Marassi, Campo del Genoa di via del Piano
GENOA - HELLAS VERONA 3 - 0 (0 - 0)
Reti: 69' Moruzzi, 86' e 90' Alberti
GENOA: De Prà, Bellini, De Vecchi, Costella, Barbieri, Leale, Neri, Catto, Alberti, Moruzzi, Bergamino I. Allenatore: Garbutt
HELLAS VERONA: Carra I, Zuppini, Bosio, Cavalieri, Carra II, Molnar, Recchia, Ferrais, Castiglioni, Chiecchi II, Levratto. All. Molnar.
Arbitro: Grossi di Milano
La Stampa Sportiva - A.21 (1922) n. 46, novembre
A Milano il Milan ha subito un disastro pel opera del Bologna. Otto goals-a zero indicano il non valore dimostrato dai rosso e neri e rincresce davvero vedere una quadra tanto gloriosa nel passato sempre, anche negli anni meno lieti, precipitare così. Manca ad essa squadra affiatamento, allenamento, tutto insomma, ma, sopra ogni cosa, parmi manchi una volontà ferma che la diriga.
Da "La Gazzetta dello Sport" del 6 novembre 1922
Bologna batte Milan 8-0
Milano, 5 novembre
L'elegante ground dei rossoneri aveva oggi una fitta cornice di pubblico accorso un po' per vedere il Bologna, uno dei leader del girone B, e un po' anche con la segreta speranza che i milanisti ottenessero una bella affermazione la quale indicasse la rinascita dello squadrone cittadino così carico di tradizioni, e che segnasse pure la resurrezione del foot-ball in Lombardia. Invece quali e quante delusioni! L'edificio immaginario che ognuno di noi si era costruito, è caduto sotto i colpi di maglio (e furono ben otto) dei forti campioni dell'Emilia, tanto che a metà del secondo tempo il pubblico deluso ha abbandonato il campo. Il perché del grave e grande «score?». Basta avere assistito all'incontro per rendersi ragione di quanto è avvenuto. I milanisti dopo una prima schermaglia briosa e vivace si sono lasciati travolgere per mancanza di coesione fra linea e linea e affiatamento fra uomo e uomo. Qualche buona occasione iniziale fu mancata in pieno dal Milan per indecisione e i milanisti ottennero anzi nel primo tempo quattro corner; poi il Bologna ha assaltato la porta del Milan ed ha segnato due punti nel primo tempo e 6 nel secondo. «Geppe» Della Valle, Alberti, Baldi e Genovesi hanno grandeggiato in campo. I primi 35 minuti videro il Milan giocare con brio e resistere bene; poi è venuto il crollo e il match ha perso ogni interesse. Per la cronaca diremo che i due primi punti del primo tempo furono segnati da Della Valle, uno al 4° e l'altro al 41° minuto, su corner. Nel secondo tempo 4 punti li segnò ancora «Geppe» all'8, 21, 26, 27 minuto, e due Alberti al 37° e 44° minuto. Il Bologna mancò di Perin perché ammalato. Al 34° minuto l'arbitro ha espulso dal campo Corsi del Milan.
A Milano il Milan ha subito un disastro pel opera del Bologna. Otto goals-a zero indicano il non valore dimostrato dai rosso e neri e rincresce davvero vedere una quadra tanto gloriosa nel passato sempre, anche negli anni meno lieti, precipitare così. Manca ad essa squadra affiatamento, allenamento, tutto insomma, ma, sopra ogni cosa, parmi manchi una volontà ferma che la diriga.
Da "La Gazzetta dello Sport" del 6 novembre 1922
Bologna batte Milan 8-0
Milano, 5 novembre
L'elegante ground dei rossoneri aveva oggi una fitta cornice di pubblico accorso un po' per vedere il Bologna, uno dei leader del girone B, e un po' anche con la segreta speranza che i milanisti ottenessero una bella affermazione la quale indicasse la rinascita dello squadrone cittadino così carico di tradizioni, e che segnasse pure la resurrezione del foot-ball in Lombardia. Invece quali e quante delusioni! L'edificio immaginario che ognuno di noi si era costruito, è caduto sotto i colpi di maglio (e furono ben otto) dei forti campioni dell'Emilia, tanto che a metà del secondo tempo il pubblico deluso ha abbandonato il campo. Il perché del grave e grande «score?». Basta avere assistito all'incontro per rendersi ragione di quanto è avvenuto. I milanisti dopo una prima schermaglia briosa e vivace si sono lasciati travolgere per mancanza di coesione fra linea e linea e affiatamento fra uomo e uomo. Qualche buona occasione iniziale fu mancata in pieno dal Milan per indecisione e i milanisti ottennero anzi nel primo tempo quattro corner; poi il Bologna ha assaltato la porta del Milan ed ha segnato due punti nel primo tempo e 6 nel secondo. «Geppe» Della Valle, Alberti, Baldi e Genovesi hanno grandeggiato in campo. I primi 35 minuti videro il Milan giocare con brio e resistere bene; poi è venuto il crollo e il match ha perso ogni interesse. Per la cronaca diremo che i due primi punti del primo tempo furono segnati da Della Valle, uno al 4° e l'altro al 41° minuto, su corner. Nel secondo tempo 4 punti li segnò ancora «Geppe» all'8, 21, 26, 27 minuto, e due Alberti al 37° e 44° minuto. Il Bologna mancò di Perin perché ammalato. Al 34° minuto l'arbitro ha espulso dal campo Corsi del Milan.
Girone B - 4^ giornata
Milano, domenica 5 novembre 1922, Campo di Viale Lombardia
MILAN - BOLOGNA 0-8 (0-2)
MILAN: Norsa; Bronzini, Allievi; De Franceschini I, Soldera I, Soldati Er; Morandi, Santagostino, Papa III, Corsi, Ballarin - All.: Soldera.
BOLOGNA: Gianese; Modoni, Rossi; Genovesi, Baldi, Pilati; Rubini, Della Valle III, Alberti, Baccilieri, Pozzi - All.: H. Felsner
Marcatori: 4', 41', 53', 61' e 72' Della Valle III, 56', 82' e 89' Alberti.
Arbitro: Brunetti di Torino
Milano, domenica 5 novembre 1922, Campo di Viale Lombardia
MILAN - BOLOGNA 0-8 (0-2)
MILAN: Norsa; Bronzini, Allievi; De Franceschini I, Soldera I, Soldati Er; Morandi, Santagostino, Papa III, Corsi, Ballarin - All.: Soldera.
BOLOGNA: Gianese; Modoni, Rossi; Genovesi, Baldi, Pilati; Rubini, Della Valle III, Alberti, Baccilieri, Pozzi - All.: H. Felsner
Marcatori: 4', 41', 53', 61' e 72' Della Valle III, 56', 82' e 89' Alberti.
Arbitro: Brunetti di Torino
martedì 15 dicembre 2015
Genoa - Bologna ha più di 100 anni. 17 marzo 1912-12 dicembre 2015
Genoa - Bologna ha più di 100 anni. Il primo match tra i due club fu giocato sul Campo di via del Piano – l'attuale stadio Luigi Ferraris, a Marassi – il 17 marzo 1912, partita amichevole terminata 4-1 in favore del grifone. Il giovane Bologna era alla sua terza stagione sportiva ufficiale, ed era reduce da una scintillante affermazione sull'Inter di Aebi per 3-0, sempre in amichevole sul campo della Cesoia, fuori porta San Vitale. Era il Bologna di Guido Della Valle e Antonio Bernabeu, di Arrigo Gradi e Natalio Rivas. Il Genoa invece era già una grande squadra: fondato nel 1893 era alla sua quindicesima stagione ufficiale dal 1898 e poteva vantare 6 titoli di campione d'Italia. Tra le sue fila militavano giocatori di assoluto valore, come il portiere svizzero Surdez e l'inglese Miller. Solamente dopo la prima guerra mondiale, con l'arrivo di Hermann Felsner, la rivalità tra i due club divenne una tra le più sentite e cruente del campionato: il 17 aprile del 1921 il Bologna sbancò Marassi per la prima volta, con reti di Bernardo Perin e Giuseppe Della Valle, e disputò la prima finale di Lega Nord nella sua storia, persa per 2-1 dopo i tempi supplementari a oltranza contro la Pro Vercelli, tra mille polemiche per un gol irregolare di Rampini.
I matches di domenica scorsa in Italia.
Da "La Stampa Sportiva" n° 12 del 24 marzo 1912.
A Genova, ospite del Genoa Club, giuocò contro la prima squadra di questa società quella del F. C. Bologna. I bolognesi, dopo il vittorioso incontro della domenica antecedente col F. C. Internazionale, avevano suscitato nell'ambiente genovese un'attesa che fu... inferiore all'aspettiva ! Mancò a questa squadra il completo sostegno della linea mediana, e gli avanti, quantunque ottimamente disciplinati, non riuscirono mai a condurre a fondo l'attacco. Unica preoccupazione degli avanti era quella di mantenersi in linea oltre la metà del campo, senza però saper trarre vantaggio dei momenti opportuni e discendere compatti alla rete di Surdez. Della difesa estrema ottimo il Malfatti e assai bravo il portiere Guardigli. La squadra genovese giuocò svogliatamente e con poco impegno. Non di meno l'azione si è svolta preponderantemente sulla metà bolognese la quale ha potuto segnare l'unico goal in una melée provocata in seguito a un corner. Il Genoa si assicurò quattro goals chiudendo la partita con quattro a uno. I punti a favore del Genoa furono segnati rispettivamente da Murphy, su penalty di Crocco II, da Maranghi e da Miller. Ottimo come sempre Roberts, meravigliosi nei colpi di testa Miller e Dearden.
martedì 10 novembre 2015
Emilio Badini — Primo giocatore del Bologna convocato in Nazionale
Con la recente convocazione di Emanuele Giaccherini in Nazionale A, e quella di Alex Ferrari e Adam Masina nell'Under 21, il totale di giocatori rosso-blu convocati in azzurro sale a 92, tra Nazionale A, B (Under 23), e Giovanile (Under 21). Traguardo prestigioso di un rapporto cominciato nel lontano 1920, con la convocazione di Emilio Badini, primo calciatore del Bologna chiamato a vestire la maglia della Nazionale in occasione delle Olimpiadi di Anversa. Badini II, fratello minore di Ángel – capostipite di una dinastia di calciatori che indossarono tutti la maglia del Bologna (Emilio, Cesar e Augusto, detto «Nene»), a cui fu intitolato il vecchio campo dello Sterlino –, fu un celebre attaccante italo-argentino cresciuto a Rosario, nella provincia di Santa Fe. Rosario, la ciudad del fútbol, di Lionel Messi ed Ernesto Guevara, del Newell's Old Boys e del Rosario Central. E soprattutto del Club Atlético Sparta. Fondato nel 1905, maglia a strisce bianco-nere, fu il club chico rosarino in cui crebbero calcisticamente Ángel ed Emilio Badini. Quest'ultimo, soprannominato «Fanfarillo», era famoso per la sua fisicità e abilità tecnica di tipico stampo sudamericano, e per la grande potenza di tiro, che spesso sfruttava addirittura da calcio d'angolo. Furoreggiò in maglia rosso-blu tra il 1913 e il 1920, anno in cui la sua carriera fu stroncata sul più bello, dopo un duro scontro di gioco con il terzino Lorenzo Modulo sul campo del Padova, il 26 settembre 1920. Rientrò solo l'anno successivo con la maglia della Spal e poi passò alla Virtus Bologna, sempre in massima serie, ma si rese conto di non essere più il giocatore di prima. Si ritirò definitivamente a soli 24 anni. Rimase socio del Bologna, anche dopo la seconda guerra mondiale. Morì a soli 53 anni, il 5 agosto 1956.
Etichette:
Giocatori,
I grandi del Bologna,
Rossoblu in Nazionale
lunedì 13 luglio 2015
Ricordo di Francesco Randon
Un ricordo di Francesco Randon, 177 presenze e 11 gol nel Bologna, dal 1952-53 al 1958-59. Sotto ritratto al Camp Nou di Barcelona assieme al capitano blau-grana Joan Segarra in occasione di Barcelona - Bologna 2-2 del 19 marzo 1958. Suo fu il gol del pareggio rosso-blu dopo il vantaggio di Evaristo.
Barcelona, 19 marzo 1958, ore 12:00 - Estadi del Futbol Club Barcelona
Barcelona - Bologna 2-2 (1-0).
Bologna FC: Giorcelli; Rota, Capra; Bodi, Greco, Gasperi; Cervellati, Maschio, Pivatelli, Vukas, Randon (cap.). — All. Béla Sárosi.
FC Barcelona: Estrems (Goicolea); Olivella, Brugué; Segarra (cap.), Vergés, Ribelles; Basora, Villaverde, Martínez, Evaristo (Kaszas), Czibor. — All. Helenio Herrera.
Arbitro: José Bielsa Naval.
Marcatori: Evaristo 38' primo tempo; Randon 11', Kaszas 27', Pivatelli 43' del secondo tempo.
Spettatori: 70 mila circa.
venerdì 13 giugno 2014
Gino Villani
Il tifo di ieri
L'epopea del Bar Otello
di Adalberto Bortolotti
Il Bar Otello fu il centro delle ricorrenti contestazioni, per un Bologna che non riusciva a ripetere l'età dell'oro, ma anche la trincea sulla quale tutta Bologna arroccò nei giorni del doping. La resistenza alla Lega lombarda, come era definito il governo del calcio controllato dalla potente Milano, trovò proprio nel Bar Otello il suo fortino. Tempi di tifosi illustri, veri capipopolo. Come Gino Villani, che vendeva aghi e cordelle nella sua merceria di via Fossalta, ed era il re della Torre di Maratona, da dove il suo megafono scandiva i tempi del tifo. Celebre il saluto a Bulgarelli: "Onorevole Giacomino, salute!", cui Giacomo rispondeva con un inchino dal centro del campo e solo allora, dopo quel rito, la partita poteva cominciare. Villani era un attore nato, il suo capolavoro era una messa cantata, e profana, in purissimo dialetto bolognese, che trascinava al delirio. Era popolare e rispettato su tutti i campi, dove il suo arrivo, al comando di una variopinta brigata, veniva salutato con grande simpatia. Villani era un tifoso indipendente e si impegnò anche in accese contestazioni.
Gino Villani
di C.F. Chiesa
Il tifoso storico del Bologna, che ne ha accompagnato settant’anni di vita, diventando il simbolo della classica passione rossoblù, in cui l’amore per la squadra si fonde con tipiche caratteristiche della “bolognesità”: ironia, gusto della polemica, spirito goliardico, tempra ostinata. Cominciò a seguire la squadra quando contava sette anni e il Bologna giocava sul campo della Cesoia: da allora, come amava ricordare con orgoglio, aveva perso nella sua vita solo pochissime partite del Bologna, esattamente nel periodo di convalescenza per una frattura a una gamba. Anche durante l’età dell’oro del Bologna, nel periodo tra le due guerre, Villani riusciva, nonostante mezzi economici limitatissimi, a seguire il Bologna in trasferta, con altri due fedelissimi: il professor Aldo Carboni e il dottor Marcello Zanetti. Poi, il suo attivismo coronò un antico sogno. Si fa infatti risalire a lui, in coppia con Otello, l’organizzazione dei treni speciali. Accadde nel dopoguerra, quando, grazie a un accordo con le ferrovie, nacquero le “trasferte rossoblù”: «Fummo i primi in Italia» ricordava, «poi tutti ci hanno imitato». Non era esatto: impossibile infatti imitare quelle autentiche rappresentazioni teatrali da commedia dell’arte che andavano in scena sui treni speciali rossoblù, veri e propri carri di Tespi di sceneggiate di ogni genere messe in atto dalla sua inesauribile vena di comiziante, attore e incantapopolo. Gli dava manforte, dipingendo i fantastici cartelloni che ornavano i convogli e le illustrazioni delle pergamene che commentavano le vicende calcistiche del Bologna, l’amico Pinotti. I testi di filastrocche e zirudele varie, ovviamente, erano dello stesso Gino. Nella vita di tutti i giorni lavorava in un piccolo negozio di merceria in pieno centro. Dagli anni Sessanta, un segno distintivo inconfondibile si aggiunse al personaggio: essendogli calata la tonitruante voce, prese ad amplificarla adeguatamente con un megafono. Da quello, dalla sua postazione fissa allo stadio sotto la torre di Maratona, per oltre un decennio prima di ogni partita si udiva il suo saluto a Bulgarelli: «Onorevole Giacomino, salute!». Senza il quale, inutile dirlo, l’arbitro non si sarebbe sentito autorizzato a fischiare l’inizio del match. La stagione del settimo scudetto, 1963-64, lo vide in prima fila nelle manifestazioni contro la “congiura” dei poteri milanesi. Nei giorni successivi alla conquista dell’Olimpico, Villani fece stampare etichette da applicare a una serie di bottiglie di vino; la scritta diceva: “Albana scudetto – imbottigliato, come l’Inter, il 7 giugno 1964”. Poi, Villani si ammalò e il suo megafono tacque. Morì di un male incurabile il 16 ottobre 1977.
Alè Alè, Bologna !!
di Gino Villani
Non esagero col dire che da quarant'anni sto facendo il tifo per il nostro glorioso «Bologna », È un tifo, diremo così, fattivo, trattandosi di grida, incitamenti e battaglie qualche volta somiglianti a quelle vere, perché il pericolo di prendere, non solo legnate ma anche revolverate, è senz'altro esistito, con particolare riferimento agli anni più remoti. Feci il mio debutto (ero alto una spanna e in pantaloni corti) nientemeno che al Campo della Cesoia, fuori di Porta San Vitale, al lontano crearsi delle irriducibili contese fra i rossoblu di Gradi e il Modena di Raffaldini (un portiere allora famoso e vera colonna dei canarini). Nel primo dopoguerra, quando il nostro squadrone stava assumendo il ruolo di vedetta di classifica, si costituì quello scapigliato gruppetto di tifosi petroniani che per decenni incitò i rosso blu, non solo nelle partite di casa, ma li seguì in ogni angolo d'Italia. Questo complesso di patitissimi ventenni era formato dal sottoscritto, da Marcello Zanetti (ora dottore in agraria), Aldo Carboni, oggi noto scenografo e regista, Caprara, divenuto commendatore, Romagnoli, Giordani Piero, Rinaldi, Pesci Giorgio e il buon Venturi, suonato re di cornetta, dal quale istrumento partivano acutissimi squilli ad ogni gol dei nostri, e le note trionfali della marcia dell'Aida a fine partita vittoriosa. Scanzonata bohème era la nostra, che ci faceva spesso prendere il treno in completa bolletta, per cui si escogitavano cento sistemi onde sfuggire alle grinfie degli arcigni controllori. Molte volte ci affidavamo alla collaborazione di amici tifosi che ci nascondevano compiacenti sotto un cumulo di pellicce e cappotti, mentre loro tranquilli e indifferenti, giocavano una partita a carte sulle nostre schiene, accompagnando il liscio e il busso del « tresette » con manate di inaudita violenza, proprio nel momento che il gallonato del « vaporal servizio » disimpegnava la sua funzione perforante di controllo. L'ingresso agli stadi ci preoccupava relativamente. Una volta entrammo consegnando certi tagliandini verdolini che altro non erano se non la reclàme del Callifugo Zannoni « che fa scomparire calli e duroni » e che il nostro imperterrito atteggiamento aveva trasformato agli occhi della « maschera », in autentici biglietti di tribuna! Nei così detti treni speciali tutti, amici e conoscenti, recavano abbondanti provviste alimentari che sarebbero poi state divise fraternamente durante il viaggio.
« Il Bologna è uno squadrone che tremare il mondo fa! ».
Da parte nostra contribuivamo invariabilmente con fagioli lessati, avvolti in carta da giornale, che erano così bene accetti e tanto richiesti da costituire una preziosa merce di scambio con salame, pollo, formaggio, ecc. senza limite di quantità. E quindi « alé! alé! » sugli spalti, lanciati tra gli sguardi esterrefatti e minacciosi degli indigeni, e quali cori uscivano dai nostri petti: « Il Bologna è uno squadrone che tremare il mondo fa! ». Gli avversari sfogavano la loro gioia o amarezza in cento modi, oltre le contumelie, il pugilato, ecc. A Bari, in questo ultimo dopoguerra, perdemmo malauguratamente per 1 a 0 (gol segnatoci da Spadavecchia). Ebbene i baresi non contenti di averci battuti, ad una sosta per rifornimento, misero acqua sporca anzichè benzina nel serbatoio del torpedone che ci riportava a Bologna. A un certo momento, quindi, il motore si spense e noi tutti dovemmo spingere a forza di braccia l'automezzo per le dure balze d'Abruzzo, in una notte di vento e di freddo cane, finchè non raggiungemmo il più vicino e neutrale benzinaro. Un'altra iniziativa allo scopo di coprire delle spese, era quella di dare spettacolo per le vie della città dove il Bologna giocava, con una serie di umoristiche trovate che facevano sbellicare dalle risa i passanti, ai quali poi si chiedeva un grazioso e volontario obolo, il cui ammontare spesso superava le nostre più rosee previsioni.
A Roma, spareggio scudetto contro il Torino, 1929.
Ricordo che in occasione dell'andata a Roma per la finalissima del Campionato 1928-29 fra il « Bologna e il Torino », nella Galleria della città Eterna demmo tali prove di umorismo, che si presentò un tizio ad offrirci insistentemente la scrittura per un avanspettacolo, e un distinto signore, che poi apprendemmo essere il Quadriumviro Michele Bianchi, si rallegrò vivamente con noi. In quella famosa finalissima, al fulmineo gol di Muzzioli che ci dette la vittoria e il secondo scudetto, io ebbi un tale slancio di gioia, che giunsi perfino ad abbracciare replicatamente una giovane signora seduta al mio fianco, sotto gli occhi esterefatti del marito! Sempre in questa occasione, i rossoblu vennero ricevuti li Villa Torlonia; io, in costume da corsaro e Carboni nei panni di un contadino della bassa, li seguimmo, arrestandoci poi ad attendere in giardino. Ma un certo signore, allora Presidente del Consiglio, ci vide dalla finestra: rise e volle che anche noi partecipassimo al rinfresco. Quanti aneddoti! Non finirei di raccontare. A Padova, dopo una nostra clamorosa vittoria, fui inseguito fino al centro della città da una turba di scalmanati inferociti, riuscendo però a confondermi fra la folla e ad entrare al Caffè Pedrocchi, dove sedetti come un imperturbabile cliente abituale. All'Arena di Milano, dopo una partita vinta sull'Inter, i tifosi ambrosiani volevano addirittura la testa del terzino Gasperi; e non vi dico come cercammo di difendere il nostro bravo e simpatico Gisto, addirittura assediato da un centinaio di energumeni.
Con Otello.
Da anni si era poi aggiunto al gruppetto degli accesissimi Otello Montanari, il celeberrimo proprietario del Bar omonimo col non meno celebre bandierone rosso blu. A Genova, dove vincemmo con tre gol spettacolari di Puricelli, i tifosi genoani erano intenzionati a lasciarci un ricordo indelebile, bloccandoci senza scampo in un angolo della Galleria Mazzini. Ma, per nostra fortuna trovammo un agente di polizia romagnalo, che non solo riuscì a toglierci dalla criticissima situazione, ma anche a convincere gli scalmanati avversari sull'amore verso il prossimo, tanto che essi fini- ono per accompagnarci in giro turistico per la città. A Torino nella famigerata partita con Juventus, perduta per 3 a 2 (arbitro Lenti e acqua a catinelle) montammo su di una vettura tramviaria e riuscimmo a farci largo fra i passeggeri, indicando al bigliettaio, quale pagutore della comitiva, uno sconosciuto austero signore con la barba, che si trovava casualmente dietro di noi. Lo credereste?: il barbuto personaggio stette allo scherzo e pagò. Ricordo un piacevole episodio avvenuto nel ritorno in torpedone da Milano, dopo una clamorosa vittoria sull'Inter. Era con noi il comm. Dall'Ara. Facemmo sosta a Parma, i cui abitanti hanno sempre dimostrato tifo entusiastico per lo squadrone rossoblu, da loro considerato la gloria del calcio emiliano. Quella sera in Piazza Garibaldi ricevemmo una memorabile dimostrazione d'affetto, tanto che mi improvvisai oratore, e con voce tonante buttai fuori alla brava un faceto discorso politico-sportivo, accolto da fragorosi applausi.
Sceneggiata bolognese a Napoli !
Al ritorno da certe partite infuocate, spesso giungevamo alla stazione, dopo una disperata fuga, perdendo per strada perfino le scarpe; e montati sul treno, dopo gli ultimi commenti, ci accucciavamo stanchi e sfiniti sulla rete portabagagli, facendo tutto un sonno fino a Bologna. E, in quanto a marachelle, eccone una! A Napoli entrammo in una trattoria per consumare un lauto pranzetto ma quando fummo alla resa dei conti, questi messi a confronto con le nostre finanze... non tornavano! Allora io escogitai una scappatoia. Finsi d'aver perduto il portafogli e, lanciatomi alla ringhiera della finestra, disperatamente tentai di buttarmi nel vuoto. Gli amici, d'accordo, fingevano di trattenermi, mentre il trattore con le mani nei capelli gridava: « All'anema di S. Gennaro!, non mi fate uno scandalo !! ». E il buon uomo prese tanto a cuore la mia disavventura che offrì il pranzo per tutti purchè rinunciassi a... suicidarmi !!... A Trieste, invece, ricordo la generosa accoglienza fattaci dal bolognese comm. Carretti, il quale ci ospitò nel suo lussuosissimo albergo. Noi, purtroppo, ricambiammo le sue gentilezze con una gaffe, quella cioè di lavarci la biancheria da soli, stendendola ad asciugare alle finestre che davano sulla bella piazza dell'Unità. Scandalizzatissimo, un maggiordomo negro si premurò di avvertirci che potevamo godere gratuitamente anche di lavatura e stiratura col personale dell'albergo. Al ritorno, essendo la terza e la seconda classe stipatissime, trovammo posto su quei divani di velluto rosso riservati ai soli... portoghesi autorizzati. Per un lungo tratto nessuno venne a turbare il nostro riposo, ma al ben noto richiamo di « favoriscano i biglietti», avemmo un sussulto senza tuttavia disorientarci; istintivamente io portai la mano al risvolto della giacca dove era appuntata una spilla con capocchia colorata e la frase « siamo dello Sgodonov » mi uscì spontanea e con certa autorità. I miei due amici assentirono ed imitando anche loro il noto gesto degli sceriffi americani, confortarono l'atteggiamento con una esibizione volontaria di documenti a cui l'integerrimo controllore rispose, col più ossequiente e cordiale dei sorrisi, il suo « prego, non si disturbino » lasciando così a noi I'indisturbato dominio dello scompartimento fino al termine del viaggio.
Ai tempi dello Sterlino.
Nelle partite di casa eravamo dei leoni. Chi non ha ancora nelle orecchie gli squilli del mio campanozzo portafortuna? Più di trent'anni fa andavamo al campo dello Sterlino, appollaiati sul tetto di una carrozza-giardiniera a due cavalli, nell'interno della quale sedeva maestoso l'ottimo presidente Minelli, al cui fianco sostava, devoto subelterno, il non mai dimenticato segretario Oppi. Minellone portava l'immancabile paglietta e il vistoso fiore all' occhiello della giacca a quadrettoni. E noi di sopra a far chiasso, agitando il bandierone rossoblu, tanto che spesso il presidente, sporgendosi fuori, ci avvertiva preoccupato: « Pian lé sò! ch'an s'asquezza él suffiet dIa carrôza ! ». Al teatro Duse, in una serata dei Campioni d'Italia, si esibiva la celebre Compagnia di Riviste Riccioli-Nanda Primavera, e noi del gruppo patitissimi vi prendemmo parte come attori, insieme con Peppino Muzzioli che usavamo chiamare scherzosamente « bocia persa ». E credetelo, non sfigurammo!! Scusatemi, cari lettori, se vi ho annoiati, ma ora che i miei capelli si sono fatti radi e debbo portare gli occhiali, mi è di gran conforto ricordare. Vi assicuro che, comunque, rimango ancora sulla breccia, e voi lo sapete, perché anche oggi quando udite, alto su tutti, il fatidico «alé! alé! Bologna! », esclamate cordiali: « È lui!! ».
Iscriviti a:
Post (Atom)